Sicilia
Il neodeputato Genovese (Fi) indagato
È accusato come il padre di riciclaggio ed evasione fiscale. Sequestrati 30 milioni alla famiglia
A meno di un mese dalle elezioni sono già una mezza dozzina i deputati siciliani finiti nelle grinfie della magistratura

Il nuovo parlamento siciliano, uscito dalle elezioni del 5 novembre, non si è ancora insediato ma già si contano sei indagati fra deputati e consiglieri neoeletti e candidati impresentabili finiti nelle grinfie della magistratura per reati gravi e infamanti che vanno dalla corruzione, al voto di scambio, truffa, riciclaggio, evasione fiscale e mafia.
L'ultimo degli inquisiti in ordine temporale è Luigi Genovese, 21 anni, il più giovane dei 70 deputati dell'Ars, eletto nella lista di Forza Italia nel collegio di Messina con un record di circa 18 mila voti.
Insieme alla madre e ad altri familiari Genovese è indagato per riciclaggio, auto-riciclaggio, sottrazione fraudolenta di beni ed evasione fiscale dalla procura di Messina.
Secondo gli inquirenti il giovanissimo neodeputato ha fatto da tramite in una serie di operazioni societarie che hanno consentito alla famiglia di portare all’estero e nascondere al Fisco oltre 16 milioni di euro.
Il suo exploit elettorale è il frutto dell'eredità politica di suo padre, Francantonio Genovese, boss politico ed ex deputato PD coinvolto alcuni anni fa in un'inchiesta sui corsi d'oro della formazione siciliana e già condannato in primo grado a 11 anni di reclusione.
Nonostante la pesante condanna, Genovese senior ha continuato a fare il deputato perché per i reati per i quali è accusato (associazione per delinquere, riciclaggio, peculato, frode fiscale e truffa) la legge Severino non prevede la decadenza. Il PD per salvarsi la faccia, alla Camera ha votato a favore del suo arresto e per tutta risposta Genovese, appena finiti i domiciliari, è passato a Fi portando in dote a suo figlio il pacchetto di voti che controlla.
Ai Genovese sono stati sequestrati 30 milioni di euro. A scovare il denaro è stata la Guardia di finanza, su delega della Procura di Messina. Il tesoro è stato scoperto in Svizzera. Si tratta di soldi che, secondo gli investigatori, i Genovese hanno accumulato in anni di evasione fiscale. I finanzieri hanno trovato anche una polizza assicurativa di 16 milioni, praticamente l’importo del denaro paterno, stipulata nel 2005 con la società Credit Suisse Life Bermuda Ltd da Francantonio Genovese. “Il prodotto finanziario – spiegano gli inquirenti – è, palesemente, finalizzato ad occultare capitali all’estero”.
Gli investigatori hanno inoltre scoperto che, a partire dal 2013, sono stati spostati oltre 10 milioni dalla Svizzera su un conto della banca Julius Bar, intestato alla società panamense Palmarich Investments S.A. e riconducibile a Francantonio Genovese e a sua moglie. Davanti ai Pm Genovese ha cercato di giustificare il mal tolto parlando di una eredità del padre che, però, all’epoca era ancora in vita. Per anni l'ex parlamentare PD ha prelevato tanti soldi, circa 8 milioni dai conti esteri. Spese familiari, sostiene. “Andavamo a molti matrimoni e poi la mia attività politica è dispendiosa”, si è giustificato. Ma per la Finanza “E’ evidente che i prelevamenti appaiono, in prima battuta, finalizzati a smobilizzare l’investimento estero con finalità di ulteriore riciclaggio e auto-riciclaggio”.
Il Fisco contesta ai Genovese un’evasione di 20 milioni. E Francantonio, nel tentativo di sfuggire all’aggressione patrimoniale, si è spogliato di tutto il patrimonio finanziario, immobiliare e mobiliare a lui riconducibile, attraverso la società schermo Ge.fin srl (ora L&A Group srl) e Ge.pa. srl, di cui deteneva il 99% e il 45% delle quote sociali, trasferendo le quote al figlio Luigi. Il Gip, che parla di “pervicacia criminale dei Genovese” è certo che il giovanissimo deputato dell’Assemblea regionale siciliana fosse consapevole di quel che faceva. “Il suo notorio ingresso in politica, il modo spregiudicato di acquisizione della ricchezza, danno la probabilità, sia pur per la visione cautelare di protezione dei beni e dei soldi dovuti allo Stato, che si verifichi la stessa attività del padre”, scrive il Gip.
In particolare ai Genovese sono stati sequestrati più di 25 milioni in contanti su conti Julius Bar di Montecarlo, Unicredit, Banca di credito peloritano a Messina. E ancora: la villa di Ganzirri dove la famiglia abita, alcuni appartamenti tra Roma, Messina e Taormina, le quote societarie della L&A e della Gepa, trasferite al figlio Luigi, il patrimonio al quale la Guardia di Finanza di Messina ha posto i sigilli in esecuzione del provvedimento disposto dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dai sostituti Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti con il visto del procuratore De Lucia.
Prima di Luigi Genovese altri deputati dell'Ars sono stati raggiunti da un avviso di garanzia. Si tratta di Riccardo Savona, parlamentare di Forza Italia, accusato insieme alla moglie di presunte compravendite fittizie di immobili (vedi articolo a parte).
Un’altra indagine ha coinvolto l’ente di formazione l’Isfordd, di cui fino a pochi mesi fa era presidente Tony Rizzotto, primo deputato leghista all’Assemblea regionale siciliana a finire nella lista degli indagati per peculato (vedi articolo a parte).
Poi c'è Edy Tamajo, deputato di Sicilia Futura, accusato di voto di scambio. Secondo alcune intercettazioni il parlamentare avrebbe pagato 25 euro per ogni voto alle scorse regionali. Alle regionali del 5 novembre Tamajo è risultato il più votato a Palermo nella lista di Sicilia futura, una formazione che fa capo all'ex ministro Salvatore Cardinale e che ha sostenuto il candidato presidente del centrosinistra Fabrizio Micari.
Il voto di scambio è al centro di un'altra inchiesta della procura di Catania che indaga sul caso di Antonio Castro (Forza Italia): in un servizio delle Iene una donna ha raccontato di avere ricevuto in campagna elettorale una promessa di 50 euro in cambio del voto per Castro che tuttavia, non è riuscito a farsi eleggere.
Poi c'è Cateno De Luca, il deputato Udc arrestato lo scorso 8 novembre per evasione fiscale e nei giorni scorsi rimesso in libertà dopo circa due settimane di domiciliari.
Nella melma del malaffare è finito anche Fabrizio La Gaipa, candidato del M5s alle elezioni del 5 novembre scorso e primo dei non eletti, arrestato con l’accusa di estorsione. Il titolare dell’albergo “Costazzaurra” di San Leone è ai domiciliari. Il Gip Stefano Zammuto ha rigettato, infatti, la richiesta presentata dai suoi legali.
A Catania un altro "mister preferenze", Luca Sammartino, eletto con oltre 30 mila voti nella lista del PD, ha annunciato querele contro chiunque alimenti la notizia secondo cui un'anziana donna interdetta, ricoverata in una casa di cura, sia stata indotta a votare per lui. Su questa vicenda la Procura ha aperto un'inchiesta a carico di ignoti dopo la denuncia presentata dal figlio della donna e non è escluso che nei prossimi giorni Sammartino venga convocato in procura.

6 dicembre 2017