Il sindaco di Napoli e aspirante leader nazionale svela a “Il Fatto” il suo disegno
De Magistris: “A Napoli siamo riusciti a calmierare la rabbia, legando il popolo al Palazzo”

In un'intervista a “Il Fatto Quotidiano” del 13 febbraio il sindaco di Napoli Luigi De Magistris svela il suo disegno politico, che è quello di inserirsi nello spazio che si apre a sinistra del PD per soddisfare le sue ambizioni leaderistiche a livello nazionale, strizzando l'occhio e allo stesso tempo ponendosi in diretta concorrenza con soggetti politici trasversali come il Movimento 5 Stelle.
Da tempo si sta preparando infatti al salto da palazzo San Giacomo all'arena nazionale, e a tale scopo ha anche fondato insieme a sua moglie un suo strumento politico, il movimento DemA (Democrazia e Autonomia), un embrione di partito politico personale che ricorda per molti aspetti il M5S creato e guidato da Grillo tramite una struttura e metodi di gestione di tipo monarchico. E da questa intervista traspare chiaramente che anche gli obiettivi di questa operazione sono fondamentalmente gli stessi del padre padrone del M5S.
Intervistato da Antonello Caporale, insieme al governatore del Piemonte ed ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, sul tema del cosiddetto “populismo” oggi dilagante in tutta Europa, e che da noi è interpretato da Cinquestelle, Lega e Fratelli d'Italia, De Magistris non disdegna di cavalcarlo pure lui, sia pure declinandolo in una versione “di sinistra”: “Se per populismo intendiamo un potere che reclama di stare più dentro al cuore popolare io mi sento populista”, dice il neopodestà partenopeo, che così lo spiega: “Bado a conservare una connessione sentimentale con chi ha zero, a fare sempre un pezzetto di strada insieme agli ultimi e a comprendere le ragioni dell'indignazione. Che è un sentimento apprezzabile perché libera energie vitali e tiene a bada la paura che, se esonda, porta alla marginalità e, nei casi estremi, all'eversione”.
E in quest'ultima frase, con l'evocazione dei pericoli di “eversione” insiti nella paura e nella rabbia sociale che “esondano” c'è anche la chiave del suo disegno politico: “Perciò – prosegue il sindaco di Napoli – ho voluto legare sempre più il popolo al Palazzo. Fondando questo movimento, DemA, che sta per Democrazia e Autonomia e vuole indicare una via possibile: trasversalità delle idee ancorate alla base della piramide sociale. É il popolo che deve guidare i processi e sono le autonomie territoriali che devono difendere le identità. In una città come Napoli siamo riusciti a calmierare la rabbia e a far esplodere energie positive. L'Italia ha bisogno di questi fermenti, altro che la cupezza e la mediocrità istituzionale del PD”.

Lo stesso slogan demagogico di Grillo
Ecco dunque esposto qui in maniera chiarissima qual è il disegno di De Magistris: quello di riportare questo fiume di rabbia popolare potenzialmente “eversivo” all'interno delle istituzioni, per strumentalizzarlo a livello elettorale per soddisfare le sue ambizioni personali, intercettando i voti dei sempre più numerosi astensionisti e cercando di proiettare a livello nazionale il modello politico utilizzato per conquistare i suoi due mandati elettorali alla guida del Comune di Napoli.
Non a caso si vanta di essere riuscito a “calmierare la rabbia” dei napoletani, che di ragioni per essere arrabbiati ne hanno da vendere, vista la miseria e il degrado in cui versa la città, come del resto tutto il Meridione. Anche se è tutto da vedere quanto effettivamente ci sia riuscito, dato che alle comunali dell'anno scorso è stato votato a malapena dalla metà della metà degli elettori, perdendo quasi 50 mila voti rispetto al primo mandato del 2011 e in presenza di un astensionismo record di quasi il 65%.
Il suo in sostanza è lo stesso slogan demagogico sbandierato da Grillo a quanti lo accusano di “populismo” e di strumentalizzare a fini elettorali la rabbia popolare verso la corruzione, i governi Renzi e Gentiloni e il menefreghismo dei partiti parlamentari: se non ci fosse il M5S a incanalare la protesta in forme legali e istituzionali, arriverebbero le rivolte popolari. Da cui la sua giustificazione della metamorfosi del M5S da movimento di protesta “antisistema” a partito istituzionale come gli altri, che partecipa alle elezioni, entra nelle amministrazioni locali e in parlamento, e punta a governare grandi città, preparandosi addirittura al salto verso Palazzo Chigi.
A differenza di Grillo, De Magistris è ancora nella fase della costruzione di un suo movimento, ma le ambizioni politiche sono le stesse, e le occasioni non gli mancano, vista la crisi del PD, con la scissione in corso e il conseguente rimescolamento di carte alla sua sinistra. Anche se quest'area è sempre più affollata di imbroglioni politici e aspiranti leader di un “soggetto di sinistra”, vedi Pisapia e l'appena nata SI, egli si muove in maniera più trasversale e spregiudicata di loro, puntando ad egemonizzare tutta quell'area di movimenti “antagonisti” che non si sentono rappresentati neanche dai partiti a sinistra del PD – centri sociali, anarchici, trotzkisti, operaisti, spontaneisti, “sindacati di base” – fino addirittura ai CARC, che si dichiarano eredi delle “Brigate rosse”, che lo hanno sostenuto e votato alle comunali. Nel quadro di dare vita ad una sorta di Podemos italiana da lui guidata.

Accettazione del capitalismo e della UE imperialista
Non a caso De Magistris ha stretto saldi legami con l'ex ministro delle Finanze del governo Tsipras, l'economista keynesiano Yanis Varoufakis, che ha fondato un suo movimento per il “cambiamento” della politica europea collegato alla rete delle cosiddette “città ribelli” europee: ossia governate da amministrazioni come quella di Barcellona che si proclamano alternative alle politiche liberiste e di austerità della Unione europea e ispirate alla “democrazia partecipativa”. Rete alla quale anche De Magistris si fregia di iscrivere la sua amministrazione, con l'autoproclamato “modello Napoli”.
Tutto ciò senza mettere in discussione l'esistenza della stessa Ue - proprio nel momento in cui, dopo il fallimento delle sue politiche liberiste e il referendum sulla Brexit, la Ue imperialista ha toccato il fondo della credibilità e delle spinte disgregatrici - come invece il sindaco di Napoli ha voluto espressamente sancire nello Statuto della sua associazione DemA, definita già nell'articolo 1 un “Movimento Politico fondato sul rispetto della Costituzione Italiana e dell'Ordinamento dell'Unione europea”.
Un movimento che, come recita esplicitamente il suo Manifesto politico, è nato “al fine di ri-avvicinare i cittadini alla politica e alla vita della propria città”, attraverso la “democrazia partecipativa” e il “coinvolgimento della Cittadinanza nell'azione amministrativa e politica”. A dimostrazione appunto del suo obiettivo riformista di ingabbiare la ribellione sociale e riportarla all'interno delle istituzioni borghesi e del sistema capitalistico, che al pari della Ue imperialista De Magistris non mette minimamente in discussione. Tanto meno si azzarda a contrapporgli il socialismo, neanche mai nominato nel Manifesto di DemA, ma semmai a contrapporgli solo “le Città, con le loro reti (che) costituiscono un modello da implementare e rafforzare sempre più. Sono reti di welfare, si fanno carico delle contraddizioni e del conflitto che il capitalismo senile (sic) ha generato”.

22 febbraio 2017