I programmi elettorali dei partiti della “sinistra” borghese e del M5S non cambiano l'Italia e la classe al potere
Solo il programma del PMLI cambia l'Italia e la classe al potere

Tra l'incredibile quantità di liste della destra e della “sinistra” borghese che si presentano a queste elezioni politiche ve ne sono alcune in particolare che mirano a catturare i voti degli elettori di sinistra disgustati dal PD del nuovo duce Renzi e che sono orientati ad astenersi. Tra queste vi sono quelle che si collocano alla sinistra del PD, come quelle appena create per l'occasione - LeU, Lista del Popolo per la Costituzione e Potere al Popolo - e come quelle già sperimentate del PCL di Ferrando e del PC di Rizzo. Ma vi è anche il M5S, che con le sue posizioni ambigue e interclassiste e la sua autoproclamata “diversità” dagli altri partiti spera di intercettare un buon numero di astensionisti di sinistra.
Con questo articolo ci proponiamo di analizzare, in forma sintetica e procedendo da destra verso “sinistra” (in senso politico), i loro rispettivi programmi, e dimostrare che tutti hanno, nella sostanza, una comune linea di destra e il comune obiettivo di imbrogliare i sinceri anticapitalisti per riportarli all'interno delle istituzioni borghesi: sono tutti, nessuno escluso, integrati in questo marcio sistema capitalista e neofascista.

Movimento 5 Stelle
Il programma depositato dal M5S, di cui Luigi di Maio risulta legale rappresentante, titolare del contrassegno e capo della forza politica, è un elenco di capitoli, quasi del tutto rivolto a rafforzare le imprese e incrementare la competitività del capitalismo italiano e del “made in Italy”, e per il resto a contendere voti alla destra razzista e xenofoba cavalcando i temi della sicurezza e della paura dell'immigrazione incontrollata.
Si apre infatti con la promessa di eliminare “subito 400 leggi inutili” e di assicurare “meno burocrazia per imprese e cittadini”, subito seguita dal tema caro a Grillo delle nuove tecnologie digitali, che come per miracolo, scavalcando d'un balzo il problema della divisione in classi e di chi detiene il potere, dovrebbero trasformare l'inferno della società capitalistica in un paradiso in terra per tutti: “Smart Nation: nuovo lavoro e lavori nuovi”, proclama infatti il programma, promettendo investimenti per “nuove professioni, nuova tecnologia, nuove figure professionali, internet delle cose, autoelettriche, digitalizzazione PA”.
Al terzo posto c'è il cavallo di battaglia del movimento, e cioè il reddito di cittadinanza, ma con la rassicurazione al padronato che “con la flexsecurity le imprese sono più competitive”. Segue la promessa – la stessa di Renzi, Berlusconi e Salvini - di riduzione delle aliquote Irpef (senza specificare per chi, e quindi anche per i ricchi), e delle tasse alle imprese, abbattendo il cuneo fiscale e l'Irap. Nemmeno un cenno al problema dell'evasione fiscale, anzi si afferma l'”inversione dell'onere della prova. Il cittadino è onesto fino a prova contraria”. Non potevano mancare, a completare il tributo elettorale alla Confindustria, la “riorganizzazione delle partecipate” (leggi tagli e privatizzazioni dei servizi pubblici) e la “spending review della spesa improduttiva”.
Sul tema sicurezza e legalità, inseguendo a destra la Lega, il M5S promette 10 mila nuove assunzioni nelle forze dell'ordine e lo “stop al business dell'immigrazione”, con “rimpatri immediati per gli irregolari”. Promette poi il “superamento” della legge Fornero (non l'abolizione), ma senza dire nulla sull'età pensionabile a 67 anni, tra le più alte d'Europa. E a proposito di Europa, nel programma non ve n'è più cenno: sparito qualsiasi riferimento al vecchio cavallo di battaglia dell'uscita dall'Euro, e perfino di una “rinegoziazione” dei trattati Ue e Nato, su cui il M5S era ripiegato ultimamente.

Liberi e Uguali
Il programma di LeU, di cui il magistrato borghese liberale di sinistra Pietro Grasso risulta rappresentante legale, titolare del contrassegno e capo della forza politica, si apre affermando solennemente di essere improntato a riaffermare “l'attualità del modello sociale ed economico disegnato dalla Carta costituzionale”. E poi, come il M5S, non mette in discussione il capitalismo ma vuole solo renderlo più efficiente e accettabile, attraverso “un nuovo modello di sviluppo”, che con le nuove tecnologie (per “un mondo digitale”) sia “socialmente e anche ecologicamente sostenibile”.
Non a caso chiede di “superare” il Jobs Act, facendo del contratto a tempo indeterminato con ripristino dell'art.18 la “forma prevalente di assunzione”. Ma specificando che a certe condizioni “ad esso possono affiancarsi il contratto a tempo determinato e il lavoro in somministrazione”. Così come non chiede l'abolizione della legge Fornero, ma solo di “rivederla in profondità”; e per quanto riguarda il fisco e la finanza, chiede genericamente “una distribuzione più equa del carico fiscale” e “controlli sull'attività bancaria e finanziaria”. A livello sociale punta ad “estendere il Rei (reddito di inclusione) in modo da renderlo realmente uno strumento universale di contrasto alla povertà assoluta”. Cosa che sembra solo un abbellimento della trovata elettorale di Renzi o, se si vuole, una brutta copia del reddito di cittadinanza dei 5 Stelle.
Non si chiede nemmeno la revisione dei trattati europei, ma si propone solo di “combattere la deriva tecnocratica”, per un'Europa “più giusta, più democratica e solidale”. Così come non si chiede l'uscita dell'Italia dalla Nato. Ci si limita a proclamare che “serve una politica estera di pace” e che occorre “rifiutare l'interventismo militare al servizio di una logica di guerra”. Ma ci si guarda bene dal chiedere il ritiro dell'Italia da tutte le missioni di guerra.

Lista del Popolo per la Costituzione
È la lista creata dall'ex magistrato Antonio Ingroia e dal giornalista filo-Putin, Giulietto Chiesa. Il suo è un programma interclassista, totalmente funzionale al capitalismo e allo Stato borghese. Non c'è nessun accenno a una nuova società, e tutto resta all'interno del capitalismo, un capitalismo “costituzionale”. Il programma si apre infatti con il richiamo alla Costituzione, “inattuata e contraddetta nei suoi principi ispiratori e violata in molti articoli fondamentali”, per cui si deve andare a votare “per difendere e attuare la Costituzione”.
Non si chiede l'uscita dalla Ue ma solo una rinegoziazione dei trattati, e solo se ciò risultasse impraticabile si potrebbe valutare una “cessazione unilaterale”. Più oltre si afferma però che questa Europa “è irriformabile”, salvo poi chiedere il “pieno impiego di tutti i fondi europei messi a disposizione delle pubbliche amministrazioni”, e contemporaneamente “lo sviluppo di un nuovo sistema monetario domestico di ispirazione popolare”. Insomma, una contraddizione dietro l'altra. Esattamente come per la promessa della “trasformazione dell'Italia in un paese neutrale, al di fuori di ogni blocco militare e al servizio della pace”, quando poi ci si scorda di aggiungere l'uscita immediata da tutte le alleanze militari, in primis dalla Nato.
Quanto all'economia il capitalismo non viene neanche nominato, men che meno il socialismo. La parola magica è cogestione, attraverso una legge per la “partecipazione diretta da parte dei lavoratori delle grandi imprese al capitale e alle decisioni dell'impresa”. Il tutto condito con formule altisonanti quanto fumose sulla “diffusione dell'economia sociale e solidale”, sulla “responsabilità sociale dell'impresa”, sull'“economia del benessere sociale”, che servono solo a coprire l'intangibilità del sistema di sfruttamento capitalistico.

Potere al Popolo
È la lista elettorale promossa ufficialmente dal centro sociale napoletano Ex Opg Je so' pazzo, di cui fanno parte centri sociali, movimenti come No Tav, No Tap, No Muos, “sindacati di base” e alcuni partiti e organizzazioni della “sinistra radicale”, tra cui il PRC di Acerbo, il PC di Alboresi e Eurostop di Cremaschi. Questi tre sono anche membri fondatori e membri della presidenza della lista, insieme alla loro copertura, Viola Carofalo, che risulta essere anche presidente e capo della forza politica.
Del suo programma sono condivisibili molte rivendicazioni, come sul diritto al lavoro, sulle pensioni, sull'uscita dai trattati militari, sulla scuola, sui beni e le attività culturali, ambiente, accoglienza, donne e lgbt, Meridione e giustizia, ma non c'è un progetto di una nuova società. Nessun riferimento al proletariato, alle classi e al socialismo. E non c'è l'uscita dalla Ue, ma si chiede solo di “ricostruire il protagonismo delle classi popolari nello spazio europeo”. Principio e fine di tutto è invece la “difesa e rilancio della Costituzione nata dalla Resistenza”, per la costruzione di una vaga quanto inconsistente “società fondata sulla dignità e i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori”.
Si tratta di una visione marcatamente idealista e riformista di una nuova società, che al posto del socialismo propone parole d'ordine come il “controllo pubblico democratico sull'economia” e la “redistribuzione della ricchezza tra chi ha sempre di più e chi ha sempre di meno”. E chiede inoltre l'istituzione di un “reddito minimo garantito contro l'esclusione sociale e la precarietà della vita, per persone disoccupate e precarie”, che altro non è se non l'equivalente del reddito di cittadinanza del M5S.
Niente lotta di classe, niente rivoluzione né potere al proletariato e socialismo, ma “mutualismo, solidarietà e potere popolare”: “potere popolare” che non ha niente a che vedere con la dittatura del proletariato, ma si riduce ad un illusorio “controllo sulla produzione e sulla distribuzione della ricchezza”, da ottenere per via riformista e non rivoluzionaria, nell'ambito del sistema di sfruttamento, appropriazione privata e mercato capitalistici, che non viene messo in discussione. “Costruire il potere popolare”, dice infatti il programma rivelando implicitamente questo limite invalicabile, significa “far vivere nelle pratiche sociali una prospettiva di società alternativa al capitalismo”, per “marciare nella direzione di una società più libera, più giusta, più equa”: obiettivo talmente generico, questo, da comparire nei programmi di tutti i partiti della destra e della “sinistra” borghese.

Per una Sinistra Rivoluzionaria
È La lista formata dal Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) del trotzkista PRC Marco Ferrando, e Sinistra, Classe, Rivoluzione (SCR) di Claudio Bellotti (ex membro della segreteria nazionale del PRC, gruppo “Falcemartello”), che è anche capo della forza politica. Il suo è un programma tipicamente riformista, opportunista e trotzkista, in cui a parole si dice che “è ora di una rivoluzione, che rovesci completamente questo sistema politico-economico”, ma in realtà manca del tutto un progetto per una nuova società socialista, e ci si limita a proporre una socialdemocratizzazione di stampo cogestionario alla tedesca dell'economia capitalista.
Per esempio, si chiede l'abolizione dell'obbligo di pareggio di bilancio, il rifiuto del pagamento del debito, la rottura unilaterale dei trattati europei, la nazionalizzazione del sistema bancario e la creazione di un'unica grande banca pubblica nazionale: ma come arrivarci? Con quale potere, e nelle mani di chi? Si vagheggia “un'economia sotto il controllo dei lavoratori”, il “controllo dei lavoratori sulla produzione”, la “gestione delle imprese affidata agli operai, agli impiegati e ai tecnici che ci lavorano”, e “aziende dirette da un comitato democraticamente eletto da tutti i lavoratori”. Ma tutto questo per via pacifica e parlamentare e rigorosamente nell'ambito del capitalismo, giacché non si fa alcun cenno alla rivoluzione proletaria, al socialismo e alla dittatura del proletariato.
Si chiede un “governo dei lavoratori”, non la dittatura del proletariato. Ma poi si afferma che Il parlamento “non è più un simbolo di 'sovranità e rappresentanza popolare', ma sinonimo di privilegi, scandali e corruzione”. E si aggiunge anche che “tutto si riduce a una finzione. Ogni cinque anni ci chiamano a votare, ma tanto il programma di governo è già scritto dalle banche, dalla Confindustria e dalle istituzioni europee”. Giusto. Ma allora perché parteciparvi? E non basta, a risolvere la palese contraddizione, buttare lì che “bisogna creare nuove istituzioni in grado di rappresentare davvero i giovani, i lavoratori, i disoccupati e i pensionati” (e qui sembra riprendere la parola d'ordine del PMLI di creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo), se poi non si è in grado di definirne la composizione e i compiti, e soprattutto se e in quale progetto rivoluzionario di nuova società si inscrivono.

Partito Comunista
Il programma del partito dell'imbroglione Marco Rizzo è tra tutti questi quello che si colloca più a sinistra, almeno a parole, perché è l'unico a richiamarsi al socialismo e ad usare una fraseologia che riecheggia il marxismo-leninismo, con parole d'ordine che talvolta sembrano scopiazzate da quelle del PMLI, ma sempre e invariabilmente in una versione di destra. A cominciare dal titolo stesso del programma, che recita: “per un'Italia socialista, per il potere ai lavoratori”, non quindi il potere al proletariato.
Vi si sostiene che il programma del PC “non è un semplice programma elettorale. È un programma di lotta, di trasformazione rivoluzionaria della società”. E che l'alternativa è: “o il governo del capitale e dei padroni, o il potere nelle mani dei lavoratori”. Che è una formulazione opportunista per negare i due capisaldi marxisti-leninisti dell'abbattimento violento del potere della borghesia e dell'instaurazione della dittatura del proletariato, sostituendoli rispettivamente con una “trasformazione della società”, ovvero transizione pacifica (anche tramite il voto, si precisa) verso un non meglio definito e interclassista “potere dei lavoratori”.
È pur vero che poi si aggiunge che “il futuro dell'Italia è il socialismo”, che “costruire un'Italia socialista significa rovesciare il sistema di potere che oggi opprime e sfrutta i lavoratori e le classi popolari”, e che “solo la lotta rivoluzionaria organizzata per il socialismo può davvero costituire la svolta necessaria”. Ma il sistema di potere di chi, di quale classe, dal momento che le classi e la lotta di classe non sono neanche mai menzionate? Infatti non si nomina mai la borghesia, al massimo si parla genericamente di “classi dominanti”, senza meglio specificare.
E comunque, come verrebbe rovesciato questo potere? Per via pacifica e parlamentare, o per via rivoluzionaria? Il documento non lo dice, ciononostante parla di espropri senza indennizzo, nazionalizzazioni di banche, assicurazioni e grandi imprese, cancellazione unilaterale del debito pubblico, uscita dell'Italia dalla UE, dall'Euro e dalla Nato, ma sempre senza spiegare come riuscire ad imporre alle “classi dominanti” un simile programma.
Poi, verso la fine, scimmiottando Lenin, il documento parla della necessità di una “completa rottura dello Stato borghese, e per la costruzione di uno Stato socialista”. E aggiunge che bisogna rigettare “ogni forma di illusione sulla possibile trasformazione dall'interno, per mezzo di riforme del carattere dello Stato”. Ma allora perché alimentare nelle masse le illusioni parlamentari partecipando al circo elettorale del regime neofascista borghese? Una contraddizione stridente che il partito del falso comunista Rizzo cerca di nascondere sostenendo da buon opportunista che il voto al PC è oggi “un voto che rafforza il processo di ricostruzione comunista, garantendo alle lotte organizzazione e direzione”. E perché mai? Cos'ha a che vedere il voto al PC con le lotte dei lavoratori? E cosa c'è da “ricostruire” del comunismo? Non serve richiamarsi all'esperienza fallimentare di Rifondazione comunista per turlupinare gli astensionisti di sinistra.

Conclusioni
Tirando le somme, nessuno dei programmi elettorali di questi partiti della “sinistra” borghese e del M5S si propone di cambiare veramente l'Italia, e soprattutto di cambiare la classe al potere, la borghesia, ma tutti si muovono rigorosamente all'interno del sistema capitalistico, sia pure con argomentazioni e sfumature diverse l'uno dall'altro: dall'adesione aperta e incondizionata del M5S, alla sua accettazione di fatto, mascherata con riferimenti puramente formali al socialismo, del PC di Rizzo.
Solo il programma del PMLI, che a livello elettorale prevede l'uso tattico dell'astensionismo, per delegittimare le istituzioni rappresentative borghesi e favorire la creazione delle istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, può cambiare veramente l'Italia e dare il potere al proletariato.
Il PMLI è l'unico partito che propone un progetto completo di una nuova società, quella socialista, come è scritto sul punto XI del Programma generale del PMLI ripubblicato su questo numero de “Il Bolscevico”.

14 febbraio 2018