Appena eletti all'Ars
De Luca arrestato Tamajo indagato
L'esponente Udc è ritenuto il boss di un “sodalizio criminale dedito alla realizzazione di una rilevante evasione fiscale di circa 1.750.000 euro”. Il boss di Sicilia Futura sostenitore di Micari (“centro-sinistra”) è accusato di voto di scambio

Neanche il tempo di festeggiare l'elezione all'Assemblea regionale siciliana, avvenuta domenica 5 novembre, che subito due deputati della stessa Ars sono finiti uno in manette e l'altro indagato.
L'8 novembre è toccato a Cateno De Luca, deputato Udc eletto con un record di 5.418 preferenze e sostenitore del neogovernatore fascista Nello Musumeci, finito in manette su ordine della procura di Messina con l'accusa di “associazione per delinquere finalizzata alla realizzazione di una rilevante evasione fiscale di circa 1.750.000 euro”.
Due giorni dopo si è mossa la procura di Palermo che ha notificato un avviso di garanzia a Edmondo Edy Tamajo, appena eletto con quasi 14 mila preferenze nelle file di Sicilia Futura, che ufficialmente sosteneva il candidato del “centro-sinistra” Fabrizio Micari.
Tamajo è stato il più votato a Palermo, il terzo in Sicilia. La procura lo accusa di aver letteralmente comprato gran parte delle preferenze pagandole 25 euro l'una e perciò deve rispondere di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale.
Per quanto riguarda De Luca la procura di Messina ritiene invece che il boss dell'UDC, già deputato dell’Ars ed ex sindaco di Fiumedinisi (in provincia di Messina) è il promotore di “un complesso reticolo societario facente capo alla Federazione Nazionale Autonoma Piccoli Imprenditori ed alla società Caf Fenapi s.r.l., riconducibile, direttamente o indirettamente, a De Luca e al suo stretto collaboratore Carmelo Satta, utilizzato, nel corso del tempo, per porre in essere un sofisticato sistema di fatturazioni fittizie finalizzate all’evasione delle imposte dirette ed indirette”.
Le fatture, secondo il procuratore di Messina Maurizio De Lucia, erano gonfiate con costi inesistenti, da parte della Federazione Nazionale a vantaggio del Caf fenapi “individuato quale principale centro degli interessi economici del sodalizio criminale. La frode si è sviluppata basandosi sul trasferimento di materia imponibile dal Caf alla Federazione Nazionale, in virtù del regime fiscale di favore applicato a quest’ultima, che ha determinato un notevole risparmio di imposta”. La conclusione, per gli investigatori delle Fiamme Gialle, è che con questo meccanismo la società ha ottenuto “un indebito risparmio” di 1.750.000 sia ai fini Iva che delle Imposte sui redditi delle società”.
Nell’indagine sono indagate otto persone ed è stato disposto il sequestro per equivalente, fino all’ammontare dell’illecito risparmio di imposta, sia nei confronti degli arrestati che nei confronti della società Caf Fenapi.
Oltre a De Luca e Satta, nell’inchiesta sono coinvolti anche Cristina e Floretana Triolo, Antonino Bartolotta, Giuseppe Ciatto, Domenico Magistro, Francesco Vito, Carmelina Cassaniti e Fabio Nicita. Per loro, tutti denunciati, non è stata chiesta la misura cautelare. Tra gli indagati anche la srl Caf Fenapi.
Le Triolo sono due collaboratrici di De Luca e lavorano anche al Fenapi, Ciatto è un commercialista che fa le dichiarazioni fiscali del Caf Fenapi, Nicita è il vicepresidente del cda del Fenapi, Cassaniti legale rappresentante del Caf Fenapi, Bartolotta è uno stretto collaboratore di De Luca, Magistro è presidente del collegio sindacale del Caf Fenapi e Vito è il responsabile dell’area fiscale del Caf.
"La spregiudicatezza e la pervicacia degli indagati, e soprattutto di colui che risulta essere il capo e promotore di questa organizzazione illecita - scrive il Gip nella sua ordinanza - si palesa anche attraverso i contegni assunti durante gli accertamenti allorquando... gli stessi si prodigano nel confezionare ad arte i documenti... lasciando chiaramente trapelare la preoccupazione di sistemare le carte dando ad esse una parvenza di regolarità e legalità al fine di superare indenni i controlli fiscali". Una "spregiudicatezza e caratura criminale", dice ancora il Gip, che si manifesta anche nel meccanismo "assai affinato, complesso ed articolato delle frodi fiscali" messe in atto.
L’inchiesta che ha portato all’arresto di De Luca è partita dalla denuncia di un avvocato, Giovanni Cicala, nominato assistente legale del Caf Fenapi srl, in seguito ad alcuni accertamenti svolti sulle attività della società dalla Guardia di Finanza.
Cicala riceve dalla società alcuni documenti per impostare la linea difensiva ma si accorge che le carte ricevute non sono congrue. Soprattutto scopre che il vero dominus della società è De Luca mentre Satta è solo formalmente il legale rappresentante della Caf Fenapi srl. Quindi il legale rinuncia all'incarico e denuncia tutto alla magistratura.
“De Luca mi fece presente - ha dichiarato fra l'altro Cicala agli inquirenti - che il suo problema era evitare che potessero risalire a lui nella gestione del Caf Fenapi”. Il legale definisce la srl "una creatura" del parlamentare. “Che è come una famiglia per lui - aggiunge - che dà lavoro a un sacco di persone”.
Già candidato governatore, De Luca fu arrestato una prima volta nel giugno del 2011 per tentata concussione e abuso d’ufficio nell'ambito dell'inchiesta sul “sacco di Fiumedinisi” una mega speculazione edilizia studiata a tavolino per avvantaggiare indebitamente le aziende edili di famiglia nel piccolo comune sui Peloritani di cui De Luca è stato sindaco. Per questo procedimento il Pm aveva chiesto una condanna a 5 anni ma l'11 novembre la seconda Sezione penale del Tribunale di Messina – presidente, Mario Samperi – l’ha mandato assolto.
Un'assoluzione che fra l'altro comporta la mancata attivazione della “legge Severino” che, in caso di condanna, avrebbe invece comportato la sospensione automatica di De Luca dalla carica di deputato regionale all’Ars.
Nel corso della recente campagna elettorale per le regionali De Luca è stato ripetutamente indicato come il recordman dei tanti candidati impresentabili con ben 15 procedimenti penali aperti a suo carico. Tant'è che, al momento di questo secondo arresto, lui stesso, violando il provvedimento del giudice, ha postato su Facebook un video in cui fra l'altro dichiara sibillinamente: “Sapevo già che mi avrebbero arrestato, perché in certi ambienti mi avevano avvertito”. La talpa, precisa ancora De Luca, è un “noto personaggio della politica siciliana legato alla massoneria e parente molto stretto di magistrati”.
Ciò conferma che ormai tutte le istituzioni borghesi sono corrotte fino al midollo mentre esiste una vasta palude di magistrati che sempre più spesso invece di perseguire e punire severamente i pochi casi di malaffare che faticosamente vengono a galla li insabbia con provvedimenti e sentenze a dir poco vergognose.

22 novembre 2017