A Macerata dopo il raid terroristico fascio-leghista antimmigrati di Traini
Grande e storica manifestazione nazionale antifascista e antirazzista
Nonostante il tentativo del nuovo duce Renzi di abolirla, la minaccia del nuovo Scelba Minniti di vietarla, il coprifuoco della città decretato dal sindaco renziano Carancini, la decisione del vescovo di chiudere le chiese, il silenzio esortato da Di Maio. Sfilano in oltre 30mila, moltissimi i giovani, folta partecipazione dei maceratesi. Cortei a Milano, Torino, Piacenza e in altre città
Che si crei un grande e largo fronte unito antifascista perché i gruppi neofascisti e neonazisti non occupino le piazze e vengano messi fuorilegge

Uno strepitoso corteo antifascista e antirazzista ha riempito le strade di Macerata sabato 10 febbraio per la manifestazione nazionale indetta dopo la tentata strage ad opera del terrorista fascio-leghista Luca Traini. Nonostante il clamoroso dietrofront di chi l'aveva inizialmente organizzata, cioè Anpi, CGIL, Arci e Libera, in oltre 30mila sono scesi in piazza, un numero sorprendente persino per gli organizzatori, e si sono raccolti dietro lo striscione “Contro ogni forma di fascismo-razzismo” per far sentire la propria indignazione contro il vile attentato e la propria determinazione a lottare contro la recrudescenza fascio-razzista. A Macerata il popolo italiano ha dato un potente segnale antifascista e antirazzista, un monito ai gruppi neofascisti e neonazisti che sognano di instaurare una dittatura fascista aperta alla Mussolini.
 

Il tentativo di sabotare e criminalizzare la mobilitazione
Per far fallire la manifestazione, colpevole di essere andata oltre i limiti istituzionali, le hanno provate proprio tutte. Il primo in questo senso è stato il nuovo duce Matteo Renzi, che si è rifiutato di parlare di terrorismo e ha invitato ad “abbassare i toni”, distogliendo completamente il PD da ogni idea che potesse balenare fra i suoi dirigenti di partecipare alla piazza. Romano Carancini, sindaco renziano di Macerata, si è subito accodato chiedendo di sospendere le manifestazioni e senza trovare niente da ridire per le numerose iniziative di Forza Nuova, Casa Pound e altra teppaglia. A Renzi offriva di fatto un aiuto anche Di Maio, invitando al silenzio e provocando non pochi malumori nella parte della base antifascista del M5S.
Al clima di paura per possibili scontri e cariche delle “forze dell'ordine” ha contribuito il ministro di polizia Minniti, facendo trapelare tramite la questura che la manifestazione sarebbe stata vietata se i centri sociali fossero andati fino in fondo. Eppoi, il sindaco ha chiuso le scuole, fermato i mezzi pubblici e vietato la somministrazione di bevande in bottiglie di vetro, mentre addirittura il vescovo, chiudeva le chiese. Tutte minacce che sono cadute grazie alla determinazione degli antifascisti a scendere in piazza, tanto che la stessa questura alla fine è stata costretta ad autorizzare il corteo (fingendo di non averlo mai vietato).
Evidentemente si voleva far scattare la repressione contro gli antifascisti, metterli alla gogna mediatica per equipararli persino ai fascisti e depotenziare la risposta di massa al rigurgito nero.
 

Il gravissimo errore di Anpi, CGIL, Arci e Libera
Nel ritirare la mobilitazione che essi stessi avevano proclamato, pur annunciando una futura manifestazione unitaria, i gruppi dirigenti di Anpi, CGIL, Arci e Libera hanno commesso un gravissimo e inaccettabile errore. Non dissimile da quello che compì la “sinistra” borghese all'avvento di Mussolini, prima sottovalutandolo, poi tollerandolo e rifiutandosi di affrontarlo a viso aperto.
Particolarmente grave la ritirata dell'Associazione dei partigiani, che con la lettera della presidente Nespolo dell'8 febbraio, si giustificava dietro il “disagio della comunità maceratese” e la paura di essere visti come “corresponsabili – agli occhi dell'opinione pubblica – degli eventuali probabili incidenti”. Ma soprattutto – e qui casca l'asino! - ribadiva che “è nel suo DNA” ascoltare e rispettare le istituzioni, quelle stesse istituzioni che avallano l'esistenza di gruppi apertamente fascisti!
Si è trattato insomma di una resa ai diktat del governo e del PD. Ora più che mai c'è bisogno di riempire le piazze di antifascismo. Si sarebbe dovuto semmai pretendere un distinguo fra i cortei dei fascisti, del tutto anticostituzionali e persino filoterroristi, e quello antirazzista del 10, e si sarebbe dovuta cogliere l'occasione per esigere di far rispettare la Costituzione mettendoli fuori legge. Lo hanno capito la base e le istanze intermedie delle associazioni, in particolare dell'Anpi, e del sindacato, che hanno largamente respinto la resa e sono scese in piazza. E hanno fatto fare una pessima figura ai rispettivi vertici. Sono insorti una valanga di circoli Arci che in un appello riaffermavano la loro volontà di essere comunque presenti alla manifestazione del 10 a Macerata e chiedevano alla dirigenza nazionale di ritornare sui suoi passi e di rinunciare alla sospensione. E altrettanto facevano le sezioni dell'Anpi “in dissenso con la decisione dell'Anpi nazionale”. D'altra parte la Fiom si distingueva dalla Cgil confermando la sua adesione: “Sabato tutti a Macerata, vietare le marce delle squadracce fasciste”.
 

La manifestazione
Sono state decine di migliaia gli antifascisti e gli antirazzisti affluiti da ogni parte d'Italia. Addirittura il luogo del concentramento è stato spostato in avanti, tanta era l'affluenza già a partire dalle ultime ore della mattinata, benché la partenza fosse fissata per le 15.
Erano presentissimi i giovani, la promessa antifascista del nostro popolo. I migranti erano in prima fila. Elevato il numero delle donne di tutti i colori della pelle. Ed è stato particolarmente importante il contributo dei maceratesi, un fatto significativo visto che il divieto iniziale alla manifestazione era venuto per non “turbare i sentimenti” della città.
Dal punto di vista organizzativo, l'ossatura del corteo è stata rappresentata dai centri sociali, in primo luogo dal maceratese Sisma, nato dopo il terremoto del '97, fra i più determinati. Ma anche dalle tante donne e uomini della base dell'Anpi, della CGIL e delle altre associazioni, talmente consistente che persino la presidente di Arci ha fatto dietrofront ed è scesa in strada. Viceversa, il sindaco Carancini ha detto di esserci “con il cuore”. Veramente troppo poco, oltre che ipocrita.
Dagli interventi che si sono susseguiti, dalle bandiere soprattutto rosse e dagli slogan sui cartelli si è levato un importante messaggio antifascista e antirazzista. Era presente anche la partigiana 93enne Lidia Menapace, che ha dato un esempio a tutti con la sua dichiarazione: “Fino a quando avrò voce ci sarò”.
“Qualcuno pensava di dirci quello che dobbiamo fare, ma noi non abbiamo padroni. Dove ci sarà un'iniziativa antifascista noi ci saremo sempre, ora e sempre resistenza”, grida fiero al microfono il rappresentante del circolo Walter Rossi di Roma dell'Anpi, intitolato alla prima vittima dei “Nar” negli anni '70. Continuano i Centri sociali delle Marche: “L'insubordinazione che abbiamo visto in questi giorni è qualcosa di inedito e di estremamente potente”. Il Movimento migranti e rifugiati di Caserta ricorda i 7 uccisi a Castel Volturno nel 2008. “L'antirazzismo e l'antifascismo sono nel nostro DNA”, dichiara la rappresentante di Non una di meno.
La mobilitazione non finiva a Macerata. La fiumana antifascista e antirazzista ha investito tutta la Penisola e le Isole. A Milano in 20mila sono scesi in piazza per “chiudere i covi neri”. Cortei e presidi si sono svolti in tante altre città, da Torino e Palermo. A Cosenza gli antifascisti hanno assediato Roberto Fiore, leader di FN, nell'hotel dove alloggiava. A Piacenza hanno protestato contro l'apertura della sede di Casa Pound, subendo le cariche della polizia.
 

Estendere e rendere permanente la mobilitazione
Quella del 10 febbraio è stata una meravigliosa manifestazione storica. In primo luogo perché ha rappresentato la prima, potente risposta di massa ai rigurgiti di fascismo aperto, resi possibili dall'inadempienza, dalla passività e, fin troppo spesso, dalla complicità delle istituzioni borghesi e dei governi centrale, regionali e comunali. In secondo luogo perché è stata la risposta migliore e più forte possibile del popolo antifascista e antirazzista all'attentato del 3 febbraio. E in terzo luogo perché è stata una vittoria della base antifascista, che si è sganciata dall'arrendevolezza dei gruppi dirigenti di Anpi, Cgil, Libera e Arci e ha sbaragliato la criminalizzazione mediatica a priori, dimostrando che è possibile andare oltre i limiti imposti dai vertici delle suddette organizzazioni di massa, organizzarsi e riportare brillanti successi.
Checché ne dica Minniti, più fascista dei fascisti, in Italia il fascismo non è “morto da un pezzo”. È il cane da guardia del capitale, vive nel governo Gentiloni, in Forza Italia, nella Lega e in Fratelli d'Italia e nelle sue forme più estreme è sguinzagliato per fomentare la guerra fra poveri e riportare l'Italia alla tirannia alla dittatura fascista aperta. Per questo la mobilitazione deve essere estesa e resa permanente, organizzata in un grande e largo fronte unito antifascista per impedire ai gruppi neofascisti e ai gruppi neonazifascisti di occupare le piazze, per imporre al nuovo governo e al nuovo parlamento di metterli fuori legge. Bisogna appoggiare tutte le manifestazioni antifasciste, anche quella del 24 febbraio.
 

14 febbraio 2018