Augusta muore di inquinamento
L'aspettativa di vita è di 5 anni di meno e sono 9 mila i malati su appena 36 mila abitanti

 
È dello scorso ottobre il rapporto dell’ARPA del comprensorio industriale siracusano (Priolo, Melilli, Augusta) che evidenzia l’altissima presenza di inquinanti nel sito che include stabilimenti chimici, petrolchimici, raffinerie, un inceneritore per rifiuti speciali, discariche industriali e un’area portuale. L’esito è impressionante: i terreni sono contaminati da metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici, policlorobifenili (pcb), amianto (c’era anche una fabbrica Eternit). Ceneri di pirite sono state interrate sulla costa e perfino sotto i campi sportivi costruiti negli anni settanta a Priolo e Augusta. Le falde idriche risultano contaminate. L’acqua marina ed i sedimenti nella rada di Augusta, nella penisola di Magnisi, nel Porto Grande e nel Porto Piccolo di Siracusa sono inquinati da petrolio, metalli pesanti (tra cui mercurio e piombo), idrocarburi pesanti ed esaclorobenzene. Questo significa che la popolazione è esposta agli agenti contaminanti attraverso molteplici vie la cui conseguenza è un eclatante eccesso di mortalità generale unita ad un maggior numero di ricoveri ospedalieri rispetto alla media regionale per diversi tipi di tumore e di alcune malattie circolatorie, respiratorie acute ed epatiche. Se poi andiamo a vedere in dettaglio le malattie per cui nella letteratura scientifica è nota una relazione con le sostanze contaminanti presenti nel sito, appare chiaro che i tumori polmonari e i mesoteliomi pleurici sono sistematicamente in eccesso.
 
Per oltre mezzo secolo le fabbriche hanno disperso fumi e polveri tossiche.
In quell’area, a partire dal 1949 quando è stata realizzata la Rasiom, si sono susseguiti gli insediamenti Liquichimica (Sasol), Cogema, Eternit, Sicilfusti, Edison, Sincat, Celene, Icam, Enel ed Isab, che hanno sollevato enormi criticità sanitarie ed ambientali evidenziate in seguito anche dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), i cui dati mostrano, oltre al notevole aumento della mortalità per cause tumorali, anche seri problemi di malformazioni neonatali, in particolare dagli anni duemila quando l’incidenza in questo territorio ha raddoppiato la media nazionale. Sempre nel duemila, il mare davanti a Priolo è diventato rosso a causa di un impianto per il trattamento dei reflui industriali che invece di depurarli, li scaricava in mare di notte; inoltre è di questi anni anche la scoperta di falde acquifere coperte da uno strato di parecchi millimetri di idrocarburi, che venivano attinti direttamente dagli impianti di irrigazione dei campi coltivati. Nello stesso anno l’area è stata dichiarata Sito di Interesse Nazionale per la bonifica (Sin), uno dei 48 siti industriali super-inquinati che si trovano sul territorio italiano. Sono 5.800 ettari su terraferma nei comuni di Priolo, Melilli, Augusta e Siracusa, con oltre 180mila abitanti, e più di diecimila ettari in mare. Fior di studi e perizie documentano la rovina ambientale e insieme la crisi sanitaria. Nell’attualità, aggravano la situazione ambientale la costruzione della piattaforma polifunzionale Oikothen, e le bonifiche mai avvenute e contenute nei 13 fascicoli sull’inquinamento aperti nell’ottobre 2014 ed ancora senza esito. Paradossalmente, in una situazione di così grande quanto evidente disagio sanitario-ambientale, l’ambulatorio oncologico di Augusta sopravvive con difficoltà nell’ambito di un ospedale in corso di smantellamento. La cittadina quindi perde i suoi abitanti ed i suoi presidi sanitari. Sono novemila i malati o i possibili malati o morti, su trentaseimila abitanti. Almeno uno a famiglia. E si muore più giovani: l’aspettativa di vita rispetto al resto d’Italia è di cinque anni in meno, cifre risalenti a dossier vecchi di almeno un decennio. Recentemente è stato documentato che un paio di volte a settimana nel porto di Catania, arrivano carichi notturni di polverino sulla nave “Grimaldi”, provenienti dal’Ilva di Taranto, che proseguono sui camion verso il triangolo delle industrie. Trenta camion circa per un totale stimato di novemila tonnellate alla volta. Come se quello che già c’è non bastasse a definire l’area come la più inquinata d’Italia.
 
La bonifica che non comincia mai
Dopo decenni di connivenza e di stallo totale con le istituzioni impegnate a coprire le malefatte delle multinazionali, nel novembre 2008, a seguito di otto anni di valutazioni e conferenze di servizio, i ministeri dell’ambiente e dello sviluppo economico hanno firmato un “accordo di programma” con la regione Sicilia, la provincia di Siracusa, i comuni interessati, l’autorità portuale di Augusta e il commissario delegato alle bonifiche. L’accordo stanziava oltre 770 milioni di euro per progettare e realizzare la bonifica. Solo 106 milioni erano coperti da risorse disponibili ed il resto era da trovare. In particolare, 219 milioni dovevano venire dalle aziende coinvolte, in base al principio sempre disatteso ma altrettanto ovunque rilanciato del “chi inquina paga” affermato da una direttiva dell’Unione europea nel 2004: ad oggi pare siano stati versati appena 30 milioni al ministero dell’ambiente. Neppure quei 106 milioni però sono stati spesi; è cominciato invece un nuovo ciclo di conferenze, studi di fattibilità, consulenze, denunce, ricorsi al tribunale. Per il ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti, incredibilmente, è tutto regolare. Da tempo, il giorno 28 di ogni mese, anche il parroco di Augusta durante la messa legge un elenco di morti per tumore. Nome, cognome, età, occupazione. “Quasi ogni famiglia qui ha qualcuno ammalato o morto per tumore, ma molti hanno perfino paura a dirlo tanto è forte il ricatto dell’occupazione; io celebro questi nomi proprio come si farebbe per le vittime della mafia o di un bombardamento.”. Così come per la più famosa Ilva che sta ancora inquinando Taranto, gli operai, i disoccupati e tutta la popolazione di Augusta e delle aree limitrofe, vogliono lavoro pulito, il passaggio massiccio alla produzione energetica da fonti rinnovabili ed un rilancio industriale ecocompatibile. Una visione, come sappiamo, impossibile da raggiungere nel capitalismo.
 
Le responsabilità del capitalismo
Così come per la più famigerata Ilva che sta ancora inquinando Taranto, gli operai, i disoccupati e tutta la popolazione di Augusta e delle aree limitrofe, vogliono lavoro pulito, il passaggio massiccio alla produzione energetica da fonti rinnovabili ed un rilancio industriale ecocompatibile. Una visione, come sappiamo, impossibile da raggiungere nel capitalismo. Il 29 marzo scorso era stata presentata l’ultima interrogazione parlamentare con destinatario il “ministero dell’Ambiente della tutela del territorio e del mare” riguardante l’inquinamento ambientale nella zona di Augusta, in Sicilia. L’interrogazione chiedeva di sapere se l'allora governo Renzi intendeva provvedere, urgentemente, a dare attuazione con soluzioni efficaci e definitive, alla bonifica del sito di interesse nazionale tra Siracusa e Augusta. Nel testo presentato da Alternativa Libera e Possibile, si legge: “rispondendo così alle richieste della popolazione siciliana del luogo, che con il suo lavoro, per sessant’anni, ha sacrificato salute, ambiente e futuro, per lo sviluppo industriale dell’intera Nazione”. In realtà è il capitalismo italiano, e quello internazionale delle multinazionali, l’unico beneficiario di enormi profitti sulla pelle di una collettività inerme, stretta da sempre dal ricatto occupazionale, devastata in un ambiente apocalittico, morta e morente. Lo sviluppo industriale della “Nazione” c’entra poco o nulla. Rivendichiamo dunque assieme alle masse siciliane lavoro e salute allo stesso tempo; interamente e permanentemente possibile solo col sistema di produzione socialista.
 

11 gennaio 2017