Consapevole dell’importanza della battaglia elettorale astensionista del PMLI e per aiutare la mia Cellula in difficoltà
Dopo 38 anni sono tornata a volantinare

di Carla
Con lo spirito di mettere in pratica le indicazioni del Segretario generale del Partito compagno Giovanni Scuderi riguardo alla parola d’ordine di dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso, per dare gambe alle decisioni della 6° Sessione plenaria del 5° CC del PMLI sulla battaglia elettorale astensionista pancia a terra per le elezioni del 4 marzo e per aiutare la mia Cellula in difficoltà, mi sono proposta di partecipare alle diffusioni allo scopo di far giungere il più possibile alle masse la voce del Partito, anche se questa attività non rientra nei miei attuali compiti politici. Il compagno Scuderi mi ha chiesto di legare questa mia nuova esperienza di volantinaggio con quella di quando iniziai i miei primi passi da marxista-leninista.
L’astensionismo è uno spettro e nemico di tutti i partiti del regime capitalista e neofascista coalizzati nello spingere le masse popolari, soprattutto quelle che già avevano preso coscienza di disertare le urne, a votarli dando loro l’illusione di contare e di influire sulle decisioni del governo del Paese. Perfino il capo dello Stato si è mosso per demonizzare l’astensionismo, cercando di dare credibilità alle istituzioni rappresentative borghesi. Una gara a chi fa più chiacchiere e promesse, ma se “con le chiacchiere si facesse farina sarebbe sconfitta la fame nel mondo”, dice un vecchio proverbio popolare. Parole al vento, promesse su promesse al solo scopo di convincere le masse a non disertare le urne, arrivando a terrorizzare chi non vota le liste attribuendogli la responsabilità e colpa se le cose poi non cambieranno. Noi invece dobbiamo soffiare sul vento dell’astensionismo, già fortemente adottato spontaneamente dalle masse per delegittimare le istituzioni borghesi perché solo il socialismo può cambiare l’Italia e dare il potere al proletariato.
Dopo 38 anni sono tornata a volantinare, che emozione!
 

Il mio percorso politico
Per riflettere sulla mia esperienza di propagandista nel passato e nel presente e raffrontare le elezioni di allora e quelle di ora, credo sia necessario partire da quello che è stato il mio percorso politico. Provengo da una famiglia di comunisti, con l’aspirazione di arrivare al socialismo e al comunismo, in casa la domenica si comprava l’Unità, ma come tanti altri si pensava che per poter contare e decidere fosse sufficiente mettere la classica croce sul simbolo del PCI perché ritenuto il partito che difendeva i lavoratori. Per noi i nemici erano la DC, e il partito fascista che si chiamava MSI. Purtroppo, come milioni e milioni di italiane e italiani, non avevamo consapevolezza che il PCI fosse un partito revisionista e borghese, c’era la speranza che un giorno con la vittoria elettorale del PCI fosse possibile portare al potere il proletariato. La mancanza dello studio da parte della classe operaia sia del marxismo-leninismo-pensiero di Mao sia della storia del partito revisionista hanno reso milioni di masse indifese e disarmate nella lotta contro il revisionismo e le illusioni parlamentari. Una chimera quella di arrivare al socialismo seguendo il PCI che non avrebbe voluto e potuto realizzare perché non si poneva quest'obiettivo storico. Per il MSI e il fucilatore di partigiani Almirante allora il solo a rappresentare apertamente il fascismo, il discorso era chiaro, in casa i miei genitori raccontavano i fatti, la guerra, il nazi-fascismo, gli orrori delle carogne fasciste, i mali fatti alla stessa mia famiglia allora contadina, le purghe, i morti per loro mano, la loro alleanza con i tedeschi. Per quanto riguardava i fascisti il discorso era già più che chiaro, non si doveva mai e poi mai dimenticare la storia, ciò che la Resistenza e il 25 Aprile avevano già decretato, era da non scordare mai e ricordare per sempre.
Sul posto di lavoro conosco quello che poi sarebbe diventato il mio compagno di vita, grazie a lui nel 1970 ho iniziato a frequentare la vecchia sede del Partito di via dell’Orto 26 a Firenze, dove ho conosciuto i compagni dell’OCBI m-l e i primi 4 Pionieri, tra cui la cara e indimenticabile compagna Lucia.
Erano gli anni a ridosso dell’autunno caldo, e l’incontro con l’OCBI m-l aiutò la mia presa di coscienza, e anche la prima esperienza di sciopero sul lavoro. L’impatto fu di sentirmi subito a mio agio, colpita dal fatto di conoscere persone diverse dall’ambiente che prima frequentavo, erano persone davvero speciali! In seguito poi capii perché fossero speciali!
Conobbi un mondo e un rapporto fra persone completamente nuovo e molto diverso da quello che conoscevo, parlando con i compagni, iniziando a leggere Il Bolscevico frequentando la sede, e partecipando alle cose da fare, notai rapporti fra compagni sinceri, fraterni senza astio o gelosie, di collaborazione e rispetto, pieni di aiuto, senza “prime donne”, senza individualismo e protagonismo personale.
Non conoscevo il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, né l’esistenza di due culture, quella borghese e quella proletaria, però in quei compagni c’era un esempio di vita, di pensieri e comportamenti semplici, allora mi resi conto che i compagni mettevano in pratica e applicavano gli insegnamenti, la linea e anche lo stile del Partito (allora OCBI m-l) che dallo studio delle opere dei cinque Maestri, del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, avevano imparato. Allora capii perché erano delle persone speciali. Dei veri compagni che alla scuola del marxismo-leninismo-pensiero di Mao si erano forgiati indelebilmente e trasmettevano questi insegnamenti educando i nuovi militanti e simpatizzanti, e quindi anche me, in quello che Mao, il Maestro ancora in vita, esortava i marxisti-leninisti ad essere, ovvero a comportarsi con franchezza e lealtà anche nella vita quotidiana, non solo nelle riunioni o attività del Partito, per essere degni di chiamarsi comunisti.
Dopo un anno richiesti l'ammissione al Gruppo di studio e di propaganda del pensiero di Mao ispirata da due articoli del “Bolscevico” “Il pensiero di Mao Tse-tung, luminosa guida del proletariato mondiale” e “Difendere il pensiero di Mao Tse-tung per conquistare gli elementi avanzati del proletariato alla causa del comunismo” con il proposito di partecipare attivamente alla lotta politica per la rivoluzione socialista, la dittatura del proletariato e il socialismo in Italia. Frequentavo la sede dei Gruppi di studio e di propaganda del pensiero di Mao di via Ghibellina 54 a Firenze dove si svolgevano delle riunioni settimanali di studio de “Il Bolscevico” allora mensile, e dove con i compagni imparai a fare attività politica, a ciclostilare i volantini e realizzare dazebao (i manifesti a grandi caratteri scritti a mano).
A maggio 1972, profondamente convinta nel mio impegno a fare propri gli ideali del comunismo e a essere disposta a lottare fino in fondo per questi ideali, a studiare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e applicarlo nella pratica, entrai nella mia prima Cellula “Stalin” il terrore degli imperialisti, dei borghesi, dei fascisti, dei revisionisti, dei trotzkisti e anarchici, ed è stato un onore avere avuto come Segretario di Cellula il caro compagno Emanuele Sala.
I compagni di Cellula, in particolare del compagno Sala, oltre allo studio mi hanno insegnato il metodo di lavoro, i rapporti con i compagni, la modestia, la generosità, l’impegno politico, la serietà, la puntualità, il collettivismo, l’altruismo, il rispetto che i compagni devono avere delle preziose e generose compagne, e così imparai ad avere cura dei necessari strumenti per il lavoro, a non sciupare e sprecare niente, perché anche uno spillo o un foglio sciupato sarebbe stato un grosso danno al Partito da sempre più che povero, poverissimo, che contava solo sui contributi dei militanti e della generosità delle masse.
Compagni che rigettavano il dogmatismo, l’arroganza, il burocraticismo, un esempio di compagni che senza chiedere nulla per sé dedicavano tutto il tempo libero al Partito e alla causa rivoluzionaria, pensavano e agivano da rivoluzionari, dando il proprio contributo alla linea e allo sviluppo del Partito.
Come laboriose formichine conformandosi al proletariato e alle masse popolari, alle posizioni, alla politica e allo spirito del Partito senza mai fermarsi, con entusiasmo, impegno e diligenza ogni compagno e compagna era pronto nel proprio posto da combattimento.
Nella Cellula e nelle sue importanti riunioni che si tenevano settimanalmente, si approfondiva altre fondamentali questini: il centralismo democratico, la vigilanza rivoluzionaria, la lotta tra le due linee, quella del proletariato e quella della borghesia. Ho imparato usandola durante le riunioni di Cellula, l'arma della critica e dell’autocritica, una potente medicina, una necessaria arma contro il protagonismo, l’arrivismo e l’individualismo, che ci cura e ci tempra, che ci rafforza se gli errori sono fatti in buona fede e in seno al popolo, è il vaccino per difendere il Partito, è una micidiale arma contro le deviazioni di destra o “sinistra”, è l’antidoto per difendere il Partito dai sabotatori e dai nemici comunque camuffati.
Le riunioni si svolgevano secondo un preciso ordine del giorno. Si discuteva il resoconto del lavoro svolto e i compiti affidati ad ogni compagno, si praticavano la critica e l’autocritica, non mancavano gli elogi per il lavoro, gli sforzi e l’impegno che i compagni ci mettevano nelle attività. Si programmavano i nuovi impegni: diffusioni, affissioni, i volantini da ciclostilare, i dazebao da realizzare, la partecipazione alle manifestazioni e agli scioperi, che allora a differenza di ora erano ancora tanti, grazie alla ancora vicinanza e fresca memoria del Sessantotto, della guerra in Vietnam, dell’autunno caldo, della presenza della Cina socialista e di Mao, della lotta per il divorzio e poi contro il referendum sul divorzio.
Iniziava per me anche l’attività politica all’esterno, nella prima affissione di notte, fui fermata e schedata dai carabinieri. La prima diffusione è stata il primo approccio con i lavoratori, ero timorosa, un po’ impacciata, ma convinta, davanti a una fabbrica all’Osmannoro. Cercavo di imparare il metodo migliore di come si diffonde, non stando fermi e impalati, ma invogliando a prendere il materiale gridando a mò di megafono quando è possibile il titolo del volantino, oppure l’articolo principale del giornale messo in risalto a seconda di dove si svolgeva la diffusione, e importantissimo per le casse del Partito invogliare le masse a contribuire economicamente per la stampa e l’attività del Partito. Dai compagni più esperti ho imparato a superare la timidezza, ma soprattutto che bisogna presentarsi alle masse con l’aver capito cosa si diffondeva, il testo se era un volantino o l’articolo principale del giornale, per avere le idee chiare nella discussione o scambio di battute.
“Il Bolscevico” allora era mensile, ma il lavoro e le diffusioni da fare per far arrivare e elevare la coscienza degli operai erano tante. Spesso in due compagni ma anche da soli, dopo aver fatto nottata per preparare i volantini, partivamo la mattina presto per arrivare davanti alle fabbriche molto prima delle ore 7 fino a dopo le 8. I posti da coprire erano molti, ne sottolineo alcuni. Officina delle ferrovie dello Stato situata a Porta a Prato, la mattina presto e alle ore 17 del pomeriggio. Alla Piaggio di Pontedera sulla strada per andare a Pisa, in macchina oppure con il treno portavamo il giornale e i volantini. Alla Galileo, che all’epoca era in piazza Dalmazia, alla Manetti & Roberts, alla Longinotti quasi a Campi Bisenzio, alla Targetti fabbrica dove lavorava il compagno Emanuele Sala, alla Casina rossa all’Osmannoro, alla Stice e alla Superpila a Scandicci. Coprivamo anche la parte delle scuole superiori del quartiere di Rifredi con le diffusioni e dei dazebao mirati per gli studenti, come ad esempio quello di “boicottare le elezioni scolastiche e gli organi collegiali”. Avevamo preparato anche una mostra sulla storia del “Bolscevico” e l’opuscolo di Mao sulla lotta di classe, che allestivamo davanti alle fabbriche.
Con nostalgia e affetto ricordo un punto strategico di allora per le proficue diffusioni. L’Osmannoro, allora non era altro che una grande landa sperduta in mezzo ai campi dove il puzzo delle fabbriche e una costante umidità e nebbia anche di giorno faceva da cornice. Le difficoltà e i tempi non certo facili che sempre abbiamo avuto (non è una novità) sono state proprio l’inganno del PCI che aveva molta presa fra gli operai, nonostante questo i volantini erano presi volentieri, e diffondevamo tanti giornali e tutti pagati, certo gli operai correvano per non perdere l’autobus, correvano per entrare in fabbrica ma erano aperti alla lettura, agli scambi di opinioni. Dovevano ancora fare un passo importante, abbandonare ogni illusione rispetto al PCI e fare quel passo necessario per legarsi al nostro Partito. Ma questo lo sapevamo è stato ed è ancora un lavoro difficile.
Aiutarli a capire che il Partito e i marxisti-leninisti rappresentano i loro interessi e a elevare la loro coscienza, era questo il nostro compito, un compito non facile, lungo, ma tutt'altro che scoraggiante, prima o poi arriverà il momento. Con questo spirito senza temere sacrifici salendo in motorino con la nebbia o senza nebbia alle 6 del mattino per essere prima delle 7 sopra la piccola zanella in un altro punto sempre all’Osmannoro, un punto strategico che divideva l’incrocio dove le macchine o i motorini degli operai passavano, vedere che molti degli operai abituati alla nostra presenza tenevano già in mano l’allora 50 o 100 Lire per prendere il acquistare il giornale oppure pronti con il finestrino aperto a prendere il volantino, ma soprattutto il rapporto instaurato. Nonostante il forte sonnifero del revisionismo sugli operai e nelle masse popolari il clima era di grande apertura “ciao compagna cosa c’è di nuovo” “Ah! Il Bolscevico” “compagna anche oggi con il freddo”, ci salutavamo chiamandoci compagno o compagna, dandoci appuntamento alla manifestazione che era in programma di lì a pochi giorni, ritrovarci alla fontana della Fortezza da Basso luogo della partenza delle manifestazioni per sfilare nelle piazze di Firenze.
Mao ci aveva insegnato, e lo tenevamo bene a mente, una delle sue importanti indicazioni che spesso riportavamo anche nei dazebao.
 

Noi comunisti siamo come i semi e il popolo è come la terra. Ovunque andiamo, dobbiamo unirci al popolo, mettere radici e fiorire in mezzo al popolo
Che ci conforta e ci sprona ancora adesso, seminiamo arriverà il tempo del raccolto.
Ogni giorno una montagna di lavoro: dallo stendere il testo di un volantino, da preparare la matrice per poi ciclostilare, da scrivere i manifesti fatti a mano, arrotolare i manifesti per poi affiggerli sui muri della città. Anche le affissioni che facevamo la sera dopo cena coprivano tutta la zona assegnata alla Cellula: quindi gli ingressi delle fabbriche, le scuole e le piazze tutti gli incroci delle strade di maggior traffico. Con occhio vigile stando attenti alla polizia che circolava costantemente evitando di essere fermati e schedati, e per non farsi sequestrare il materiale che era costato tanto sudore, tempo e denaro. Nonostante la mole di lavoro e la naturale stanchezza e i momenti difficili i compagni raddoppiavano con forza il coraggio e la determinazione e come le dita di una mano si uniscono in un pugno forte anche noi ci sostenevamo fieri di aver fatto un ottimo lavoro, perché sapevamo che la mattina gli operai che magari potevamo incontrare nelle diffusioni erano a leggere i dazebao. Durante il giorno c’erano da portare i comunicati stampa ai giornali e alle agenzie di stampa, allora non avevamo nemmeno il fax, insomma il lavoro non mancava, caso mai mancava il tempo per realizzarlo.
Il PCI freno enorme per la presa di coscienza degli operai e noi piccola voce e pochi mezzi, soldi ancora meno, pochi spazi e possibilità rispetto alla necessità di elevare le coscienze delle operaie e operai, ma abbiamo fatto la nostra parte con tutto il cuore, impegno, entusiasmo e forza che abbiamo potuto. Con l’esempio dei compagni dirigenti, in primis del compagno Segretario generale del Partito Giovanni Scuderi, ogni compagno con disciplina proletaria, con entusiasmo e diligente impegno dava il meglio cercando di migliorarsi costantemente.
Il clima politico era molto diverso rispetto ad ora, il socialismo e il comunismo avevano ancora una forte influenza sul proletariato e sui giovani di sinistra. Il PCI revisionista e una miriade di gruppi sedicenti marxisti-leninisti ma in realtà revisionisti e trotzkisti, erano presenti e creati dalla borghesia e dai revisionisti per sabotare le lotte degli operai e dei giovani nelle piazze contro il governo affamatore e molti di loro cadevano nelle trappole del terrorismo e avventurismo. Capitalismo e socialismo due parole che negli anni ’60-’70 , erano conosciute e usate nelle manifestazioni, il capitalismo combattuto nelle piazze perché oppressione, e il socialismo ancora aspirazione perché fonte di libertà e progresso. Il marxismo-leninismo-pensiero di Mao era ancora per fortuna la luminosa guida della parte più avanzata dei giovani e del proletariato mondiale.
Nel 1974, alcuni compagni furono chiamati a coprire nuovi incarichi, fiorirono nuove Cellule. La nuova Cellula di cui farò parte nasce su base territoriale e prenderà il nome di “Stalingrado”, con l’onore di avere come Segretario di Cellula il compagno Dario Granito un valoroso quadro dirigente che con la sua direzione ideologica, politica e pratica, oltre alle sue capacità, ma anche alla sua pazienza, la Cellula si amalgamò velocemente fra i compagni di vecchia militanza con i nuovi compagni e si rese immediatamente operativa dopo un attento studio della situazione con un’indagine e inchiesta conoscitiva dell’ambiente, e con la programmazione del lavoro e l’attività fra le masse.
Interessarsi dei problemi delle masse e le loro esigenze e aiutarli a risolverli come ad esempio a ottobre 1977, la mancanza della scuola materna nel quartiere, solo grazie alla forte e decisiva mobilitazione dei genitori, non arrestandosi di fronte alle vane promesse dei vari assessori e del Comune ma con numerose manifestazioni a cui il Partito dava il suo necessario e fondamentale contributo, la lotta portò i suoi frutti, la scuola fu costruita. Oppure sempre in quegli anni la mobilitazione che vide il Partito costantemente presente e attivo con i genitori delle scuole cittadine contro il provvedimento ministeriale dell’allora governo Andreotti che sospendeva il prolungamento dell’orario nelle scuole materne, anche allora e solo grazie alla lotta dei genitori ma anche degli insegnanti della scuola, e dell’apporto instancabile del Partito il provvedimento ministeriale fu ritirato.
Il 9 Aprile 1977 una vittoria del proletariato sulla borghesia, la Fondazione del PMLI e l’apporto ancora più fondamentale nella lotta di classe, ma di questo evento è scritta la storia nei documenti del Partito e ben sintetizzati dal Segretario generale alla Festa nel 40° della Fondazione avvenuta il 12 aprile 2017.
Altre importanti manifestazioni e battaglie hanno visto la necessaria e fondamentale partecipazione della Cellula negli anni come per l’8 Marzo. Nel periodo 1977-1978-1979 , la partecipazione alle tante manifestazioni per richiedere a gran voce l’aborto libero gratuito e assistito, contro il Movimento per la vita che a Firenze aveva il suo capo Carlo Casini ma anche l’allora cardinale nero Benelli e la sua campagna antiabortista.
Decine e decine di manifestazioni con grande forza e combattività contro la violenza sessuale. Enorme fu la mobilitazione nazionale alla manifestazione che si tenne a Grosseto per condannare la vergognosa assoluzione del carabiniere che proprio in quella città aveva stuprato una ragazza. Anche allora come è successo a Firenze lo scorso anno dove due studentesse sono state stuprate da due carabinieri, si continua a colpevolizzare le donne si lasciano impuniti e si giustificano gli stupratori.
Intorno al ’77 altre importante manifestazioni che videro ancora una volta come nel ’68 la partecipazione attiva e costante dei giovani per liberarsi dallo sfruttamento e dall’oppressione borghesi molti attratti e dirottati a causa degli “ultrasinistri” nel terrorismo e nel far fallire le lotte ma soprattutto anche a causa del PCI revisionista allora di Berlinguer che ha stroncato il movimento, propagandando “ la solidarietà nazionale”, “il compromesso storico” con i governi piduisti di Andreotti, Cossiga, Craxi. Da allora in poi forti dosi di sonnifero fanno in modo che deologizzazione, decomunistizzazione e fascisitizzazione prendano campo.
 

Il passaggio in seconda linea e il ritorno in prima linea
Agli inizi degli anni ’80 il Partito mi propone di lavorare per l’Attività vitale del Partito e di passare in seconda linea. Con disciplina proletaria, con entusiasmo, impegno e diligenza, accetto con estrema gioia tenendo a mente che per un militante ciò che conta è fare la rivoluzione indipendentemente dal posto di combattimento che il Partito ci assegna.
La mancanza di attività pratica a contatto con le masse, può essere un pericolo, può far arretrare se non è supportata da una forte e rinnovata volontà di coerenza nella scelta di vita fatta, soprattutto senza l’assimilazione della linea del Partito e del marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
Non essere a contatto diretto con le masse il loro esempio, la loro forza, i loro bisogni, vivere gli stessi problemi, il loro coraggio, partecipare alle manifestazioni, tutto questo mancava. Leggere “Il Bolscevico” e nutrirsi dei resoconti delle manifestazioni, delle lotte dei compagni nell’attività pratica era importante per provare lo stesso entusiasmo e le stesse gioie e sensazioni di chi vi partecipava. Mettere al primo posto e fare il bene del Partito questo era importante e in quelle decine e decine di anni in seconda linea era necessario fosse fatto perché serviva alla costruzione e lo sviluppo del Partito. La costruzione del Partito le vittorie e i successi frutto di un lavoro e un’opera collettiva, compagni che con modestia e semplicità si impegnavano, compagni che fedeli alla causa si impegnavano al massimo senza badare a sacrifici personali consolidavano e rafforzavano il Partito.
Con la storia politica ripercorsa dal ’70 ad oggi credo si possa dire che la storia del Partito è un patrimonio prezioso, un patrimonio che appartiene a tutti noi militanti è una storia di esperienze e idee che appartiene e deve essere conosciuta e tenuta viva all’interno delle varie Istanze ma anche del proletariato perché è la storia fatta e che continua a essere la storia della lotta tra il marxismo-leninismo e il revisionismo in Italia. Conoscere la storia serve per l’azione e il radicamento, la memoria e l’esperienza da trasmettere ai nuovi militanti alle nuove Cellule, serve a preservare il Partito dagli attacchi dei nemici.
La memoria e le esperienze, lo spirito rivoluzionario, lo stile di lavoro, i sentimenti come la modestia, la correttezza, i sacrifici sono memorie che non si devono disperdere e dimenticare nel tempo.
Con lo stesso spirito di allora dopo 38 anni sono tornata a volantinare. Con la stessa determinazione e gioia ma quanta emozione! Sarò ancora capace? Come sarò accolta non più giovane? Saranno accettati i volantini sull’astensionismo? Così come si torna ad andare in bicicletta dopo tanti anni senza essere saliti in sella, la memoria storica è tornata a farsi presente. Tutto bene. Non c’è limite di età per diffondere, purché si abbia la salute, io da questa nuova esperienza ho ricavato una bella boccata di ossigeno. I volantini ben accettati e addirittura richiesti spontaneamente, certamente bisogna sempre imparare da ogni compagno o compagna dall’esperienza fatta secondo il posto dove ci troviamo, e questa è la dialettica delle cose e lo stile del lavoro del nostro Partito.
Ho verificato nella pratica che la situazione e il clima politici di oggi non sono quelli di trentotto anni fa. Ma c’è ancora interesse verso la falce e martello, c’è ancora un ampio spazio per il nostro amato Partito. Bisogna solo saperlo occupare e il CC ci ha detto esattamente cosa bisogna fare. Facciamolo. Ringrazio il Partito e la mia Cellula che mi hanno dato di nuovo la possibilità di volantinare. Ora ritorno a concentrarmi sui miei compiti prioritari.
L’oppressione e l’incertezza di un futuro dei giovani nel capitalismo come negli anni ’60-70 sono la cruda realtà. Sono cambiati i tempi ma non è cambiato lo sfruttamento, un futuro incerto, senza prospettive di lavoro, anzi l'imbarbarimento della società e dei rapporti sociali, forti dosi di sonnifero propugnate da anni dai partiti parlamentari borghesi al servizio della borghesia e del capitalismo che cercano di rendere docili addormentando il cervello proponendo stili di vita e modelli borghesi, falsi bisogni, cultura retrograda e reazionaria sul protagonismo e il predominio l’uno su l’altro e sulla donna in particolare. Illusione che la loro partecipazione nelle istituzioni borghesi così come nel volontariato possono migliorare la società capitalista, il capitalismo non si aggiusta non si riforma e non si migliora, perché è basato sul denaro, il massimo profitto e lo sfruttamento. Nonostante una coltre indurita da decenni di inganni e menzogne, il terreno da arare è fertile. I giovani che sono il nostro avvenire e che attualmente sono disorientati e confusi possono risvegliarsi alla splendida luce del sole dell’avvenire, possono conoscere il Partito e nutrirsi del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, conoscere il socialismo e l’importanza della sua conquista sulla via dell’Ottobre che è la via dell’emancipazione e del soddisfacimento degli interessi immediati e futuri, per non rimanere schiavi del capitalismo. Spetta a noi dissodare il terreno. Intanto facendo del nostro meglio affinché le giovani e i giovani più combattivi, le operaie e gli operai avanzati disertino le urne, continuino a far avanzare l’astensionismo già ben forte da anni e lo riconoscano come un voto al PMLI contro il capitalismo e per il socialismo, e capiscano che chi vuole cambiare la società deve fare il passo necessario, quello di conoscere e approfondire la linea del PMLI e legarsi ad esso come militante o simpatizzante.
Rovesciare il capitalismo italiano è un contributo anche all’internazionalismo proletario e alla lotta contro l’imperialismo internazionale oppressore, affamatore e fonte di guerre .
La piazza, come ho potuto constatare di nuovo, è il nostro terreno ideale e naturale di lotta, frequentandola si tasta il polso delle masse e piano piano si possono incontrare forze e alleati. Senza scoraggiarsi continuiamo ad avere fiducia nel marxismo-leninismo-pensiero di Mao, nel socialismo, nelle masse, nel Partito e in noi stessi.
Come ha sostenuto il nostro Segretario generale Giovanni Scuderi nel discorso “Da Marx a Mao”, “oggi più che preoccuparci di quando arriverà il socialismo, di quando arriverà la svolta rivoluzionaria della lotta di classe, di quando il proletariato si schiererà con noi, dobbiamo preoccuparci di dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso”.
La vecchia generazione di militanti ancora fedeli alla causa del Partito e alla sua missione storica, cioè la conquista del potere politico da parte del proletariato non si è mai preoccupata di quando arriverà il socialismo, seguendo l’esempio dei compagni migliori, e l’esempio del compagno Segretario generale è il più evidente, si è unita alla nuova generazione, incrollabili davanti alle difficoltà senza nulla chiedere in cambio continuando a dare, tempo, risorse, energie e denaro per la causa del Partito e l’emancipazione del proletariato, e vigilare affinché il Partito non cambi colore, a formare e educare i successori alla causa della rivoluzione che la vecchia generazione ha iniziato.
Proseguendo con coerenza la nostra Lunga Marcia politica e organizzativa sulla via dell’Ottobre verso l’Italia unita rossa e socialista, con la spinta e lo slancio della 6° Sessione plenaria del 5° CC del PMLI per risolvere i tre vecchi problemi, quello economico, l’allargamento del gruppo di lavoro al Centro e il radicamento locale.
Viva il volantinaggio! Viva le compagne e i compagni che volantinano!
 
 

7 marzo 2018