I terremotati del Centro Italia sommersi dalla neve
Lasciati soli al gelo
19 morti, 15 dispersi, centodieci paesi al buio da giorni. Solo a parole le promesse di “tutto e subito”
L'allerta meteo è stata ignorata dallo Stato

A cinque mesi dall’inizio del devastante terremoto che a partire dal 24 agosto scorso ha letteralmente raso al suolo interi paesi e frazioni a cavallo tra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo, e provocato centinaia di morti e feriti e migliaia di sfollati; il 18 gennaio i terremotati del Centro Italia hanno dovuto fare i conti con una nuova ondata di scosse di cui tre superiori al 5° grado della scala Richter (tutte nel giro di un’ora, tra le 10 e 30 e le 11 e 30 del mattino) accompagnate da una tormenta di neve che ha letteralmente sepolto sotto una spessa coltre bianca l'intera regione.
 
La tragedia di Rigopiano
Terremoto e maltempo hanno provocato altre vittime (almeno 19 quelle fino ad ora accertate) e nuovi crolli. Si è sbriciolato anche il campanile della chiesa di Sant’Agostino, ad Amatrice, il “simbolo della rinascita e della ricostruzione”, che non è stato messo in sicurezza in tutti questi mesi.
L’epicentro è stato individuato al nord dell’Abruzzo dove è tutt'ora in corso il dramma dell’hotel Rigopiano di Farindola, nel pescarese, travolto da una valanga, con 14 vittime accertate e ancora 15 dispersi rimasti sepolti nei locali dell'albergo sotto una montagna di neve e detriti.
La procura di Pescara ha aperto un'inchiesta, per il momento contro ignoti, per disastro colposo e omicidio plurimo colposo. Al vaglio degli inquirenti ci sono i numerosi allarmi e le richieste di soccorso lanciati dalla direzione e dagli ospiti dell'albergo molte ore prima della tragedia ma ignorati dalla prefettura e dalla Provincia. Agli atti dell'inchiesta c'è soprattutto l'e-mail spedita alcune ore prima della valanga dal direttore dell'hotel alla Provincia per chiedere l'intervento degli spazzaneve per sgomberare la strada dalla neve e permettere così alle persone di evacuare la struttura e mettersi in salvo.
Nel fascicolo c'è anche la denuncia presentata dal Forum H2O in base alla quale, mappe regionali alla mano, il resort sarebbe stato costruito sopra colate e accumuli di detriti preesistenti, compresi quelli da valanghe. Il Forum H2o punta giustamente il dito anche contro la Regione per "la mancanza di un Piano Valanghe''.
 
Intere popolazioni isolate
Il sisma è stato avvertito praticamente ovunque anche nelle province di Ascoli, Fermo e Rieti, con nuovi crolli nelle zone rosse, disagi ed enormi difficoltà nell’effettuare i sopralluoghi: le strade della montagna sono quasi tutte bloccate a causa della neve e raggiungere le frazioni più isolate è un’impresa pressoché impossibile anche a una settimana dall'evento. I comuni ufficialmente coinvolti sono nove: Capitignano, Campotosto, Cagnano Amiterno, Pizzoli e Barete, in provincia dell’Aquila; Amatrice, Borbona, Cittareale e Accumoli, in provincia di Rieti, con disagi registrati anche nell’ascolano, tra Arquata del Tronto, Acquasanta Terme, Montemonaco e Roccafluvione.
Sono saltate tutte le linee elettriche, idriche e telefoniche. Si contano almeno centodieci paesi isolati, senza acqua, al buio, senza energia elettrica e riscaldamento ormai da giorni e non ancora ripristinati. Intere popolazioni sono abbandonate a se stesse nell’inferno di neve, ghiaccio, vento e terremoto. Gli spazzaneve sono rimasti fermi nei garage e chi tentava di scappare dall’epicentro di Capitignano è rimasto bloccato per strada in mezzo alla neve.
Due anziani per difendersi dal freddo hanno acceso un piccolo generatore per scaldarsi e sono stati trovati morti a Brittoli, in provincia di Pescara, avvelenati dal monossido di carbonio.
In frazione Ortolano di Campotosto, invece, è stato recuperato il corpo di Enrico De Dominicis, scomparso sotto una slavina poco dopo le scosse sismiche del 18 gennaio. I carabinieri di Teramo a Rocca S. Maria hanno trovato cadavere, in una stalla, un uomo di 74 anni nella frazione di Faiete deceduto per ipotermia.
Trovati morti anche i due dispersi in provincia di Teramo: si tratta di Mario e Mattia Marinelli, padre e figlio di 50 e 23 anni, dispersi a Poggio Umbricchio di Crognaleto, sul versante teramano del Gran Sasso.
Scuole e uffici chiusi pressoché ovunque, i dodici passeggeri del treno regionale 7100 bloccati per ore tra Civitanova Marche e Albacina. A Pieve Torina e Pievebovigliana (Macerata) sotto il peso della neve sono venuti giù la tenda che ospitava la scuola elementare e la tensostruttura della mensa. A Folignano, paese a est di Ascoli, è venuto giù il tetto della palestra comunale, non per il terremoto, ma per la neve. La struttura era stata inaugurata nel 2004. A Sarnano due operai sono stati salvati dopo essere rimasti per quasi 24 ore bloccati da una slavina.
A Gualdo, sempre nel maceratese, sono invece crollate due stalle, con un centinaio di animali morti o rimasti feriti tra le macerie. La Coldiretti denuncia che da agosto è stato consegnato appena il 15% delle strutture di protezione per gli animali e che, vista la gran quantità di neve, è impossibile garantire ovunque l’alimentazione del bestiame.
 
Soccorsi inadeguati e in grave ritardo
A una settimana dall'evento l'emergenza non è ancora passata. La terra continua a tremare, la neve ha superato i due metri quasi ovunque, le temperature sono sempre intorno allo zero e i soccorsi arrivano a singhiozzo. I sindaci delle località colpite si scagliano contro il commissario per la ricostruzione Vasco Errani, Enel e Terna che a distanza di giorni “non hanno ancora capito l'eccezionalità della situazione” in tutta la zona che ora è anche a grave rischio di inondazione e nuove valanghe. La commissione gravi rischi ha diramato un comunicato in cui fra l'altro si legge che “Nella zona di Campotosto, epicentro del sisma, c'è il secondo bacino idrico più grande d'Europa con tre dighe (Sella Pedicate, Rio Fucino e Poggio Cancelli), una delle quali su una fagli che si è riattivata e ci possono essere movimenti importanti di suolo che cascano nel lago, per dirla semplice è l'effetto Vajont”.
Marco Rinaldi, sindaco di Ussita, piccolo comune in provincia di Macerata, nelle Marche, uno dei centri maggiormente colpiti, dopo aver atteso per due giorni l'arrivo di una turbina, si è sfogato contro le difficoltà di reperire mezzi e l'inefficienza di quelli a disposizione: "Non ho parole !!!!! Sono su tutte le furie !!!!!!!! Stamattina è arrivata la turbina della Protezione civile finalmente, ma è rimasta bloccata a Calcara perché senza catene. Ci rendiamo conto?".
Dalle Marche all'Abruzzo: non ci sono mezzi spazzaneve, e quei pochi a disposizione impiegati sono risultati inadeguati. A Chieti, come hanno denunciato numerosi residenti, le cinque turbine spazzaneve di proprietà della Provincia sono rimaste ferme. Il motivo? Non ci sono conducenti e dipendenti che possano guidarli.
Nel paese di Arsita (Teramo), che conta all'incirca 800 abitanti (escluse le frazioni), l'unica turbina spazzaneve è arrivata solo nella tarda serata di giovedì 19 gennaio, dopo 48 ore di attesa, con intere famiglie isolate all'interno delle loro abitazioni sepolte da cumuli di neve, che in alcune zone hanno raggiunto perfino i due/tre metri di altezza.
"Il paese di Arsita è completamente isolato. Ci sono persone che sono senza luce ed acqua da parecchi giorni. C'è soltanto una turbina che non è in grado di percorrere tutto il territorio e pertanto sono necessari altri mezzi", scrive su Facebook un residente.
Situazione analoga a Cermignano, sempre nella provincia di Teramo, dove i residenti hanno lanciato un appello per la richiesta di soccorso. La zona più critica individuata è la frazione di Solagne Santa Maria, dove cinque famiglie con bambini e anziani e una persona con sindrome di down sono rimasti completamente isolati dal mondo per giorni.
“Capisco, anche se non del tutto, che possano rimanere impraticabili a causa dell’eccezionale nevicata le piccole strade che portano alle frazioni, ma che sia bloccata la statale Salaria non è accettabile e qualcuno all’Anas se ne deve assumere la responsabilità. Statali come l’80, quella tra L’Aquila e Teramo, e la 5, la Tiburtina Valeria non possono rimanere chiuse, sono strade di collegamento importanti attraverso cui devono giungere mezzi di soccorso come le turbine”, ha detto il 19 gennaio il vicesindaco di Arquata del Tronto. Le difficoltà della situazione sono evidenti, ma in ogni caso insufficienti a giustificare l’accaduto. L’eccezionalità più volta evocata sembra davvero una giustificazione inadeguata. Soprattutto se si pensa che l'allerta meteo era stata diramata già da una settimana ma è stata letteralmente ignorata dal governo, dalla Regione, dalle prefetture, dalle amministrazioni locali, dal commissario per la ricostruzione Vasco Errani, dalla Protezione Civile, dall'Anas e da tutti gli organi dello Stato preposti a questo tipo di intervento.
 
Lo stato e le istituzioni responsabili del disastro
Lo Stato italiano e tutte le sue istituzioni governative a livello nazionale e locale che con “orgoglio” si vantano di essere i rappresentanti di un Paese considerato fra le maggiori potenze economiche mondiali e che siede al G7, alla prova dei fatti si è rivelato un Paese completamente incapace di rispondere prontamente non solo alle calamità cosiddette imprevedibili, ma perfino a una nevicata, sia pure eccezionale, ma annunciata con largo anticipo dai servizi meteo e a un evento sismico iniziato sette anni fa col terremoto de L'Aquila e praticamente mai fermatosi a causa di quel fenomeno che i sismologi chiamano “contagio delle faglie”. E comunque sia, non è concepibile che una regione come l’Abruzzo, densa di località montane e puntualmente a rischio di forti nevicate in pieno inverno, si ritrovi completamente sguarnita di uomini e mezzi adatti a fronteggiare condizioni meteo avverse fino al punto di non essere in grado di liberare almeno le strade principali dagli accumuli di neve.
Basti pensare che a 5 mesi dalla grande scossa del 24 agosto i soldi raccolti dalla grande generosità e solidarietà del popolo italiano e i moduli abitativi promessi da Renzi non sono ancora arrivati. I piccoli allevatori sono stati costretti a vendere il bestiame per riparare le stalle e i capannoni.
Anche i vigili del fuoco denunciano la politica criminale del governo e delle istituzioni parlamentari borghesi paragonati a dei “criminali allo sbaraglio” che stanziano 20 miliardi di euro per salvare i loro amici banchieri e continuano a sperperare montagne di denaro pubblico per finanziare l'industria bellica, le guerre di aggressione all'estero e le cosiddette grandi opere, ma non muovono un dito per alleviare le sofferenze delle popolazioni colpite.
Di fronte alle 19 vittime, 15 dispersi, i nuovi crolli e gli oltre due metri di neve che hanno paralizzato il territorio con ingenti danni all'economia e ricoperto le macerie del terremoto di 5 mesi fa non ancora rimosse, la rabbia e la ribellione delle popolazioni contro le istituzioni borghesi sono sacrosante. Prima il flash mob di protesta davanti alla sede della Protezione civile, a Rieti. Poi le urla dei parenti dei dispersi del Rigopiano contro il viceministro Bubbico, all’ospedale di Pescara. Infine il blocco e la protesta inscenata dagli abitanti di Accumoli e Pescara del Tronto sulla Salaria.
“Siamo tornati indietro nel Medioevo”: senza corrente, senza acqua, al freddo e al buio: è lo slogan di tanti residenti che, esasperati, minacciano di scendere in piazza a Roma per una grande manifestazione di protesta.
Altro che: ”Non vi lasceremo soli... Ricostruiremo tutto e subito” promesso e ripromesso dal nuovo duce Renzi, dal suo erede Gentiloni e confermato dai vari rappresentanti delle istituzioni passati a visitare le zone colpite a cominciare dal presidente del Senato Grasso, della Camera Boldrini e non ultimo dal capo dello Stato, Mattarella, che da Atene ha fatto sapere che “le nuove scosse non interromperanno la ricostruzione”. Parole beffarde, che fanno letteralmente a cazzotti con la nuova ondata di morte e distruzione che ha funestato le popolazioni del Centro Italia e con quanto denunciano gli ordini di ingegneri, architetti e geometri delle Marche in una lettera indirizzata nei giorni scorsi al commissario Errani: in verità la ricostruzione non è stata nemmeno avviata mentre “la stessa Protezione civile non ha abbastanza personale per evadere tutte le richieste di rilievi sull’agibilità degli edifici e la valutazione del danno”.
Gli ingegneri sono infatti chiamati a eseguire le cosiddette procedure Fast (Fabbricati per l’agibilità sintetica post terremoto) e devono farlo entro quindici giorni dall’ordinanza di inagibilità. Tempi strettissimi: “Non si può contemporaneamente ricostruire e rilevare il danno. Questa continua emanazione di norme ha generato nella popolazione e nei tecnici stessi confusione e incertezza, tant’è che, al momento, i professionisti non stanno presentando alcun progetto, neanche per la ricostruzione leggera”.
Da mesi la maggior parte delle richieste che dai Comuni partono all’indirizzo del governo e del commissario Errani rimangono lettera morta.

25 gennaio 2017