Anniversario della fondazione del PMLI
40 anni sulla via dell’Ottobre tenendo alta la bandiera del marxismo-leninismo-pensiero di Mao

di Giovanni Scuderi *
Sono 40 anni, esattamente dal 9 Aprile 1977, che il PMLI marcia con fierezza e determinazione sulla via dell’Ottobre tenendo alta la bandiera del marxismo-leninismo-pensiero di Mao. I suoi primi pionieri, all’inizio solo in quattro, hanno cominciato a gettarne i presupposti nel 1967.
Lenin e Stalin trovarono in Marx ed Engels la risposta alla ricerca di quale via dovevano seguire per realizzare l’emancipazione del proletariato russo, noi l’abbiamo trovata in Mao. Questi, a sua volta l’aveva trovata in Lenin e Stalin. Così la racconta: “Prima della Rivoluzione d’Ottobre i cinesi ignoravano Lenin e Stalin, ma non conoscevano neppure Marx ed Engels. Le cannonate della Rivoluzione d’Ottobre ci portarono il marxismo-leninismo. La Rivoluzione d’Ottobre aiutò i progressisti cinesi e quelli di tutti i paesi ad adottare la concezione proletaria del mondo come strumento per studiare il destino della propria nazione e per esaminare d’accapo tutti i loro problemi. Seguire la strada dei russi, questa fu la loro conclusione” . (1)
Il 15 novembre del 1956, dopo nove mesi del famigerato XX Congresso del PCUS, che segna l’inizio della restaurazione del capitalismo in Urss, Mao ribadisce la validità universale della via dell’Ottobre con queste parole: “La Rivoluzione d’Ottobre è ancora valida? Può costituire o no un modello per tutti i paesi? Nel rapporto di Krusciov al XX Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica si dice che si può conquistare il potere seguendo la via parlamentare, ossia che i vari paesi possono fare a meno di prendere l’esempio della Rivoluzione d’Ottobre. Una volta aperta questa breccia, sostanzialmente si è gettato via il leninismo” . (2)
È stata la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, elaborata e diretta da Mao per impedire la restaurazione del capitalismo in Cina, che ci ha aperto gli occhi sul revisionismo, sul riformismo e sul parlamentarismo, che ci ha fatto scoprire il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, che ci ha fatto capire che senza teoria rivoluzionaria e partito rivoluzionario è impossibile praticare una lotta di classe conseguente e che ci ha spinto sulla via della Rivoluzione d’Ottobre, che non abbiamo più abbandonato e non abbandoneremo mai, qualsiasi cosa ci dovesse accadere.
Questo perché la Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre, di cui quest’anno ricorre il centenario, ha dimostrato inconfutabilmente che è l’unica via che consente al proletariato di liberarsi del capitalismo e della borghesia, di conquistare il potere politico e di costruire la propria società, il socialismo; l’unica via capace di trasformare la società e gli esseri umani e di gettare le condizioni per eliminare tutte le cause economiche, istituzionali, politiche, culturali e morali dell’esistenza delle classi, dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, delle disuguaglianze sociali, di genere e territoriali, delle ingiustizie sociali, della disoccupazione, della miseria, della violenza dell’uomo sulla donna, del fascismo, del razzismo, dell’omofobia, delle guerre imperialiste, della devastazione ambientale.
Prima del PMLI, nel 1921, ci avevano provato i gloriosi fondatori del PCI a percorrere la via dell’Ottobre, ma fin da subito essa è stata sabotata dall’“ultrasinistrismo”, dal dogmatismo e dal settarismo di Bordiga e successivamente dal revisionismo di Gramsci con la “guerra di posizione” e di Togliatti con la “via italiana al socialismo”. I percorsi indicati da entrambi non uscivano di fatto dai confini del capitalismo, delle istituzioni borghesi e della democrazia borghese. L’VIII Congresso del PCI svoltosi nel 1956, non a caso dopo quello kruscioviano, sancisce definitivamente la rinuncia al socialismo, dal momento che Togliatti dichiara che la Costituzione borghese del 1948 costituisce l’alfa e l’omega del programma del partito.
Il PMLI invece tiene dritta la barra verso il socialismo e al III Congresso svoltosi nel dicembre 1985 ne traccia i lineamenti fondamentali prevedendo il pieno coinvolgimento delle masse rivoluzionarie nella sua costruzione. Concetto ribadito in occasione della commemorazione pubblica di Mao dell’8 settembre 1991 in cui abbiamo detto che nel socialismo “le masse sotto la guida del proletariato devono dirigere e controllare tutti i settori dell’economia, dello Stato, della politica e ogni altra parte della sovrastruttura, e i dirigenti del Partito e dello Stato devono essere dei veri proletari nell’ideologia, nella politica e nella pratica sociale, vivendo in mezzo agli operai con gli stessi salari e negli stessi alloggi”.
Ci sono in Italia altri due partiti che si dichiarano per il socialismo, ma non ci sembrano al momento credibili e affidabili. Uno di essi per il passato revisionista, riformista, parlamentarista e governativo della maggioranza dei suoi dirigenti, mai autocriticatosi, e perché non ha ancora dedicato una sola parola alla lotta storica contro il revisionismo condotta da Mao a livello internazionale e dal PMLI a livello nazionale e non si è espresso chiaramente sulla violenza rivoluzionaria e sulla rivoluzione proletaria.
L’altro perché mentre esalta il terrorismo reazionario delle sedicenti “Brigate rosse” predica il voto al M5S e a De Magistris e la difesa e l’applicazione della Costituzione. Entrambi si rifanno a Gramsci e al trotzkista Secchia.
C’è anche un “nuovo” raggruppamento di operaisti, trotzkisti, centri sociali e altri che si è di recente dichiarato per il socialismo, senza però approfondire la questione. Vedremo, ma pare già di capire che sia lontano, se non contrario, all’esperienza socialista sovietica e cinese.
Tuttavia il PMLI, al di là di ogni differenza ideologica e strategica, è disponibile ad allearsi con tutte le forze che si richiamano al socialismo, in un modo o in un altro, in particolare con quelle che hanno la bandiera rossa con la falce e martello, sulle questioni politiche, sindacali, sociali di comune interesse, in primo luogo la lotta contro il governo Gentiloni e il PD del nuovo duce Renzi.
Il PMLI è anche disponibile ad allearsi con i partiti e i movimenti democratici borghesi che si richiamano alla Costituzione del 1948 e che pongono al centro del loro programma la sua applicazione. Pur consapevole che tale Costituzione non esiste più essendo stata più volte riformata da destra, i cui esempi più eloquenti sono il titolo V e l’articolo 81 sul pareggio di bilancio. E pur consapevole che essa consente al presidente della Repubblica e ai governi in carica di violarla impunemente. Vedi i governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni insediatisi senza che l’elettorato sia stato consultato. Vedi le leggi del governo Renzi sul Jobs Act e sulla “Buona scuola” e quelle del governo Gentiloni sulla “Difesa” militare che viola gli articoli 11 e 52 della Costituzione e sulla Flat tax che premia i superricchi violando gli articoli 3 e 53 della Costituzione. Vedi infine il salvataggio del pregiudicato Minzolini in violazione della legge Severino.
Tutte le forze democratiche, antifasciste e progressiste dovrebbero unirsi per cacciar via con moti di piazza questo governo che applica la politica interna di lacrime e sangue e la politica estera interventista e guerrafondaia del governo Renzi.
Bisognerebbe approfittare della profonda crisi economica e finanziaria in cui versa il capitalismo italiano dal 2008 e della frantumazione partitica della “sinistra” borghese, dopo la severa e salutare lezione che hanno ricevuto Renzi e i suoi protettori e finanziatori internazionali e italiani al referendum costituzionale del 4 dicembre, per spostare in avanti le lancette della storia. Che però rimarranno ferme se si realizza un governo del M5S, che depotenzia e incanala nelle istituzioni la rabbia popolare, oppure un governo di “centro-sinistra” più spostato a sinistra, con o senza il PD di Renzi.
Nelle attuali condizioni del nostro Paese, in cui vige un contrasto insanabile tra il proletariato e la borghesia, le lancette della storia si spostano in avanti solo se di sviluppa la lotta di classe, e l’emersione e l’esplosione del movimento Non una di meno l’8 Marzo è di buon auspicio, fino in fondo contro il capitalismo, la classe dominante borghese e i loro governi qualunque etichetta essi portano. Noi marxisti-leninisti italiani cercheremo di spingerla fino all’insurrezione del proletariato e delle masse lavoratrici e popolari.
Come dimostra la storia, gli sfruttati e gli oppressi non hanno altro mezzo per liberarsi dei loro sfruttatori e oppressori e conquistare il potere politico. La via parlamentare a essi è preclusa, e perciò devono usare l’arma dell’astensionismo elettorale tattico anche alle prossime elezioni amministrative, considerando l’astensionismo come un voto dato al PMLI e al socialismo.
Tutto quanto abbiamo qui scritto, in occasione del 40° Anniversario della fondazione del PMLI, lo poniamo all’attenzione del proletariato, delle masse popolari e lavoratrici, compresi i braccianti e i contadini italiani e immigrati, più coscienti e informati e alle ragazze e ai ragazzi rivoluzionari perché riflettano sulla via da seguire per soddisfare interamente i loro interessi immediati e futuri. Consapevoli che la scelta è una sola: socialismo o capitalismo.
Il nostro auspicio è che le file della marcia del PMLI sulla via dell’Ottobre si ingrossino progressivamente sempre più per avvicinare il tempo dell’avvento dell’Italia unita, rossa e socialista.
Firenze, 21 marzo 2017
 
* Segretario generale del PMLI
 
1 – Mao, Sulla dittatura democratica popolare, 30 giugno 1949, opere scelte, Casa editrice in lingue estere – Pechino, vol. IV, pp. 425-426
2 – Mao, Discorso alla II Sessione plenaria dell’VIII Comitato centrale del Partito comunista cinese, 15 novembre 1956, in Mao Zedong “Rivoluzione e costruzione, scritti e discorsi 1949-1957, Einaudi edizioni, pp. 454-455

29 marzo 2017