Intollerabili ingerenze clerico-fasciste delle gerarchie ecclesiastiche
È giusto assumere medici non obiettori
In Italia circa il 70% dei ginecologi non pratica l'interruzione volontaria di gravidanza

La notizia pubblicata su “La Repubblica” del 22 febbraio, che la Regione Lazio ha assunto a tempo indeterminato due ginecologi “non obiettori” per assicurare il servizio di interruzione volontaria della gravidanza (Ivg) all'ospedale San Camillo di Roma, col sottotitolo che rischierebbero il licenziamento se dovessero cambiare idea, ha immediatamente sollevato il rabbioso anatema delle gerarchie ecclesiastiche e il fuoco di sbarramento di tutta la canea clerico-fascista, dal caporione leghista Salvini, alle associazioni dei medici cattolici, fino alla ministra della Salute del governo Renzi-Gentiloni, Beatrice Lorenzin.
Il direttore dell'Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei (Conferenza episcopale italiana), don Carmine Arice, ha tuonato contro “la decisione di assumere, attraverso un concorso, al San Camillo di Roma, due medici dedicati all'interruzione di gravidanza impedendo loro l'obiezione di coscienza”, atto che “snatura l'impianto della legge 194 che non aveva l'obiettivo di indurre all'aborto ma prevenirlo”. E a supporto del suo sermone ha citato il ministero della Salute che “ha svolto recentemente un'indagine appurando che il numero di medici non obiettori risulta invece sufficiente per coprire ampiamente la domanda di interruzioni volontarie di gravidanza”.
Tesi del tutto falsa questa, come vedremo, ma prontamente confermata dalla Lorenzin, l'unica a parlare a nome del governo Renzi-Gentiloni, che quindi sposa in toto gli attacchi della Cei: “Si deve rispettare la legge che prevede l'obiezione di coscienza - ha bacchettato la ministra da Bruxelles. – Quando fai delle assunzioni non mi risulta che ci siano dei parametri richiesti. La legge non prevede questo tipo di selezione. Prevede invece la possibilità, qualora una struttura abbia problemi di fabbisogno per quanto riguarda singoli specifici servizi, di poter chiedere alla Regione di attingere anche in mobilità da altro personale”.
Anche la stampa e i media di regime hanno assecondato questi attacchi, mettendo l'accento sul concorso “riservato solo a medici non obiettori”, e dando spazio di intervento alle posizioni critiche della decisione, come l'Ordine dei medici del Lazio, che per bocca del suo presidente Giuseppe Lavra ha parlato di concorso discriminatorio nei confronti del “diritto inalienabile” dei ginecologi obiettori e ha chiesto di ritirarlo. E a posizioni più subdole, come quelle del presidente del Comitato nazionale di Bioetica e di alcuni assessori alla Salute e funzionari di altre Regioni, che hanno espresso dubbi sulla sostenibilità giuridica del concorso, dando quindi ragione in partenza alla chiesa e ai medici reazionari e incoraggiandoli ad appellarsi alla Consulta.

Un argomento falso e pretestuoso
Naturalmente tutto questo strillare al “concorso discriminatorio” nei confronti dei diritti costituzionali dei poveri medici obiettori è totalmente falso e pretestuoso. Il bando del San Camillo, l'ospedale più grande di Roma e dove si praticano già circa 2 mila aborti l'anno, tra farmacologici e chirurgici, a donne provenienti da tutta la regione, non parlava affatto di medici “non obiettori”, bensì di “dirigenti medici, disciplina Ostetricia e Ginecologia, da dedicare alle prestazioni assistenziali rese dal Day Hospital e Day Surgery, centro di riferimento regionale per la legge 194/78 – interruzione volontaria di gravidanza”. Con la specificazione che “trattasi di figure necessarie a garantire l'assistenza sanitaria alla popolazione in tutto il territorio della Regione Lazio e a evitare l'interruzione di pubblico servizio”.
E poiché nonostante la chiarezza del bando ci poteva essere l'eventualità che uno o entrambi i vincitori “cambiassero idea” una volta ottenuto il posto, erano state messe giustamente delle clausole cautelative, come quella che per i primi sei mesi non potevano rifiutarsi di espletare il servizio pena il licenziamento, e qualora lo avessero fatto nel periodo successivo, potevano essere messi nelle liste di mobilità o addirittura in quelle degli esuberi. Clausole niente affatto “discriminatorie” ma del tutto logiche e inoppugnabili, perché è evidente che un medico obiettore non può partecipare ad un concorso per assicurare il servizio di Ivg, se non per compiere deliberatamente un atto provocatorio e di sabotaggio della legge 194. E per la stessa ragione nemmeno sta in piedi l'assurda balla del non obiettore che lo diventa per fulminazione divina immediatamente dopo aver vinto il concorso.
D'altronde il bando era pubblico e risaliva al giugno 2015, eppure non aveva sollevato nessuna obiezione né dal ministero della Salute né da quello delle Finanze. Solo ora che i due medici sono stati assunti (fra l'altro sono risultati vincitori due medici precari già operanti da anni all'Ivg del San Camillo, ma che non erano mai stati stabilizzati a causa del blocco del turn-over) si è scatenata la canea clerico-fascista, per l'evidente timore che l'esempio in questione possa fare scuola ed essere copiato anche in altre regioni.

Una situazione intollerabile e abnorme
Infatti la situazione dell'applicazione della 194, sia nel Lazio che in tutto il resto del Paese, è tutt'altro che regolare e sufficiente, come millantano la Lorenzin e le gerarchie ecclesiastiche. La media dei medici antiabortisti è del 70% a livello nazionale. Nel Lazio è del 78%, è superiore all'80% in tutto il Sud e nel Molise arriva addirittura al 94%, dove l'aborto volontario viene praticato in un solo ospedale e da un solo medico non obiettore per tutta la regione. Solo nelle regioni del Centro Italia e del Nord la percentuale degli obiettori si abbassa leggermente oscillando tra il 50 e il 70%.
Una situazione intollerabile e che non ha riscontro in nessun paese del mondo economicamente sviluppato, tanto che l'Italia è stata denunciata dal Comitato europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d'Europa per violazione “dei diritti delle donne che - alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978 - intendono interrompere la gravidanza, a causa dell'elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza”. Secondo la presidente della Libera associazione italiana ginecologi per l'applicazione della legge 194 (Laiga), Silvana Agatone, che approva in pieno la decisione della Regione Lazio, “in Italia è infatti fuorilegge oltre il 40% degli enti ospedalieri”.
“In Italia – prosegue la dottoressa Agatone – circa il 70% dei ginecologi è obiettore, ci sono intere regioni dove esiste un unico ospedale che effettua le Ivg, e le donne sono costrette a migrare per centinaia di chilometri. Ma nonostante tutto il ministero della Salute continua a sostenere che i ginecologi non obiettori sono sufficienti a garantire la legge, perché gli aborti sono calati”. Questo è infatti quel che registrano le statistiche, stando alle quali gli aborti sono calati da 233 mila del 1983 a 87 mila nel 2015. Ma se si va a scavare sotto la superficie si capisce che sono dati edulcorati che non tengono conto degli aborti clandestini, che sono ancora tanti proprio a causa delle carenze e degli ostacoli opposti artatamente all'applicazione della 194.

Ancora grave la piaga degli aborti clandestini
“I dati della relazione al parlamento – spiega ancora la presidente della Laiga – registrano unicamente le interruzioni effettuate negli ospedali, non la 'domanda' di aborti che è invece nettamente più alta”. Non solo la “domanda” di aborti non viene infatti registrata, ma “noi vediamo sempre più donne che arrivano da noi in urgenza, ossia all'ultimo giorno utile per fare l'aborto. Forse perché prima di essere accolte sono state respinte da più strutture, o chissà”, continua la ginecologa, che si domanda: “Dove finiscono quelle donne se non si riesce a farle abortire nei termini di legge? È evidente che cercheranno canali paralleli e illegali”.
E a fare le spese del mancato servizio di Ivg sono soprattutto “le donne più fragili, le migranti, le straniere, che davvero non sanno come e dove andare”, aggiunge Agatone. Tra l'altro il decreto legislativo del Consiglio dei ministri dello scorso 15 gennaio sulla depenalizzazione, approvato nel silenzio totale dei media, ha alzato la multa alle donne per l'aborto clandestino da 51 euro a un minimo di 5 mila fino a un massimo di 10 mila euro. Così che le donne straniere che vogliono abortire, e che in molti casi sono sprovviste del permesso di soggiorno, dovrebbero scegliere tra pagare fino a 1200 euro per l'intervento in ospedale o abortire in clandestinità rischiando la vita e anche fino a 10 mila euro di multa.
Il motivo per cui solo in Italia il servizio di Ivg non è garantito e c'è un numero abnorme di medici e paramedici “obiettori” è facilmente intuibile: La sanità pubblica è ancora largamente controllata e influenzata dalla chiesa cattolica, retaggio dell'età monarchico-fascista e del dopoguerra dominato dalla DC. E molti medici e paramedici si dichiarano “obiettori” non perché abbiano effettivamente problemi di “coscienza”, ma semplicemente per opportunismo e per paura di essere discriminati e ostacolati nella carriera. E infatti è proprio quel che succede ai medici non obiettori, costretti a rimanere a fare aborti a vita, sottoposti a turni massacranti per assicurare il servizio, e il più delle volte dividendosi tra un ospedale e l'altro per coprire “a chiamata” i servizi mancanti.

Assumere medici non obiettori in ogni ospedale
“Chi fa aborti non fa carriera. L'ho vissuto sulla mia pelle”, ha dichiarato intervistato da “La Repubblica” l'unico ginecologo non obiettore del Molise, il quale a 65 anni di età è costretto ancora a praticare 400 aborti l'anno, pur di assicurare questo diritto fondamentale alle donne che ne hanno bisogno: “Dovevo diventare primario di Ginecologia, ma quando la precedente amministrazione ha stipulato un accordo con l'Università cattolica, sono diventato scomodo”, ha concluso, aggiungendo che sta cercando di reggere ancora, ma che non è giusto, e che proporrà alla Regione Molise di seguire l'esempio del Lazio.
Fermo restando che per noi l'obiezione di coscienza in ambito medico non dovrebbe nemmeno essere ammessa per nessuno, pena l'esclusione dai concorsi pubblici (perché medici e paramedici hanno l'obbligo di curare tutti senza alcuna eccezione, e se un medico vuol fare l'obiettore vada a farlo nelle cliniche private cattoliche), l'esempio della Regione Lazio deve essere appoggiato ed esteso senza indugio a tutta l'Italia, assumendo medici non obiettori in ogni ospedale pubblico. Quella di assicurare almeno un adeguato e capillare funzionamento della 194 assumendo il personale non obiettore necessario è una misura minima dovuta, al di sotto della quale non è accettabile scendere, e che doveva già essere stata assicurata con il varo della legge stessa. Per cui sconta già un ritardo ultratrentennale e non è tollerabile che si cerchi di bloccare persino questa pur timida e ritardataria iniziativa per l'ingerenza della chiesa cattolica.
Specialmente alla vigilia di un 8 Marzo che vedrà lo sciopero globale delle donne promosso dalla Rete Non una di meno, nella cui piattaforma politica c'è tra l'altro “l'aborto libero, sicuro e gratuito e l'abolizione dell'obiezione di coscienza”, “il pieno accesso alla Ru486, con ricorso a 63 giorni e in day hospital” e il rifiuto delle “sanzioni per le donne che abortiscono fuori dalle procedure previste per legge a causa dell'alto tasso di obiezione”.

1 marzo 2017