Intervista del generale Graziano, Capo di Stato maggiore, a 'La Repubblica'
La “difesa” militare dell'imperialismo italiano si proietta nel Mediterraneo
“Fortemente voluta dal Quirinale, dal governo e dal ministro Pinotti”
Stravolti gli articoli 11 e 52 della Costituzione

In un'intervista a “La Repubblica” del 15 marzo il generale Claudio Graziano, capo di Stato maggiore della Difesa dal febbraio 2015, svela come le direttive strategiche disegnate nel Libro bianco della Difesa, messo a punto dalla ministra Pinotti e approvato dal Consiglio dei ministri del 10 febbraio scorso, siano già in avanzata fase di attuazione. E questo anche senza aspettare il via libera del parlamento al disegno di legge per la “riorganizzazione dei vertici del Ministero della difesa e delle relative strutture” e al pacchetto di deleghe al governo per la “revisione del modello operativo delle Forze Armate”, approvati contestualmente al Libro.
All'intervista, condotta da un servizievole e compiacente Gianluca Di Feo, il quotidiano di De Benedetti e Scalfari e diretto da Mario Calabresi dedica un'intera pagina, con tanto di ampio corredo fotografico che esalta il livello tecnologico delle forze armate italiane, e senza trascurare l'immancabile foto del soldato tricolore circondato da sorridenti bambini afghani, a sottolineare la perfetta sintonia con il governo Renzi-Gentiloni e la sua politica estera e militare interventista. Tutte le domande sono chiaramente concordate e formulate in modo “asettico”, così da permettere al militare di esporre la rinnovata strategia imperialista senza contraddittorio e come se si trattasse solo di un insieme di questioni puramente tecniche.
Per esempio, la prima domanda riguarda il cyberspazio, quello che per il compiacente giornalista “oggi è il campo di battaglia più importante”, e in cui “il nostro Paese sembra in ritardo”. E il generale, che nel nuovo ordinamento gerarchico è il comandante in capo di tutte le “forze armate integrate”, rassicura invece che ci si sta attrezzando, che è già stato creato il Cioc (Comando interforze operazioni cibernetiche), e che “stiamo pensando anche ad un reclutamento straordinario” tra i giovani più dotati, in particolare tra gli studenti universitari: “Già oggi – rivela orgogliosamente il generale – nella scuola di Chiavari abbiamo una sala per simulare azioni cyber, gestita in collaborazione con l'Università di Genova, ma dobbiamo cercare all'esterno queste professionalità, soprattutto negli atenei”.
Ecco spiattellato quasi con noncuranza, e senza la minima obiezione da parte del giornalista, uno dei programmi più gravi e pericolosi del Libro bianco, la militarizzazione dell'università e della ricerca al servizio del nuovo assetto aggressivo e interventista delle forze armate. Che è anche uno dei segni più tangibili dello stravolgimento degli articoli 11 e 52 della Costituzione, che sanciscono rispettivamente il rifiuto della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e il carattere espressamente difensivo e non mercenario delle nostre forze armate: esattamente l'opposto dell'esercito di soli volontari, fortemente integrato, superarmato e professionalizzato per “proiettarsi” più rapidamente ed efficacemente in missioni internazionali a supporto dei “nostri interessi nazionali” ovunque siano in gioco, come è stato disegnato nel Libro bianco della guerrafondaia Pinotti.
Tant'è che, imbeccato come da copione dal Di Feo, che evoca le parole chiave “difesa interforze” e “integrata”, Graziano non si fa pregare e spiega: “Questo è lo spirito della riforma approvata dal Consiglio dei ministri, fortemente voluta dal Quirinale, dal governo e dal ministro Pinotti; fortemente sostenuta da me e da tutte le forze armate come esigenza ineludibile: lo vedo dal confronto con altri Paesi e nella condotta quotidiana delle operazioni. Ai tempi della leva quando c'era una missione si improvvisava mettendo insieme il meglio disponibile, ma oggi non c'è nessuna attività che non richieda componenti di ciascuna forza: non ci possiamo permettere doppioni, l'integrazione è una scelta obbligata. Ad esempio alla luce dell'importanza che il Mediterraneo ha per il nostro Paese penso serva una forza di proiezione dal mare, una task force con assetti navali, terrestri e aerei”.
“Una sorta di marines italiani, unendo San Marco e Lagunari?”, suggerisce il giornalista di “Repubblica”. “Della capacità nazionale di proiezione dal mare – risponde a bomba il generale – si è cominciato a parlare nel 2001 (quindi sotto un governo di “centro-sinistra”, ndr), poi c'è stato qualche rallentamento ma dobbiamo accelerare. Si tratta di capacità a livello strategico e interforze: il singolo combattente agisce in mare, terra o cielo ma questo schieramento deve essere integrato sin dal tempo di pace”.
Coerentemente con il principio sancito nel Libro bianco che il Mediterraneo con i Paesi che vi si affacciano è il centro geo-strategico dei nostri interessi nazionali, Graziano rivela in pratica che “in tempo di pace” si sta preparando una “forza di proiezione da mare”, costituita da forze navali, aeree e terrestri e guidate da un unico comando integrato, in grado di bombardare, invadere e occupare militarmente qualsiasi regione ritenuta un “pericolo” per la sicurezza e gli interessi dell'Italia. A cominciare ovviamente dalla Libia, che per ascendenze storiche occupa il non invidiabile primo posto nella lista dell'imperialismo nostrano sempre più smanioso di ripercorrere le orme di Mussolini.
Che a “volere fortemente” e guidare questa trasformazione prettamente interventista e imperialista delle forze armate, in spregio agli articoli 11 e 52 della Costituzione ormai sempre più calpestata dagli scarponi militari, sia la “sinistra” borghese al governo, più ancora che la destra, non deve stupire più di tanto: basti pensare che anche Mussolini era socialista, prima di diventare uno sfegatato interventista e poi il capo del fascismo: la stessa parabola ripercorsa dall'ex PCI revisionista trasformatosi oggi nel nuovo partito fascista di Renzi.
 

22 marzo 2017