La legge regionale approvata dal “centro-sinistra” permette di sottrarre al Demanio gli “usi civici” degli angoli più belli della costa e dell'entroterra
Un sesto della Sardegna rischia di finire ai privati
La legge che svende il territorio pubblico ha avuto il via libera del governo Gentiloni alla vigilia di natale

Gentiloni ha fatto un gran bel regalo di Natale ai privati nella seduta del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2016, decidendo di non impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge regionale della Sardegna, 26 ottobre 2016 n.26. In pratica il governo, in questo modo, spalanca la strada a una norma che potrebbe sottrarre al Demanio un sesto del territorio sardo regalandolo ai privati, come sostiene Stefano Deliperi dell’associazione ambientalista “Gruppo di Intervento Giuridico”, che da anni si occupa della questione degli “Usi Civici” dell’isola, terre splendide e ricche site dal Gennargentu ad Orosei.
La legge regionale fu approvata furtivamente in quattro e quattr'otto la notte del 25 ottobre 2016 e riguarda potenzialmente gli oltre 400 mila ettari dei demani civici sardi; altro che “una legge indispensabile per intervenire solo su pochi casi”, come affermato all’indomani dell’approvazione dall’assessore regionale dell’urbanistica Cristiano Erriu, che ha giustificato così l’intervento, sottolineando in primis la necessaria bonifica dell’inquinatissimo bacino dei “fanghi rossi” di Portovesme, e di altri siti simili. Una menzogna facile da smentire poiché, per questi casi, le modalità applicabili potevano essere la permuta, l’alienazione, il trasferimento dei diritti di uso civico, peraltro già previsti dal quadro normativo. (legge n. 1766/1927 e s.m.i., regio decreto n. 332/1928 e s.m.i., legge regionale n. 12/1994 e s.m.i.).

Gli “Usi civici”
Esistono in tutta Italia, ma in Sardegna gli usi civici riguardano 4 mila chilometri quadrati sui 24 mila dell’isola. Un sesto della regione. Vi rientrano aree ancora selvagge, ma anche zone di grandissimo pregio e di enorme valore immobiliare, in particolare lungo la costa. Tra i casi più noti si ricorda Capo Altano, di fronte all’isola di Carloforte, c’è poi la Costa di Baunei a Orosei, le coste di Montiferru che salgono il monte Urtigu, l’entroterra con il Monte Prama, e infine buona parte del Gennargentu e del Sulcis.
Gli “usi civici” sardi derivano dal feudalesimo e fanno parte integrante della storia dell’isola. Gli appetiti nei confronti di questo tesoro cominciarono già allora, quando i terreni tolti ai feudatari furono divisi tra possidenti privati e semplici utilizzatori. Con l’arrivo del Regno di Sardegna fu emesso l’Editto delle Chiudende che autorizzava i contadini utilizzatori a recintare i terreni che prima erano proprietà collettiva. Oggi la popolazione può utilizzarli per il pascolo, la semina e la raccolta della legna e ricoprono così un istituto indispensabile per l’economia, per il tessuto sociale e per la cura dell’ambiente dell’isola.
Nei tempi recenti, a una tradizionale profonda incuria da parte delle amministrazioni locali nella gestione, e ai mancati recuperi delle migliaia di ettari di terreni a “uso civico” occupati illecitamente, alla mancata promulgazionedi oltre120 provvedimenti di accertamento dei demani civici e alla pressoché totale assenza di controlli, si è aggiunto prepotentemente un vero e proprio disegno di sdemanializzazione, portato avanti in un clima di silenzio politico generale teso soprattutto a celare i reali interessi speculativi che vi sono dietro, quali, solo per fare due eclatanti esempi, la nascita di complessi turistici a Costa Rei e vicino a Orosei.

La continuità nell’aprire la strada alle privatizzazioni
Già nel 2013 la giunta regionale di “centro-destra” di Ugo Cappellacci tentò di aprire le porte alla sclassificazione. In pratica i Comuni potevano chiedere che i terreni degli usi civici fossero tolti dal Demanio con la conseguenza di sottrarli innanzitutto alla tutela paesaggistica della legge Galasso, aprendo così alla possibilità di cessione ai privati. In quel contesto però, a differenza di oggi, lo Stato fece ricorso alla Corte Costituzionale che bocciò la legge del “centro-destra”. Il “centro-sinistra” sardo, in sostanza, l’ha riproposta oggi trovando il complice consenso del governo Gentiloni che, non “impugnandola” in Corte Costituzionale, l’ha sdoganata in piena continuità con l’opera dell’ex nuovo duce di Rignano sull’Arno di svendita del patrimonio pubblico e di saccheggio del territorio e dell’ambiente, mostrato a forti tinte con il decreto “Sblocca Italia” e con il boicottaggio al referendum sulle trivellazioni in mare dello scorso aprile.
È utile sottolineare che oltre al “centro-sinistra” sardo, anche la cosiddetta “sinistra radicale”, come viene definita dai media, si è resa complice dell’infame legge; inoltre nella seduta consiliare regionale del 23 marzo 2016, è stato presentato l’emendamento n. 519 a firma degli “onorevoli” Manca, Cerchi e Congiu del Partito dei Sardi, Pinna, Tendas e Forma del PD, Busia e Desini del Centro Democratico, ai quali si è aggiunto anche Alessandro Unali, esponente di Rifondazione-Comunisti Italiani-Sinistra Sarda, finalizzato addirittura a eliminare i vincoli temporali per la proposizione delle richieste di sdemanializzazione da parte dei Comuni alla Regione autonoma della Sardegna. In pratica, con tali disposizioni, sarebbe sempre possibile depredare i demani civici dei comuni sardi dopo occupazioni illecite e vendite non autorizzate. Fortunatamente questo ulteriore peggioramento non è stato riscontrato nella stesura definitiva della legge, che comunque rimane potenzialmente devastante.
In ultimo, dopo aver di fatto decretato la possibile fine degli “usi civici” per lo meno nelle aree di pregio e d’interesse servite su un piatto d’argento ai capitalisti, la Regione ha dichiarato di voler costituire un gruppo di lavoro con esperti anche esterni per studiare i problemi legati, appunto, agli usi civici. Invece di rivolgersi ai numerosi tecnici della Regione già stipendiati, le casse pubbliche avranno un costo ulteriore di circa 300 mila euro. Quindi, nei fatti, oltre il danno ai beni pubblici per gli effetti della legge stessa, anche la beffa della spesa pubblica che pagherà coloro che normeranno la svendita ai privati.
 

18 gennaio 2017