Lo status di Gerusalemme

 
La risoluzione numero 181 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, approvata il 29 novembre 1947, decretò la fine del Mandato britannico sulla Palestina e la creazione di due Stati sovrani indipendenti. Dai due stati era esclusa la città di Gerusalemme che era definita “un corpus separatum sotto un regime internazionale speciale” e amministrata dall'Onu. I sionisti pur di incassare il regalo della creazione di Israele accettarono lo status speciale per Gerusalemme, pur iniziando a lavorare da subito per annettersela. Ebbe inizio da allora il balletto tra Onu e Tel Aviv sulla condizione formale della città palestinese; nel 1949 l'Onu ribadì la sua posizione nella risoluzione 303 dell'Assemblea Generale, il regime di Tel Aviv la respinse e proclamò la città capitale di Israele trasferendoci le sedi istituzionali; dal 1949 al 1967 la città è stata divisa in due zone, fino alla guerra dei Sei giorni in seguito alla quale finì sotto il totale controllo di fatto dei sionisti, assieme alla Cisgiordania e alla Striscia di Gaza. L'Onu ribadì lo status di Gerusalemme e non ha mai riconosciuto l'occupazione sionista.
Anche quando nel 1980, la Knesset, il parlamento di Tel Aviv, approvò la cosiddetta Legge Fondamentale, che proclamava Gerusalemme “unita ed indivisibile” capitale ufficiale dello stato l'Assemblea generale dell'Onu la respinse denunciando che “qualsiasi azione intrapresa da Israele, la Potenza occupante, imporre le sue leggi, giurisdizione e amministrazione sulla Città Santa di Gerusalemme sono illegali e quindi nulle e prive di validità, e invita Israele a cessare tutte queste misure illegali e unilaterali”. La risoluzione dell'Assemblea non era vincolante ma quella successiva del Consiglio di sicurezza sì, come la numero 478 che definiva la legge israeliana una violazione del diritto internazionale e consigliava agli stati membri a continuare a non avere la loro rappresentanza diplomatica nella città. Una decisione formalmente ancora valida.

13 dicembre 2017