Le milizie filogovernative siriane entrano a Afrin sotto il criminale bombardamento dell'artiglieria turca
Assad bombarda i sobborghi di Damasco: strage di civili
L'Onu chiede una tregua di 30 giorni ma troppo forti sono gli appetiti spartitori delle potenze imperialiste in campo

 
“Su istruzione del presidente con l’obiettivo di evitare vittime civili, dal 27 febbraio dalle 9 alle 14 sarà in vigore una pausa umanitaria” in Siria, affermava il ministro della Difesa russo Shoigu spiegando la versione dell'imperialismo russo sull'applicazione della risoluzione approvata all'unanimità dal Consiglio di sicurezza dell'Onu il 24 febbraio che chiedeva il cessate il fuoco per 30 giorni. Una tregua che nessuna delle potenze imperialiste, impegnate nella guerra per la spartizione della Siria, rispetta; dalla Turchia che colpisce con la sua artiglieria il cantone curdo di Afrin alle forze di Assad e russe che bombardano la zona di Ghouta est, presso Damasco, e la regione di Idlib tenute dalle opposizioni islamiste sostenute anche dalla Turchia, fino alla zona di Deir Ezzor verso il confine iracheno dove l'aviazione Usa ha ucciso oltre 50 civili per colpire basi dello Stato islamico.
Le ridicole cinque ore di tregua al giorno offerte da Putin in seguito alla discussione Onu sono al momento l'unico segnale verso un raffreddamento della crisi siriana che nell'ultima settimana ha avuto l'ennesima fiammata a partire dal rilancio dell'offensiva governativa contro le milizie dell'opposizione nella regione di Idlib ma soprattutto nella sacca di Ghouta est che è rimasta la parte più a sud non ancora sotto il controllo di Damasco. Le zone che si trovano sulla linea verticale che va da Damasco a Afrin sono al momento il centro della disputa sulla spartizione della Siria, che vede scontrarsi gli ex alleati Erdogan e Assad, coi popoli siriano e curdo sotto le bombe e schiacciati da una guerra fra i protagonisti imperialisti delle sante alleanze che si erano create nella guerra contro lo Stato islamico in Siria e Iraq.
 
L'aggressione turca al cantone curdo di Afrin
Portavoce delle Unità di Difesa del Popolo e delle Donne YPG/YPJ curde denunciavano dal cantone di Afrin il 26 febbraio che continuava l'offfensiva dell’esercito di occupazione turco e dei suoi mercenari col bombardamento di vari centri abitati e in particolare delle strutture civili a partire dagli acquedotti; fra le numerose vittime civili figurano anche sei feriti da armi non convenzionali del tipo a gas di cloro. La resistenza curda ha intanto impedito la vittoria rapida e sicura auspicata da Erdogan col lancio dell'operazione “Ramo d’ulivo” il 20 gennaio scorso che puntava a fare del cantone curdo una zona sotto il suo controllo e dove rispedire i profughi siriani che ospita a spese della Ue, cancellandone l'identità curda. Al momento Ankara si deve accontentare di controllare l'attigua regione di Jarablus, occupata col permesso di Mosca e casomai concentrarsi verso est, verso Manbij e le zone curde delle Fds appoggiate dai marines americani.
Su richiesta dei curdi di Afrin una formazione delle milizie filogovernative siriane, le Forze di difesa nazionale (Ndf) di matrice iraniana che sono uno dei bersagli dei bombardamenti degli imperialisti sionisti di Tel Aviv in Siria, entrava il 20 febbraio nel cantone accolta da un martellante bombardamento dell'artiglieria turca. Le milizie Ndf nelle settimane precedenti erano impegnate contro le forze turche schierate come “osservatori” a Idlib in base agli accordi di Astana. Per i curdi l'aiuto di Damasco è divenuto necessario per difendere i confini della Siria, violati dall'aggressione turca, non rappresenterebbe la fine del progetto autonomista curdo della federazione delle regioni curde nella Siria. Assad e il padrino russo non vorrebbero mollare Afrin e porre fine alle aspirazioni autonomiste curde ma neanche uno scontro aperto con Erdogan, il governo di Damasco ha strepitato contro l'agressione turca ma non ha né schierato l’esercito regolare e tantomeno minaccciato l'attivazione delle difese missilistiche schierate ad Aleppo contro i caccia di Ankara a protezione delle Ndf.
Al momento la mediazione tra i due ex alleati è sponsorizzata dal capocordata imperialista russo che tramite il ministro degli esteri Lavrov ha rivolto un appello alla Turchia per trattare la situazione di Afrin con Assad: “abbiamo più volte affermato che è possibile risolvere i problemi solo attraverso il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale della Repubblica araba siriana. Tutti gli attori stranieri senza eccezioni, specialmente quelli che hanno una presenza militare in Siria, devono rendersi conto della necessità di un dialogo con il governo siriano”. E precisava che “gli interessi turchi in materia di sicurezza possono essere completamente protetti attraverso un dialogo con Damasco”. Come dire che Mosca aveva dato il permesso a Erdogan di chiudere a suo favore la questione del controllo di Afrin ma visto che non è riuscito nell'impresa militare deve trattare con Assad e costruire un nuovo equilibrio fra le forze in campo. Alla faccia dei diritti dei curdi di Afrin.
L'aggressione turca al cantone curdo di Afrin, alla Siria, ha avuto il via libera anche dell'imperialismo americano, che con Trump ha mollato i curdi e riaperto i canali con Ankara dato che ha bisogno dell'alleato turco e del secondo esercito della Nato in funzione anti Iran. Una aggressione quasi “dimenticata” dai media imperialisti che si sono concentrati sulla pur altrettanto grave aggressione delle forze governative di Assad nelle zone controllate dalle formazioni dell'opposizione.
 
Assad bombarda Ghouta
A Ghouta est sarebbero almento 500 le vittime civili dei bombardamenti governativi e russi solo nel periodo tra il 18 e il 26 febbraio. E dopo che il 21 febbraio il segretario generale dell’Onu Guterres aveva lanciato l'appello per un immediato cessate il fuoco di almeno 30 giorni per permettere la consegna di aiuti umanitari alla popolazione si muoveva uno degli aggressori, la Russia, non per porre fine ai bombardamenti ma per chiedere una riunione di urgenza del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. La discussione sulla risoluzione presentata da Svezia e Kuwait che chiedeva l'entrata in vigore entro tre giorni del cessate il fuoco per 30 giorni e prevedeva comunque la prosecuzione” per tutte le operazioni militari dirette contro Isis, al Qaeda e al-Nusra” superava lo scoglio della posizione dell’ambasciatrice Usa Nikki Haley, che voleva una risoluzione di condanna solo della Siria e della sua campagna militare, e otteneva l'unanimità di consensi quando il testo accoglieva le modifiche chieste dal presidente siriano Assad e dal ministro degli Esteri russo Lavrov. La risoluzione numero 2401 del 24 febbraio del Consiglio di sicurezza prevede quindi l'inizio del cessate il fuoco “senza ritardi” e la precisazione che la tregua non si applicava sia alle operazioni contro l’Isis, al Qaeda e al Nusra e anche contro “individui, gruppi ed entità associate” ai gruppi terroristici. Il documento chiede inoltre di rimuovere tutti gli assedi ai centri abitati e ordina alle forze in campo di “smettere di privare i civili di cibo e medicine indispensabili alla sopravvivenza”.
La risoluzione Onu non ha fermato l'artiglieria turca che martella Afrin e l'offensiva delle milizie filoturche e dell'esercito di Ankara che sono a caccia dei “terroristi” curdi. Non ha fermato l'assedio governativo a Ghouta est e ai suoi 400 mila abitanti che dura dal 2013 perchè, come ribadiva il 27 febbraio l’agenzia iraniana Irna, devono essere fermate le formazioni islamiste che lanciano razzi sulla capitale.
 

28 febbraio 2018