Internet libero

 
Puntuale come un orologino svizzero, arriva il contrattacco della classe dominante borghese alla straordinaria vittoria del NO al referendum del 4 dicembre, che ha mandato in fumo la controriforma costituzionale voluta e sostenuta dal grande capitale industriale e finanziario internazionale. Il bersaglio è la libertà di Internet.

Il disegno liberticida
A svelare il grave disegno liberticida è stato Giovanni Pitruzzella, l'avvocato di Schifani e uno dei 35 “saggi” scelti da Letta per “riformare” la Costituzione prima che Renzi gli facesse le scarpe, messo da Monti a capo dell'Antitrust. In un'intervista concessa il 30 dicembre nientemeno che al “Financial Times”, che ancora si morde le mani per l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue e per la sconfitta di Hillary Clinton dopo essersi esposto in senso contrario, Pitruzzella dichiara: “Siamo a un bivio: dobbiamo scegliere se vogliamo lasciare Internet così com'è, un Far West, oppure se imporre regole [...] Io ritengo che dobbiamo fissare queste regole e che farlo spetti al settore pubblico”. Ci vorrebbe un'agenzia “pronta a intervenire se l'interesse pubblico viene minacciato”. In parole povere: censura.
L'idea non appartiene al solo Pitruzzella ma pare proprio essere alla base di un piano ben studiato. Non si spiegano altrimenti gli interventi pressoché speculari del ministro della Giustizia Orlando, sulla “responsabilizzazione” dei social network “nel contrasto alla propaganda dell'odio”, ma soprattutto di Mattarella, il quale nel discorso di fine anno ha detto che Internet è una tecnologia da difendere “contro chi vorrebbe trasformarla in un ring permanente”.
Addirittura il 23 novembre scorso il Parlamento europeo, sicuramente per scongiurare un propagarsi della “Brexit” che teme come la peste, ha già approvato una risoluzione contro la “propaganda nei confronti dell'Ue da parte di terzi”, dove si afferma esplicitamente che il pluralismo dei media (leggi la libertà di stampa) “può essere in una certa misura limitato” (!) se finisce per “screditare... le istituzioni dell'Ue e i partenariati transatlantici” (!!). Un fatto che avrebbe dovuto suscitare la reazione indignata della stampa “democratica” e invece è passato in sordina e questo la dice lunga su quanto i mass media siano effettivamente liberi.
In altre parole la classe dominante e i suoi servi politici non sopportano che le masse si stiano sempre più disaffezionando ai mass media “tradizionali”, che propongono una versione preventivamente censurata della realtà, e vogliono seppellire tutte le malefatte del loro sistema, le disparità sociali e gli scontri di classe sotto il tappeto della “bufala”. Un calderone dove può finire di tutto, da “Wikileaks” alle critiche sull'esercito imperialista europeo, dalle lotte delle popolazioni locali contro progetti dannosi e utili solo al profitto capitalistico o agli interessi dell'imperialismo come TTIP, Tav, Muos, Mose e così via fino alle denunce sulla “deriva autoritaria” lanciate dai Comitati per il NO riguardo alla controriforma Renzi-Boschi. Per non parlare del danno che potrebbe fare alle questioni oscure irrisolte: dalla trattativa Stato-mafia alle stragi. Se tale censura preventiva fosse stata già in vigore, a noi avrebbero sicuramente tappato la bocca nei mesi scorsi quando denunciavamo, documenti alla mano, che la “riforma” era la continuazione del piano neofascista e piduista di Craxi e Berlusconi.

Grave errore di Grillo
Non possiamo però associarci a Beppe Grillo, il quale ha concentrato tutti gli attacchi sulla stampa cartacea e sui telegiornali, rei di essere i megafoni del governo, e ha invocato una “giuria popolare” per mettere al vaglio le “bufale” ufficiali.
Nello scoprire l'acqua calda, cioè che la stampa di regime veicola un'informazione menzognera e filopadronale, il milionario padrone del M5S voleva in realtà contrattaccare all'offensiva mediatica a proposito delle fallimentari esperienze di governo locale del Movimento, tipo Raggi a Roma, ma ha finito per fare favorire il governo perché ha spostato l'attenzione dal suo gravissimo tentativo di imporre la mordacchia a Internet mentre ha indebolito e disorientato il fronte democratico che si oppone strenuamente al controllo governativo anche sulla dialettica e sull'esposizione delle varie posizioni politiche in rete.

Uniamoci per la libertà di Internet
Per noi l'informazione in Internet deve essere assolutamente libera da ogni controllo governativo e istituzionale, perché questo finisce inevitabilmente per imporre la censura a vantaggio della classe dominante borghese, non certo di chi aspira al cambiamento e pertanto mette a nudo ciò che non va nel sistema vigente.
Questa censura non è giustificata nemmeno dalle tante notizie false che effettivamente circolano in rete, evitabili non fidandosi ciecamente delle notizie lette e andando a ricercarne la fonte per capire chi ha interesse a diffondere quelle determinate “bufale”.
Tra l'altro i primi che dovrebbero essere sottoposti ad una censura anti-bufale dovrebbero essere proprio gli “autorevoli” esponenti della politica parlamentare e i membri del governo, che mentono spudoratamente sui loro atti e manovre per rabbonire il “popolino” e nascondere le loro vere operazioni. Si pensi alla Pinotti, che ha negato spudoratamente l'aumento delle spese militari, o Renzi che ha passato gli ultimi mesi del suo governo a dichiarare palesi falsità sulla controriforma costituzionale e a mentire sui numeri della disoccupazione per non ammettere il fallimento del Jobs Act. E sono proprio quelli che ora invocano la censura.
Si tratta di un pericolo enorme, già ventilato in passato ma ora molto più concreto e urgente per la macchina propagandistica borghese dopo le batoste subite soprattutto con la “Brexit”, la sconfitta di Clinton e il referendum del 4 dicembre. Evidentemente si vuole tappare la bocca a chi osa rivelare le nefandezze del capitalismo e propinare alle masse la favola di un mondo sereno dove non ci sono antagonismi di classe e tutti concorrono al benessere generale. Tutti gli antifascisti e i democratici devono schierarsi immediatamente a difesa della libertà in Internet, ne va del loro diritto di continuare a esprimere liberamente la propria opinione.

11 gennaio 2017