Viva la giornata internazionale delle donne
Teniamo alta la bandiera dell’8 Marzo

di Monica Martenghi *
Buon 8 Marzo a tutte le donne in sciopero e in piazza contro la violenza maschile in Italia e nel mondo!
Buon 8 Marzo a tutte le migranti e le rifugiate!
Buon 8 Marzo alle donne americane che in piazza a milioni hanno manifestato per più giorni contro il dittatore fascista, misogino, razzista e miliardario Trump!
Buon 8 Marzo alle marxiste-leniniste italiane e di tutto il mondo!
L’8 Marzo è un’istituzione delle marxiste-leniniste (allora si chiamavano socialiste) per ricordare le 129 operaie morte nel 1908 alla Cotton di New York nell’incendio della fabbrica che occupavano. Tale decisione fu presa nella seconda Conferenza internazionale delle donne socialiste tenutasi nel 1910 a Copenaghen. Nel 1921 poi la Conferenza internazionale delle donne comuniste decise che questa giornata fosse celebrata in tutto il mondo nella data dell’8 Marzo, legandola alla grandiosa manifestazione delle operaie di Pietrogrado contro lo zarismo che si svolse in quello proprio l’8 Marzo del 1917, preludio della Grande Rivoluzione Socialista di Ottobre di cui quest’anno ricorre il centesimo anniversario.
La giornata internazionale delle donne fu istituita per porre in modo permanente a livello mondiale le rivendicazioni specifiche delle donne quali il diritto di voto e più in generale la questione cruciale dell’emancipazione delle donne nella consapevolezza che questa questione è imprescindibile per raggiungere la vera giustizia sociale, la parità tra i sessi, l’uguaglianza, la libertà e la democrazia per il proletariato e per l’intera umanità. Una questione che ancora oggi è ben lungi dall’essere stata risolta.

L’8 Marzo è attuale
Ecco perché la giornata dell’8 Marzo, nonostante per decenni sia stata svuotata del suo reale contenuto, trasformata in una festa consumistica e individualistica e persino rinnegata da alcuni settori femministi, oggi viene riscoperta e torna ad essere celebrata in piazza per affermare le sacrosante rivendicazioni e i diritti delle masse femminili. Grazie alla meritoria iniziativa del movimento “Non una di meno”.
C’è bisogno di celebrare in piazza l’8 Marzo perché l’oppressione e la discriminazione delle donne nel mondo e in Italia sono sempre più marcate e violente. Perché le donne sono le più discriminate e oppresse nel mondo del lavoro, delle professioni, della scuola, nella famiglia borghese tradizionale. In Italia sono appena il 50,6% le donne fra i 24 e 64 anni (gli uomini sono il 70,6%) che hanno un lavoro. E spesso è un lavoro precario, a part-time, dequalificato e comunque pagato con salari e stipendi mediamente inferiori del 41% rispetto a quelli maschili. Il 27,1% delle ragazze fra i 15 e i 29 anni né studia né lavora. Quasi il doppio nel Meridione.
Le altre donne sono disoccupate, vittime del caporalato, del lavoro nero, a domicilio e dei voucher, oppure abbrutiscono nel casalingato a tempo pieno, che risulta di una vera e propria forma di schiavitù domestica e familiare, al completo servizio di cura e di assistenza di mariti, figli, genitori, anziani, specie se gravemente malati e disabili.
La crisi economica e finanziaria del capitalismo e il liberismo dilagante hanno aggravato ulteriormente questa condizione attraverso la progressiva privatizzazione della sanità e dei servizi sociali pubblici, i massicci tagli alla spesa sociale destinata all’edilizia pubblica, alla prevenzione della salute delle donne, a servizi quali asili, scuole, mense, consultori, centri antiviolenza, Sert. L’Istat parla di 2 milioni e 270 mila donne già in condizione di assoluta indigenza.
La violenza maschile sulle donne, come sulle lesbiche e sulle persone transessuali non conosce pausa. Si tratta di una violenza fisica, psicologica e sessuale che va dalla molestia, alle botte, ai pestaggi, agli sfregi, allo stupro, all’omicidio spesso compiuto con modalità barbare. Una violenza contro le donne che per lo più si consuma all’interno delle mura domestiche e della “sacra” famiglia da parte di mariti, conviventi, fidanzati, o ex, che intendono punirle per aver osato ribellarsi ai loro voleri. Una donna su tre nel corso della propria vita sperimenta una qualsiasi forma di violenza. Ed è solo la punta di un iceberg, perché la maggior parte di queste violenze non vengono denunciate perché le donne temono di perdere il lavoro, la custodia dei figli, il sostegno dei propri familiari o perché condizionate dalla morale e dalla cultura borghese e cattolica dominante che pone in cima a tutto l’“unità della famiglia”.
In questo quadro rientra anche l’ennesimo attacco al diritto di aborto, a seguito dell’assunzione di medici non obiettori a Roma per garantire negli ospedali della capitale l’interruzione delle gravidanze. Mentre a causa del dilagare dell’“obiezione di coscienza” negli ospedali pubblici, che a livello nazionale ormai supera il 70%, dilaga di nuovo l’aborto clandestino, si vuole ad ogni costo negare che sia un diritto delle donne decidere da sé sulla propria maternità, se avere o no un figlio, quando e come.
La violenza maschile sulle donne e il femminicidio sono il frutto più odioso della cultura dominante borghese e cattolica che fonda i rapporta fra i sessi proprio sulla discriminazione e l’oppressione economica, sociale, politica, culturale e familiare della donna. Una cultura e una morale borghesi e cattoliche che vorrebbero le donne attrici silenziose nel ruolo di madri prolifiche e mogli servizievoli e rispettose del potere maritale e statale borghese e patriarcale, secondo la vecchia triade mussoliniana “Dio, patria e famiglia” fatta propria e rilanciata dai governi sia di “centro-destra” che di “centro-sinistra” che si sono succeduti negli ultimi vent’anni.

Contro il capitalismo, per il socialismo
La storia ha ormai dimostrato che la causa ultima e più profonda dell’oppressione della donna e della disparità fra i sessi è l’esistenza stessa del capitalismo e della sua cultura, morale ed etica borghese e cattolica. Perché la doppia schiavitù della donna, salariale e domestica, è connaturale alle leggi economiche del capitalismo, alla realizzazione del massimo profitto capitalistico e alla conservazione del suo sistema statale, culturale e sociale. Perché è la famiglia borghese, con al centro il ruolo delle donne, la cellula economica di base del sistema capitalistico e il suo principale e irrinunciabile ammortizzatore sociale.
Noi appoggiamo in modo militante lo sciopero globale dell’8 Marzo promosso dal movimento “Non una di meno” argentino, rilanciato dall’omonimo movimento italiano e che ha raccolto l’adesione di oltre 40 paesi al mondo. Appoggiamo la piattaforma contro la violenza maschile sulle donne, sulle lesbiche e sulle persone transessuali scaturita dall’Assemblea nazionale che si è tenuta a Bologna il 4 e 5 febbraio scorsi. E ci auguriamo che anche la CGIL e la FIOM, come già hanno fatto altri sindacati non confederali, appoggino e proclamino lo sciopero favorendo e offrendo copertura sindacale alle lavoratrici che vi vorranno aderire.
Le militanti e i militanti del PMLI parteciperanno alle manifestazioni, ai presidi e ai sit-in che nell’ambito dello sciopero si svolgeranno nelle città dove siamo presenti. Là dove non ci saranno iniziative del movimento invitiamo le istanze intermedie e di base a organizzare banchini, possibilmente con altri partiti, con la bandiera rossa e la falce e martello, o dei volantinaggi, affinché il Partito in questa giornata sia comunque in piazza, come del resto facciamo da sempre.
Siamo sicure che ci sarà modo nel prosieguo di questo movimento di affrontare dialetticamente e con spirito unitario le questioni che non ci trovano completamente d’accordo. In particolare ci preme il tema della “trasformazione radicale della società” che giustamente il movimento pone come indispensabile per debellare la violenza maschile sulle donne.
Noi marxisti-leninisti siamo convinti che l’unica “trasformazione radicale” possibile è quella di far tabula rasa del capitalismo e conquistare il socialismo.
Solo il socialismo potrà infatti gettare tutte le basi necessarie per una completa emancipazione della donna che nella sostanza consiste nella più assoluta eguaglianza economica, sociale, politica, giuridica, morale e culturale tra i due sessi, nelle piccole come nelle grandi cose, nella vita privata come nella vita pubblica.
Combattere il capitalismo oggi significa innanzitutto battersi contro il governo Gentiloni, di matrice renziana antipopolare, piduista e fascista, e la sua politica di lacrime e sangue all’interno e di interventismo e colonialismo all’esterno. Esso ha dimostrato di non poter fare a meno di obbedire ai diktat dell’imperialismo italiano e dell’Unione europea imperialista e alla necessità della lotta tra i vari paesi imperialisti per avere più spazio e più potere nello scacchiere mondiale, in particolare nel Medio Oriente. Come riafferma il disegno di legge sull’attuazione del “Libro Bianco sulla difesa”, che fa a pezzi gli articoli 11 e 52 della Costituzione.
Cogliamo l’occasione del vertice UE del 25 marzo, per il 60° anniversario dei trattati di Roma, e il successivo vertice G7 a Taormina per far sentire forte in piazza l’opposizione delle masse femminili alla superpotenza imperialista europea e alla sua politica liberista, affamatrice, razzista e guerrafondaia e ai forti venti di guerra economica, commerciale e militare dell’imperialismo mondiale.
Al governo centrale e ai governi locali dobbiamo rivendicare con forza il lavoro per tutte le donne, un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato, e al contempo la costruzione di una fitta rete di servizi sociali, sanitari e scolastici pubblici in tutto il territorio nazionale, a partire dal Mezzogiorno. Il lavoro e la socializzazione del lavoro domestico sono le due leve principali dell’emancipazione femminile perché sono gli unici strumenti per rendere le donne indipendenti sul piano economico, sociale e familiare.
Queste due grandi battaglie hanno una grande importanza sia per la presa di coscienza del problema da parte delle donne e la rivoluzionarizzazione del loro modo di pensare e concepire il proprio ruolo e la propria esistenza, sia per il terremoto politico e sociale che oggettivamente possono suscitare nei rapporti fra i sessi, all'interno della famiglia e dell'intera società.
Al contempo occorre continuare a battersi contro la violenza maschile sulle donne, per il finanziamento diretto dei centri antiviolenza esistenti e la loro costruzione capillare su tutto il territorio nazionale autogestiti dalle donne stesse. Per il diritto alla casa e a un salario e una pensione sufficienti a garantire una vita dignitosa. Per vietare l’“obiezione di coscienza” nelle strutture pubbliche e garantire l’aborto in ogni ospedale. Per garantire alle persone LGBT tutti i diritti civili, sociali e giuridici senza alcuna distinzione di orientamento sessuale.

Seguire la via dell’Ottobre
La storia anche recente, ha dimostrato che perdurando il capitalismo non ci si può illudere che sia possibile cambiare le cose con un semplice cambio di governo, nemmeno se al governo andasse il movimento 5 stelle, perché anch’esso è al servizio del capitalismo e della classe dominante borghese.
Il capitalismo si combatte e si vince seguendo la via dell’Ottobre, abbandonando ogni illusione elettorale, parlamentare, governativa, costituzionale, riformista e pacifista, che già nel passato hanno fatto arenare il movimento delle donne nelle secche del partecipazionismo e della collaborazione di classe, e facendo affidamento solo sulla lotta di classe e di massa per far valere i propri diritti e le proprie rivendicazioni, fino alla conquista del socialismo e la presa del potere politico da parte del proletariato.
Sul piano elettorale l’unico modo per protestare, per far valere le proprie ragioni, per penalizzare i partiti del regime neofascista, comprese le nuove formazioni opportuniste e riformiste a sinistra del PD, e le istituzioni borghesi, è quello di astenersi, disertando le urne, oppure annullando la scheda o lasciandola in bianco a cominciare dalle prossime elezioni amministrative di primavera. Il PMLI sostiene tatticamente l'astensionismo elettorale e invita le astensioniste e gli astensionisti, in particolare quelli di sinistra, a qualificare politicamente il loro astensionismo considerandolo come un voto dato al PMLI e al socialismo. Ai referendum della CGIL, se ci saranno, bisogna invece andare ai seggi e votare 2 SÌ.
Noi vorremmo anche che l’attuale movimento femminile non si rinchiudesse nel perimetro ideologico, storico e politico del femminismo egemonizzato da forze piccolo borghesi e cattoliche riformiste e si aprisse alla storia e agli insegnamenti del movimento femminile internazionale e italiano egemonizzato dal proletariato e dal marxismo-leninismo.
Noi vorremmo che questo movimento si ponesse almeno l’obiettivo di conoscere e riscoprire, andando alle sue fonti e non accontentandosi della sua deformazione revisionista e femminista, ciò che il marxismo-leninismo-pensiero di Mao ha elaborato per smascherare le leggi economiche del sistema di produzione e di sfruttamento capitalistico e della sua sovrastruttura statale, giuridica, etica, morale, culturale e familiare. E quanto questa ideologia del proletariato sia fondamentale e di una ricchezza infinita per comprendere davvero l’origine, la natura e la causa dell’oppressione dell’uomo sulla donna e per capire come combatterla e conquistare l’emancipazione e la parità fra i sessi.

Dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso
Il PMLI fin dalla sua nascita, il 9 Aprile 1977, e già nei dieci anni precedenti della preparazione, si è posto come sua missione storica il compito di conquistare il socialismo in Italia e portare al potere politico il proletariato, la classe delle operaie e degli operai. Oggi alla vigilia del suo 40° anniversario le marxiste-leniniste e i marxisti-leninisti continuano a porsi con intatta e incrollabile fiducia questa missione storica, anche se siamo perfettamente coscienti che non abbiamo ancora le forze necessarie per assolvere pienamente questa missione.
Come ha sostenuto il nostro Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, nel discorso “Da Marx a Mao” tenuto il 9 Settembre dell’anno scorso: “Oggi più che preoccuparci di quando arriverà il socialismo, di quando avverrà la svolta rivoluzionaria della lotta di classe, di quando il proletariato si schiererà con noi, dobbiamo preoccuparci di dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso radicandolo ed estendendolo nelle città e regioni dove siamo presenti, in modo da ricavarne le forze per espanderlo in tutta Italia. Questo deve essere il nostro obiettivo strategico a medio termine. Questo è quello che ci è richiesto dall’attuale lotta di classe e dall’attuale situazione del nostro Paese. Se non ce la facciamo a raggiungere tale obiettivo a medio termine, non ci resta che rilanciarlo una o più volte fino a conquistarlo. Non tutto dipende da noi, cioè dalle nostre capacità e dal nostro impegno. Noi abbiamo in mano solo metà della chiave del problema, l’altra metà l’hanno la lotta di classe, il proletariato e le nuove generazioni”.
Le operaie, le lavoratrici, a cominciare dalle precarie, le disoccupate, le giovani, le studentesse, le intellettuali più coscienti e informate, più avanzate e combattive possono dare un contributo determinante in qualità e in quantità, all’obiettivo di dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso. Noi le invitiamo a unirsi in ogni forma al PMLI per realizzare insieme questo obiettivo strategico e avanzare così verso la costruzione di un mondo nuovo.
Viva l’8 Marzo, giornata internazionale delle donne!
Viva l’emancipazione delle donne!
Viva lo sciopero globale dell’8 Marzo!
Lottiamo contro il governo Gentiloni e il capitalismo, per il socialismo!
Viva l’Italia unita, rossa e socialista!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
* Responsabile della Commissione per il lavoro femminile del CC del PMLI

1 marzo 2017