Il governo dà la stella di “sceriffo” ai sindaci
Decreti antimigranti Gentiloni-Minniti-Orlando
Facilitate le espulsioni, i richiedenti asilo senza diritti e costretti a lavorare gratis

Il 10 febbraio il Consiglio dei ministri (Cdm) presieduto da Gentiloni ha approvato una serie di provvedimenti, tra cui due decreti tra loro collegati recanti disposizioni urgenti per “l'accelerazione delle procedure amministrative e giurisdizionali” di accoglimento e respingimento di immigrati e richiedenti asilo e per la “tutela della sicurezza delle città”. I due decreti, che portano la firma del ministro dell'Interno Minniti e di quello della Giustizia Orlando, non sono ancora stati depositati in parlamento, ma dalle linee generali e da alcune norme principali che sono state pubblicate nel comunicato finale della riunione e illustrate nella conferenza stampa del governo, si possono senz'altro definire come decreti antimigranti, presi al solo scopo di riproporre e legalizzare sotto altro nome i famigerati Cie (Centri di identificazione ed espulsione, già ampiamente riconosciuti come veri e propri lager), accelerare al massimo la selezione e l'espulsione dei migranti giudicati privi dei requisiti di rifugiati, anche forzando le regole e i diritti giurisprudenziali, dare un drastico giro di vite alla libertà e ai movimenti dei migranti nelle città e nei territori assegnando anche più poteri di controllo e repressivi ai prefetti e ai sindaci.
Col primo decreto illustrato dal Guardasigilli Orlando, riguardante l'accelerazione delle procedure, si istituiscono infatti presso i tribunali di 14 capoluoghi di regione, altrettante sezioni “specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini”, che avranno competenza in generale sulle controversie riguardanti i migranti, e in particolare sul riconoscimento dello stato di rifugiati o della loro espulsione. Contemporaneamente a ciò vengono introdotte misure per la semplificazione e l'efficienza delle procedure “innanzi alle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale”, nonché riguardo ai “procedimenti giudiziari connessi ai fenomeni dell'immigrazione”. A tale riguardo – come ha accennato Orlando - sarà adottato “un nuovo modello processuale in Camera di consiglio con udienza eventuale”, con sentenza emessa “in composizione monocratica”, e con la riduzione da sei a quattro mesi del termine di definizione del provvedimento, che sarà preso con “decreto non reclamabile ma ricorribile in Cassazione”.

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Tutto ciò significa in pratica una drastica riduzione delle garanzie giuridiche a tutela del migrante richiedente asilo, che nella maggior parte possibile dei casi non potrà nemmeno partecipare all'udienza, o eventualmente partecipare solo in videoconferenza, e nel caso di partecipazione l'udienza sarà videoregistrata. E quel che è peggio in caso di diniego non avrà diritto all'appello ma soltanto al ricorso in Cassazione: viene cioè soppresso per i migranti il secondo grado di giudizio che spetta di diritto a tutti, compresi criminali comuni, mafiosi e politici corrotti.
Per quanto il “giovane turco” Orlando abbia avuto la faccia tosta di sostenere che queste norme “non indeboliscono le garanzie”, è evidente a chiunque che siamo in presenza di una palese violazione delle garanzie giuridiche per i migranti e richiedenti asilo, trattati come esseri umani di serie B al punto da ideare la costituzione di una sorta di “magistratura speciale”, separata da quella ordinaria e dotata di una “giurisprudenza speciale” riservata appositamente a tale “sottospecie” umana.
Non è ancora chiaro poi come potrebbe il respinto esercitare il ricorso in Cassazione, anche a prescindere dai costi, dati i tempi lunghi richiesti dalla procedura: verrà intanto espulso nel paese di provenienza, e poi da lì dovrebbe presentare il ricorso? Sembrerebbe una cosa ridicola, se non fosse allucinante. Infatti, nel periodo tra il respingimento della richiesta di protezione internazionale e la sentenza dell'eventuale ricorso del migrante, che ne sarà di lui?
Minniti ha spiegato che a questo scopo saranno costruiti in ogni regione dei Centri permanenti per i rimpatri (Cpr), per un totale di 1.600 posti, che andranno a sostituire i vecchi Cie, con tempi di detenzione che aumenteranno dagli attuali 90 a 135 giorni, e in essi potrà essere internato fino a tre mesi anche chi rintracciato nel territorio si rifiuta di farsi prendere le impronte digitali. E si è affrettato a precisare che per ogni centro ci sarà un “garante” con libero accesso per il controllo del rispetto dei diritti umani. Ma non ha spiegato quali siano i suoi poteri e i suoi ambiti di giurisdizione. È forte il sospetto che questi nuovi centri, dietro il pretesto di parcheggiare i migranti in attesa di espulsione, non siano altro che la riproposizione dei vecchi Cie sotto altro nome, sospetto avvalorato anche dallo stanziamento di 19,5 milioni di euro in più per i respingimenti.

Giro di vite sulla “sicurezza urbana”
Minniti ha anche annunciato che i Comuni potranno impiegare i richiedenti asilo, “su base volontaria e gratuita”, per essere impiegati in “lavori socialmente utili”. In pratica potranno disporne come mano d'opera gratuita. Non si sa ancora a quali condizioni (assicurazione, orario di lavoro ecc.), e soprattutto quali siano questi “lavori utili”, se cioè si tratterà di servizi pubblici in aggiunta a quelli normalmente programmati, o se, come è lecito temere date le sempre maggiori ristrettezze finanziarie dei comuni e il blocco delle assunzioni, verranno impiegati come mano d'opera gratis per risparmiare sul personale regolare, il che configurerebbe un vero e proprio sfruttamento servile.
Se a tutto ciò si aggiunge che col decreto per la “sicurezza urbana” si rafforzano i poteri di ordinanza dei “sindaci sceriffi”, con nuove misure di carattere amministrativo, come multe da 300 a 900 euro, fino al Daspo (interdizione a frequentare determinate zone cittadine o territoriali su disposizione di prefetti e sindaci), e per tutta una serie di motivi che suscitano allarme sociale, come lo spaccio e la prostituzione “con modalità ostentate”, ma anche pericolosamente pretestuosi per giri di vite autoritari e finanche fascisti come il “decoro urbano”, il “commercio abusivo”, l'accatonaggio e l'”occupazione di aree pubbliche”, non ci vuol molto a capire che siamo in presenza di un pacchetto di provvedimenti antimigranti, antidemocratici e discriminatori degni della più vieta propaganda della Lega fascista e razzista di Salvini e Maroni, nonché delle sparate xenofobe del qualunquista Grillo.
La sola differenza è che questi personaggi squallidi lo fanno apertamente e non se ne vergognano, mentre il governo PD-NCD lo fa pretendendo anche di farlo per ragioni “umanitarie” e nell'”interesse” degli stessi migranti: “L’obiettivo strategico non è chiudere le nostre porte ma trasformare sempre più i flussi migratori da fenomeno irregolare a fenomeno regolare, in cui non si mette a rischio la vita ma si arriva in modo sicuro nei nostri paesi e in maniera controllata”, ha avuto infatti la faccia tosta di dichiarare Gentiloni nel presentare i due decreti antimigranti.
Un'ipocrisia, la sua, smascherata dal presidente del Centro Astalli, un servizio dei Gesuiti per i rifugiati in Italia, padre Camillo Ripamonti, a giudizio del quale col provvedimento del governo “si è molto concentrati sul velocizzare espulsioni e rimpatri di chi soggiorna illegalmente ma non si affronta il tema principale: le quote di ingresso dei lavoratori migranti non vengono attivate ormai da diversi anni. Non esistono vie legali per arrivare a chiedere asilo in sicurezza. Queste sono le principali urgenze da affrontare, ormai da tempo. Oggi in Italia per i migranti non c’è modo di entrare legalmente né per lavorare né per chiedere protezione da guerre e persecuzioni”.
“La vicinanza elettorale porta il governo a solcare territori pericolosi per le libertà. Dunque dopo bocciature severe, anche istituzionali, dei Centri di identificazione e espulsione (Cie), ora i centri di detenzione per immigrati si moltiplicano e si creano 1600 posti di reclusione amministrativa”, ha denunciato in un comunicato stampa il presidente dell'Associazione Antigone e della Coalizione italiana Libertà e Diritti civili (Cild). “Inoltre – ha aggiunto Patrizio Gonnella sottolineando la pericolosità antidemocratica dei provvedimenti del governo - dopo la recente bocciatura da parte della Corte Costituzionale si danno poteri di ordinanza ai sindaci su un terreno, quello della sicurezza, già praticato in modo illiberale, informe e talvolta ridicolo. La sicurezza spetta ai prefetti ed ai giudici, non ai sindaci. Le città hanno bisogno di servizi e non di sceriffi”.

15 febbraio 2017