Alle porte di Firenze
Polveri radioattive nella cava-discarica di Paterno
Dalla composizione delle società partecipate che gestivano l’impianto assieme al privato, emerge la regia PDS, DS, PD e delle loro banche, nella nuova “Terra dei Fuochi” Toscana

Redazione di Firenze
L’ultima bomba ecologica scoperta in Toscana è l'ex-cava di calce di Paterno, a Vaglia, in provincia di Firenze, poi trasformata in discarica e sequestrata nell’estate scorsa. Qui negli anni sono confluiti i fanghi delle gallerie del Tav (Treno alta velocità) toscano, gli scarti tossici delle concerie di Santa Croce e quelli dello stabilimento Solvay di Rosignano, oltre a pneumatici e scarti dell’edilizia contenenti amianto; tuttavia il materiale potenzialmente più pericoloso è il polverino (polverino 500 MESH), lo scarto dei lavori di taglio e finitura dei metalli che contiene piombo, rame, nichel e cromo, e che proviene da rocce vulcaniche o effusive contenenti un’alta radioattività naturale.

Una Terra dei fuochi Toscana?
Il percorso di questo materiale, proveniente da Aulla al confine tra la provincia di Massa Carrara e la Liguria, e smaltito irregolarmente alla discarica di Paterno nel Mugello e chissà in quali altri luoghi, sta delineando i tratti di una potenziale “terra dei fuochi” toscana. A Paterno nel 2013 sono stati depositati, oltre a tutto il resto, anche 1.300 grandi sacchi di polverino e, secondo le intercettazioni, ne sarebbero dovute arrivare circa 1.500 tonnellate. “Quanta roba c’è costì?”, chiede il gestore della discarica al telefono. E da Aulla gli rispondono: “Cinquanta viaggi… 1.500 tonnellate”. L’anno scorso è stata disposta un’analisi del contenuto dei sacchi e gli esperti dell’Università di Pisa assieme all’Arpat hanno misurato una radioattività fino a 60 volte superiore alla media della discarica. Successivamente sono state effettuate indagini epidemiologiche sugli abitanti del luogo che hanno mostrato una incidenza maggiore del tumore al seno e livelli di mortalità doppi rispetto alla norma. Nonostante ciò, secondo le autorità competenti, era sostanzialmente “tutto nella norma”. Un quadro comunque allarmante anche perché, a pochi metri dalla discarica, scorre il torrente Carzola, affluente della Sieve che termina la sua corsa in Arno. Un vero e proprio potenziale disastro ambientale. Ma non è tutto; secondo gli investigatori a Paterno, dagli anni ‘90 i rifiuti pericolosi sarebbero stati mischiati con la calce destinata all’edilizia, come ha dichiarato un ex dipendente della discarica: “Mi ricordo che venivano portati nel capannone o nello stabilimento della calce alcuni carichi di fanghi provenienti dalle concerie, che emanavano un odore nauseabondo. Questi fanghi venivano lavorati con la calce o il cemento… È andata avanti per circa un anno, poi i nostri clienti si sono lamentati perché i prodotti ottenuti con questo procedimento non erano di buona qualità e avevano un odore terribile. Abbiamo perso molti clienti”.

Le intercettazioni
Nel fascicolo d’inchiesta, ora in mano al pm Giovanni Arena della Direzione Distrettuale Antimafia di Genova, sono evidenziate alcune trascrizioni di intercettazioni che mostrano come si volesse usare il polverino di Aulla: ripristini ambientali, mescolato per produrre sabbia umida, oppure rifilato a Libia, Iran e Iraq, usandolo come zavorra per le navi o contrappeso per le gru. “Una parte dei sacconi di polverino – annotano gli investigatori – sono già stati allontanati dalla discarica, in quanto ceduti a una persona che li avrebbe utilizzati per spanderli su un terreno agricolo”. Al compratore ignaro, la terra radioattiva fu presentata come ottima: “Con questa puoi metterci le patate”. Altre intercettazioni rivelano anche la presenza politica dietro all’affare polverino. Già nel 2010 il sindaco piddino di Vaglia, Fabio Pieri propone alla provincia di Firenze, tenendo all'oscuro la popolazione, di inserire il sito di Paterno fra i candidati ad accogliere eternit rimosso. Il 21 dicembre 2013 ecco al telefono ancora Pieri, incredibilmente non coinvolto nell’inchiesta sul polverino, con l’imprenditore che gestiva prima la cava e che poi ha trasformato in discarica. Parlano di Leonardo Borchi, ex comandante dei vigili urbani che ha intenzione di candidarsi alle primarie del “centro-sinistra” al comune, pubblicamente schierato contro la discarica. “Se passa lui, Vaglia può chiudere”, esclama il gestore della discarica; il sindaco piddino allora sbotta: “Bisogna lavorare perché (il sindaco, ndr) non lo faccia lui”. Poi Borchi sarà eletto e le problematiche di Paterno, rese note. Per comprendere però al meglio il groviglio affaristico nascosto dietro "Il caso Paterno" è interessante evidenziare l'assetto proprietario della cava a partire dall'impresa “Industriale Vaglia” della famiglia Lanciotto Ottaviani, ultima comproprietaria dell'area cava-discarica, assieme con la società a capitale misto pubblico-privato “Produrre pulito Spa”. I soci di Produrre Pulito sono Consiag (22,32%), Cna (18,60%), Quadrifoglio (6,95%) e Infrastrutture Leggere (52,13%). A sua volta i soci di Infrastrutture Leggere sono: Cooplat (49%) e Sta Spa (51%). Sta è costituita da Cooplat (9,5%), Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio (9,5%), Banca Mps (12,15%), Uch Holding (68,85%) e ha partecipazioni in molte aziende di gestione e smaltimento di rifiuti Toscane. Di Uch infine, fanno parte Unieco (49%), la società cooperativa Castelnuovese (50%) e Iren Ambiente (1%). Sì, proprio la stessa Castelnuovese, più volte indagata per i suoi business sui rifiuti in mezza Toscana e per i favori ricevuti da Banca Etruria – entrambe in passato presiedute dall’ex-democristiano Lorenzo Rosi che in Etruria lasciò il posto a papà Boschi - e nelle speculazioni derivanti dalla costruzione di Outlet (su tutti il “The Mall” di Leccio, sempre in provincia di Firenze) nei quali figura anche il nome di Tiziano Renzi, padre dell’ex premier. In pratica tutte aziende cooperative o partecipate e banche legate a doppio filo prima col PDS, poi DS e infine PD che emerge prepotentemente dalle inchieste come assoluto regista, seppur dalle retrovie, degli smaltimenti illeciti.

L’inchiesta sul traffico illegale di rifiuti ancora in corso
Nel novembre scorso i gestori della ex cava ed ex fornace, Lanciotto e Tullia Ottaviani, sono stati condannati in primo grado per abbandono di rifiuti e omessa bonifica. C’è poi un secondo fascicolo del pm fiorentino Luigi Bocciolini che indaga sulla mancata autorizzazione allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Ma il filone più importante è quello che riguarda il traffico toscano di rifiuti, tutt’ora in corso ed in mano ai pm genovesi per competenza dello stabilimento di partenza del polverino. Di recente il consiglio regionale toscano ha approvato all’unanimità una mozione proposta da SI - Toscana a Sinistra, che elimina per sempre la destinazione di discarica per il sito dopo la bonifica che dovrebbe arrivare. Adesso la Regione mette a disposizione tecnici e – forse – risorse economiche da reperire “anche con il coinvolgimento del Ministero dell’Ambiente”, ma dov’erano le istituzioni in tutti gli anni nei quali il traffico illecito di rifiuti a Paterno inquinava irrimediabilmente il Mugello? Dov’era il PD mentre un suo sindaco consentiva tale scempio? Dov’era l’attenzione delle “opposizioni” quando tutto ciò accadeva? Un po’ poco per la popolazione mugellana e per una terra che negli ultimi decenni ha pagato un caro prezzo dal punto di vista ambientale su più fronti, da quello dei rifiuti, dal traffico al suo smaltimento in discariche e inceneritori, fino ai dannosissimi lavori dell’Alta Velocità che hanno irrimediabilmente compromesso territorio e falde acquifere.

10 maggio 2017