Si vota il 4 marzo
Disertiamo le urne contro il capitalismo, per il socialismo
Di Maio rivendica al M5S di essere “l'ultimo argine all'astensionismo”
Nel messaggio di capodanno Mattarella scongiura l'elettorato a non astenersi

Il 28 dicembre, con la firma sul decreto del governo di scioglimento delle Camere, Mattarella ha annunciato ufficialmente la fine della XVII legislatura e l'inizio della campagna elettorale per eleggere il nuovo parlamento. Si voterà il 4 marzo, e per il 23 marzo è fissata la prima riunione delle Camere per l'elezione dei rispettivi presidenti.
La preoccupazione del capo dello Stato, già da lui espressa pochi giorni prima in occasione della cerimonia degli auguri al Quirinale, è ora tutta rivolta a incoraggiare la partecipazione popolare al rito elettorale, consapevole che un'altra elezione che vedesse un astensionismo uguale o addirittura superiore a quello delle ultime consultazioni darebbe un colpo di grazia alla legittimità e credibilità delle istituzioni rappresentative borghesi, che a questo riguardo hanno già toccato un minimo storico.
Questo problema non è facile da risolvere, e Mattarella ne è talmente consapevole che lo ha evocato anche in testa al suo messaggio di Capodanno, in cui si è augurato “un'ampia partecipazione al voto e che nessuno rinunzi al diritto di concorrere a decidere le sorti del nostro Paese”. Si è spinto fino al punto di rivolgere una sorta di appello patriottico ai giovani nati nel 1999 che voteranno per la prima volta, facendo un assurdo parallelo con i “ragazzi del 99” che cento anni fa furono mandati al macello nelle trincee della prima guerra mondiale. E questo per dire loro quanto sono fortunati a poter votare, perché “a differenza delle generazioni che ci hanno preceduto, viviamo nel più lungo periodo di pace del nostro Paese e dell'Europa”: una predica quantomai ipocrita, visto come viene violato sistematicamente l'articolo 11 della Costituzione e le numerose missioni di guerra – dall'Afghanistan, all'Iraq e ora anche in Niger – in cui l'Italia imperialista è impegnata.
Ma non è solo la più alta carica dello Stato a preoccuparsi per l'astensionismo. Tutti i leader politici dei partiti della destra e della “sinistra” borghese in lizza temono l'astensionismo e lo considerano il loro primo nemico da battere, perché sanno benissimo che in ogni caso un alto tasso di astensionismo li porterebbe alla sconfitta o svuoterebbe e ridicolizzerebbe i loro proclami di vittoria. Se continua l'attuale tendenza, infatti, la soglia del 50% di astenuti sarà velocemente raggiunta, il che significa che chiunque vinca rappresenterà al massimo un quarto dell'elettorato o poco più.
Ecco perché tra i più solerti esorcisti del “demone astensionista” troviamo anche chi, come il Movimento 5 Stelle, si era presentato come il movimento “antisistema” per antonomasia, salvo poi, assaggiati le comodità e i privilegi della partecipazione alle istituzioni borghesi, ergersi oggi a principale baluardo contro la disaffezione di massa verso le stesse: “A chi dice che il sistema è andato in tilt, rispondo che noi abbiamo avuto ieri una disponibilità a candidarsi fuori dal comune: siamo l'ultimo argine all'astensionismo in questo paese, siamo l'ultimo argine all'apatia politica e lo dimostra il fatto che sono arrivate tantissime richieste di candidature”, ha dichiarato infatti il suo “capo politico” nonché candidato premier, Luigi Di Maio, rispondendo alle accuse di malfunzionamento della piattaforma Rousseau, andata in crisi durante le parlamentarie on line del M5S.
L'astensionismo è diventato il nemico pubblico numero uno anche per la sinistra cosiddetta “radicale”, come dimostra la costituzione della lista Potere al popolo, alla quale aderiscono anche forze che fino a ieri si erano dichiarate per l'astensionismo elettorale. Persino i Comitati per il NO al referendum del 4 dicembre 2016 hanno lanciato un appello alle elettrici e agli elettori ad andare a votare, sia pure per i partiti che hanno nel programma la “difesa della Costituzione”. Un obiettivo assolutamente idealistico e inutile, come 70 anni di storia parlamentare e governativa dimostrano. Ciononostante il PMLI è disponibile ad allearsi anche con questi partiti e movimenti, nelle lotte di classe e di piazza contro il capitalismo e contro il governo Gentiloni e la sua politica interna di lacrime e sangue e la sua politica estera interventista.
Ma la loro scelta antiastensionista è tanto più incomprensibile in un momento in cui le istituzioni borghesi e i partiti della destra e della “sinistra” del regime neofascista non sono mai stati così delegittimati e squalificati, immersi nella corruzione e negli scandali e invisi alle masse popolari. Mentre infuria come non mai la lotta a coltello per le candidature, tanto che si ha notizia persino della circolazione di prezzari per acquistarsele, e tutti i partiti stanno facendo incetta di riciclati, dal M5S a Berlusconi, dal partito di Renzi a Liberi e uguali.
Il 4 marzo bisogna invece disertare le urne e invitare le masse a disertarle perché nessun governo borghese, di “centro-destra”, di “centro-sinistra” o di “larghe intese” che ne uscirà fuori potrà mai rappresentare gli interesse del proletariato, dei disoccupati, delle donne, dei pensionati e dei giovani senza futuro, ma solo e sempre quelli della classe dominante borghese e del capitalismo. Né potrà mai risolvere le contraddizioni di classe, di genere e di territorio e tenere fuori l'Italia dalle guerre imperialiste. Disertare le urne acquisendo la consapevolezza di dare con ciò il proprio voto al PMLI, contro il capitalismo, per il socialismo
Abbandoniamo perciò ogni illusione elettorale, parlamentare, governativa, costituzionale, riformista e pacifista. Delegittimiamo con l'astensionismo le istituzioni rappresentative borghesi per creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo. Disertiamo le urne per dare un voto contro il capitalismo, per il socialismo. Solo il socialismo può cambiare l'Italia e dare il potere al proletariato.
 
 

10 gennaio 2018