Il “Contrasto alla povertà” è un imbroglio del governo
Riesumato un vecchio Ddl del governo Renzi attualmente fermo al Senato
Solite misure che non vanno oltre l'elemosina e non coprono nemmeno un povero su quattro

Per l'ennesima volta nel giro di poco tempo il governo annuncia nuove misure per contrastare la povertà. Per il 2017 la promessa è quella di mettere in campo nuovi strumenti, che poi sono vecchi, per arginare l'impressionante aumento delle famiglie che si trovano in difficoltà economica nel nostro Paese. Ma le misure sono del tutto insufficienti, senza copertura finanziaria, che andrebbero a coprire solo un parte della platea dei bisognosi, con una logica e con cifre che non si discostano da una visione puramente caritatevole, insomma la solita elemosina.
Il governo Gentiloni, usando a piene mani la demagogia e la propaganda, cerca di emettere qualche segnale che possa dare l'impressione di un impegno concreto di fronte agli ultimi dati che danno in fortissimo aumento le persone che la statistica Istat definisce in “condizione di povertà assoluta”, ossia “prive delle risorse economiche necessarie per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile” . Negli ultimi dieci anni, cioè nel periodo in cui si è manifestata l'ultima, gravissima crisi economica capitalistica, questa condizione riguardava il 3,1% della popolazione nel 2007 mentre alla fine del 2015 si era arrivati, dopo una inarrestabile escalation, al 7,6% e quasi sicuramente la quota sarà salita nel corso del 2016.
Mentre si attendono i dati dell'anno appena concluso l'Istat ci ricorda che la percentuale raggiunta nel 2015 equivale a 4,6 milioni di poveri. Questo incremento ha portato inevitabilmente a investire parti della società che prima non erano coinvolte. Il Sud del Paese e i disoccupati costituiscono tutt'ora il grosso del fenomeno ma nel Centro e del Nord non è più una questione marginale assumendo rilevanza anche in queste zone geografiche. La stessa composizione sociale si è allargata e la povertà non è relegata a particolari settori disagiati della società e ai disoccupati ma investe anche nuclei familiari con un solo occupato e oltre agli anziani colpisce anche le coppie giovani con figli piccoli.
A fronte di questi dati da più parti si chiedono interventi di contrasto a questa situazione. Tra le varie iniziative c'è la quella dell’ “Alleanza contro la povertà”, il cartello nato dall'unione di soggetti provenienti dall'area cattolica come le Acli, la Caritas, la Comunità di Sant'Egidio, il movimento dei Focolari, l'Azione Cattolica, a cui aderiscono anche Cgil-Cisl-Uil, Confcooperative, la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome. La loro richiesta è quella del “Reddito di inclusione sociale” (Reis), una misura nazionale, una sorta di un sussidio, contro la povertà assoluta. Per capire meglio di cosa si tratta la cifra media mensile è 316 euro per una persona, 373 per 2 persone, 382 per 3 persone 454 per 4 persone e così via e la soglia può essere innalzata nel caso di nuclei che vivono in affitto, il tutto legato a un percorso obbligatorio per l'inserimento al lavoro, compreso quello precario.
La proposta del governo nella sua impostazione non si discosta molto dal Reis rilanciato proprio in queste settimane dall ”Alleanza contro la povertà” anche se per la misera cifra e il metodo di erogazione non è altro che la fotocopia della Carta Acquisti, più nota come Social Card varata nel 2008 dall'allora ministro del governo Berlusconi, Giulio Tremonti e rilanciata dai governi successivi e che allora fu giustamente bollata come un'elemosina umiliante e offensiva. Come ha affermato Gentiloni il suo esecutivo si pone in continuità con quello del nuovo duce Renzi e difatti il suo governo non fa altro che riprendere il “Ddl povertà” e il “Sostegno per l'Inclusione Attiva” (Sia) presentato dal Consiglio dei Ministri un anno fa e approvato dalla Camera a luglio e che aveva creato molte polemiche perché una parte della copertura finanziaria in un primo momento faceva perno sull'abolizione o riduzione delle pensioni di reversibilità che avrebbe gettato sul lastrico migliaia di anziani, in maggioranza donne. Il tutto si era poi arenato e bloccato al Senato dopo la scoppola referendaria che ha costretto alle dimissioni Renzi.
Il Ministro del Lavoro Poletti, quello delle Politiche Agricole Martina e il presidente della Commissione Lavoro Sacconi hanno annunciato un “provvedimento d'urgenza” per sbloccare la Legge Delega che contiene il Sia, trasformando questo sussidio che sostanzialmente esiste già ma che deve essere rinnovato ogni anno, in un sistema permanente facente parte di un presunto “nuovo” welfare . Ma che si chiami Sia o Reis la sostanza non cambia, si tratta i misure palliative che non scalfiscono il problema della povertà. Già la copertura economica è del tutto insufficiente perché con 1,5 miliardi di euro stanziati si raggiungerebbero un milione di persone quando i poveri sono ufficialmente 4 milioni e seicentomila, basti pensare ad esempio che il decreto salvabanche per ripescare dal fallimento gli istituti di credito e in particolare il Monte dei Paschi ha potuto contare su un finanziamento di 20 miliardi di euro.
L'importo verrà corrisposto attraverso una carta di Poste Italiane e gestita da associazioni onlus, consegnandola così ai privati che hanno già dimostrato nella gestione dei migranti la loro permeabilità al malaffare, alla corruzione e ai guadagni illeciti. Sarà spendibile in farmacia, supermercati e per il pagamento delle bollette. Si tratta di 80 euro mensili per ogni persona del nucleo familiare fino a un massimo di 400 per 5 persone o più. Ancora una volta prevale una visone familista in quanto il singolo e una coppia senza figli non avrà diritto neppure agli 80 euro mentre per restringere la platea avranno precedenza i nuclei con almeno un minorenne, un disabile o una donna in stato di gravidanza.
L’ISEE, che misura la ricchezza non solo in base al reddito e al patrimonio del singolo individuo, ma di tutto il nucleo famigliare e include la casa e i risparmi deve essere sotto i 3000 euro annui, le famiglie richiedenti non dovranno già usufruire di misure previdenziali superiori a 600 euro mensili e i loro membri non dovranno essere titolari di Naspi (assegno di disoccupazione), Asdi (il sussidio ai disoccupati al termine del Naspi) o Social Card disoccupati. Nessun membro del nucleo familiare dovrà inoltre essere in possesso di autoveicoli immatricolati nei dodici mesi antecedenti la richiesta, addirittura tre anni in caso di autoveicoli di cilindrata superiore a 1.300 cc o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc. Gli interessati dovranno infine avere residenza in Italia da almeno due anni. A questo si deve aggiungere il “percorso personalizzato”, ovvero la presa in carico del capofamiglia da parte dei centri per l'impiego, servizi sociali, enti locali a cui si dovrà “obbedire” per avere questo misero contributo, il che fa già prevedere come l'interessato dovrà sottostare a svolgere lavori sottopagati nelle pubbliche amministrazioni in una nuova riedizione dei Lavori socialmente utili (Lsu).
Misure del tutto insufficienti dal punto di vista economico, del tutto inaccettabili e fuorvianti anche sul metodo e sulla filosofia che le ispira. Misure che si sposano benissimo con il liberismo più sfrenato che procede speditamente verso la privatizzazione di tutto quello che rimane in mano pubblica. In particolare con l'abbandono del modello sanitario che garantisce buona parte dei servizi gratuiti per tutti e della previdenza pubblica che garantiva una pensione a una platea molto vasta passando a modelli basati su assicurazioni e fondi privati. Per chi non ha i soldi per curarsi o non ha una pensione verrà fatta la carità. Non hai un lavoro perché il padrone ti può licenziare a piacimento? Niente lavoro tutelato ma un misero reddito minimo. Non hai la casa? Niente case popolari, ma sussidio per “aiutarti” a pagare l'affitto. E via di seguito su questo piano: vengono tolti diritti e tutele e in cambio viene elargita l'elemosina.
Un modello fatto proprio dalla sinistra borghese e dai 5 Stelle. Quella del reddito minimo garantito e perfino quella del reddito di base garantito incondizionato (cioè erogato a tutti, milionari compresi) è diventata una bandiera che unifica riformisti, trotzkisti e anarchici che invece di rivendicare diritti come il lavoro, la casa, la salute, la riduzione dell'orario di lavoro chiedono a gran voce il sussidio di stato.
 

11 gennaio 2017