Il parlamento israeliano approva l'annessione di territori in Cisgiordania
L'Onu: Ilegale

 
Il 4 febbraio circa 5.000 palestinesi ed ebrei hanno manifestato a Tel Aviv contro lo stato “razzista” di Israele e le demolizioni delle case palestinesi e arabe in Cisgiordania e nel Sinai. Molti i cartelli in arabo ed in ebraico che denunciavano “Basta con il razzismo del governo, chiediamo uguaglianza”, “ebrei e arabi insieme, combattiamo il fascismo” e “se il governo è contro il popolo, la gente sarà contro il governo”. Due giorni dopo il parlamento israeliano rispondeva approvando con 60 voti a favore e 52 contrari la legge nota come Regulation Bill che decreta tra le altre una “sanatoria” per legalizzare retroattivamente quasi 4.000 case costruite senza permesso su 800 ettari di terra palestinese. A queste costruzioni si aggiungeranno le almeno 6.000 abitazioni la cui costruzione è stata approvata dal governo di Tel Aviv nelle ultime due settimane.
La legge voluta dal governo del fascista Netanyahu serviva a impedire che in futuro si potessero verificare situazioni simili a quella dell’insediamento di coloni di Amona, costruito in Cisgiordania su terra privata palestinese e dichiarato illegale dalla Corte Suprema israeliana. Ma non solo. Con la legge sulla sanatoria, per la prima volta il parlamento israeliano impone di fatto ufficialmente una legge israeliana in un’area della Cisgiordania assegnata al controllo civile e militare di Israele in base agli accordi di Oslo. Detto in altre parole costituirebbe il primo passo verso l’annessione diretta di questo territorio ad Israele, a completamento della distruzione della case e delle coltivazioni e dell’espulsione dei palestinesi avviata in Cisgiordania fin dalla nascita della prima colonia di Kiryat Arba a Hebron, costruita nel 1968 un anno dopo la guerra dei Sei Giorni e l’inizio dell’occupazione militare. Oramai quasi il 20% della Cisgiordania è annessa di fatto a Israele, lungo la linea di frontiera dove il regime sionista ha costruito il muro illegale e in vaste aree fertili dove ha costruito a macchia d’olio le colonie e spezzettato i restanti territori abitati e coltivati dai palestinesi in enclavi distanti e discontinue. Una politica perseguita dai governi della destra e in misura minore anche da quelli laburisti.
Gli obiettivi annessionisti del governo Netanyahu erano denunciati persino dal leader laburista Hertzog che durante il dibattito in parlamento affermava che “questo governo sta approvando un provvedimento che è un grave pericolo per Israele. Questa legge rappresenta de facto un’annessione di territori”. Esattamente quello che voleva il partito di Casa Ebraica, presente nella coalizione governativa, vicino ai coloni e promotore della legge: “questo è un passaggio storico per completare il processo che noi vogliamo portare avanti: l’applicazione della piena sovranità su tutte le città e le comunità della Giudea e Samaria (la Cisgiordania per gli israeliani, ndr)”.
Dopo il varo della legge due organizzanizzazioni non governative israeliane, Adalah e il Centro israeliano per i diritti civili presentavano ricorso alla Corte suprema affermando che la nuova legge è in contrasto col diritto internazionale e incompatibile anche col sistema legale israeliano poiché viola il diritto di proprietà dei palestinesi. I palestinesi, denunciavano le due Ong, “si trovano alla mercè altrui, privi di difese legali, esposti al rischio di essere privati delle loro proprietà a beneficio dei coloni israeliani”. Ma anche se il ricorso avesse effetto non inciderebbe più di tanto dato che gli insediamenti demoliti su sentenza della Corte sono una infima minoranza rispetto quelli costruiti dal governo di Tel Aviv che può contare sul rinnovato appoggio del presidente americano Trump.
La strisciante annessione della Cisgiordania da parte di Israele era denunciata dai delegati della Lista Araba Unita, un’alleanza di 4 principali partiti arabi d’Israele che ha 13 seggi alla Knesset e condannata duramente dal segretario generale dell’Olp, Saeb Erekat che però si preoccupava soprattutto per la realizzazione dell’impossibile obiettivo della soluzione dei due Stati. “Il parlamento israeliano – affermava Erekat – ha appena approvato una legge che legalizza il furto di terra palestinese. Tutti gli insediamenti nella Palestina occupata sono illegali e rappresentano un crimine di guerra”.
Il provvedimento israeliano è una “violazione della risoluzione 2234” contro le colonie in Cisgiordania votata lo scorso dicembre dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, ricordava il presidente palestinese Abu Mazen. E l’Onu chiamato in causa rispondeva col segretario generale Antonio Guterres che esprimeva “profondo rammarico” per la legge che “è contraria al diritto internazionale e avrà conseguenze legali per Israele”. Posizione giusta ma si tratta di vedere quale sarà l’effettiva reazione delle Nazioni Unite, finora a risultato zero. L’Unione europea non si dannava l’anima neanche un po’ e lasciava all’Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza dell’Ue, l’italiana Federica Mogherini, il compito di produrre un tweet col quale “esortava” il governo israeliano a “non applicare la legge votata dalla Knesset”.

15 febbraio 2017