A 60 anni dalla fondazione dell'Ue imperialista
I governanti imperialisti europei impegnati a dare un futuro all'Europa col consenso dei popoli
Il “Libro Bianco” della Commissione europea traccia cinque scenari

Il primo ministro inglese Theresa May ha annunciato che il prossimo 29 marzo invierà la lettera che invoca ufficialmente l'applicazione dell'articolo 50 per l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea. A distanza di quasi nove mesi dal referendum del 23 giugno dello scorso anno che sancì la vittoria dell'opzione a favore della cosiddetta Brexit partirà il negoziato della separazione di Londra dai 27 partner dell'Unione europea. La conclusione dei negoziati è prevista per l'ottobre 2018, l'uscita definitiva entro marzo 2019, salvo proroghe concordate. Un percorso molto più breve è previsto per definire la riorganizzazione dell'Unione europea (Ue) nel “Libro bianco” della Commissione che indica il vertice del Consiglio europeo del dicembre 2017 come appuntamento per le prime conclusioni mentre le decisioni sulla linea d'azione sarebbero attese entro le elezioni del Parlamento europeo del giugno 2019 e le conclusioni della riorganizzazione entro il 2025.
Detto in altre parole, i governanti imperialisti europei sono impegnati a dare un futuro all'Europa imperialista ricercando il consenso dei popoli o quantomeno tentando di invertire il processo in corso dovuto a una devastante crisi economica oltreché politica che minaccia di frantumare la Ue da destra, sotto la spinta della crescita di razzismo, xenofobia e ultranazionalismo. Senza contare gli effetti sull'Europa e l'Ue, tutti da scoprire, della politica della nuova amministrazione americana di Donald Trump.
Nel vertice di Bratislava del 16 settembre scorso, il primo dopo il risultato del referendum favorevole all'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea (Ue), la superpotenza imperialista europea registrava divisioni su temi importanti quali immigrazione e economia; si salvava soltanto l'intesa sulla “difesa” della Ue ovvero sulla maggiore integrazione militare fra chi ci sta, non più ostacolata dalla presenza della filoatlantica Londra. I risultati erano annunciati nella conferenza stampa finale, in coppia dal presidente francese Francois Hollande e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel a dimostrazione della decisione dell'asse franco-tedesco di tenere in pugno la guida della riorganizzazione imperialista della Ue. E davano appuntamento al vertice di Roma del 25 marzo, per il 60 esimo anniversario della firma dei trattati fondativi dell'Ue, per iniziare il lavoro sulla base del “Libro bianco” il documento dato in carico al presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker.
Juncker svolgeva il suo compito e l'1 marzo presentava ufficialmente il suo elaborato. Ma non c'era bisogno di aspettare il vertice di Roma per un primo giudizio sui cinque scenari tracciati dal presidente della Commissione. Bastava il mini vertice a quattro del 6 marzo a Versailles affinchè Germania e Francia, cui erano associate Italia e Spagna, indicassero la strada. L’Europa è divisa tra Paesi che possono procedere a una velocità maggiore rispetto ad altri, quindi servono “cooperazioni diversificate” che dovranno “restare aperte” a tutti i Paesi che vorranno aderirvi, sintetizzava la cancelliera Angela Merkel, affermando che “dobbiamo avere il coraggio di accettare che alcuni Paesi possano andare avanti più rapidamente di altri” avvisando i partner che “se ci fermiamo tutto quello che abbiamo costruito potrebbe crollare. Abbiamo tutti l’obbligo di continuare la costruzione europea”. Germania, Francia, Italia e Spagna hanno “la responsabilità di tracciare la via. Non per imporla agli altri ma per essere una forza al servizio dell’Europa che dà impulso agli altri”, aggiungeva il presidente francese Francois Hollande indicando quello che potrebbe essere definito il “nocciolo duro” della Ue, cui tra poco si potrebbe aggiungere perlomeno l'Olanda che ha passato l'esame europeista alle elezioni politiche e il Belgio, altro paese fondatore.
Nella conferenza stampa di presentazione del “Libro bianco” Juncker avvertiva che “mentre altre parti del mondo si espandono, la popolazione e il peso economico dell'Europa diminuiscono. Entro il 2060 nemmeno uno degli Stati membri raggiungerà l'1% della popolazione mondiale, ragione pressante per restare uniti e ottenere maggiori risultati. La prosperità dell'Europa, forza globale positiva, continuerà a dipendere dalla sua apertura e dai forti legami con i partner”. Divisa l'Europa non conterà nulla, la sua forza imperialista verrà dall'unità, sosteneva Juncker presentando cinque possibili scenari.
Le ipotesi di ridurre l'Ue a 27 a un “semplice mercato unico” e quella di “fare meno in modo più efficiente” concentrandosi sul “produrre risultati maggiori in tempi più rapidi in determinate aree politiche e intervenendo meno nei settori per i quali non se ne percepisce un valore aggiunto”, sembrano messe lì per fare numero. L'ipotesi di andare avanti così sul programma di riforme per una maggiore unione in tutti i campi è scartata di fatto; se l'Ue continua come se nulla fosse cambiato è certamente perdente. Una ipotesi prevede che “chi vuole di più fa di più” con la Ue a 27 che “continua secondo la linea attuale ma consente agli Stati membri che lo desiderano di fare di più assieme in ambiti specifici come la difesa, la sicurezza interna o le questioni sociali. Emergeranno una o più 'coalizioni di volenterosi'”. La quinta ipotesi prevede che l'Ue decida di “fare molto di più insieme in tutte le aree politiche” e in particolare prevede che “gli Stati membri decidono di condividere in misura maggiore poteri, risorse e processi decisionali in tutti gli ambiti. Le decisioni di livello europeo vengono concordate più velocemente e applicate rapidamente”. Sulla scena internazionale, si sottolinea, l'Europa si esprime all'unisono. La difesa e la sicurezza diventano prioritarie. E infine si evidenzia che “in totale complementarietà con la Nato viene creata un'Unione europea della difesa”.
La quinta ipotesi è quella che potremmo definire “ideale” per la superpotenza imperialista europea ma di difficile se non impossibile realizzazione sotto le spinte dei singoli interessi imperialisti nazionali dei 27 paesi membri. Molto più realistica resta la costruzione dell’Europa a più velocità sponsorizzata dalla Merkel.

22 marzo 2017