Istituito sotto il governo Berlusconi e votato anche dal “centro-sinistra”
Il “giorno del ricordo” è un regalo ai fascisti
Falsità anticomuniste e pro-fasciste di Mattarella sulle foibe

 
Mai come adesso c'è bisogno di ribadire il valore storico e attuale dell'antifascismo e della gloriosa Resistenza partigiana, visto che i gruppi apertamente neofascisti e neonazisti hanno rialzato la testa, con la connivenza delle istituzioni borghesi e dei partiti di regime. Oggi più che mai quindi la posizione degli antifascisti verso il “giorno del ricordo” deve essere ferma e netta, di fatto è uno spartiacque fra chi lo è veramente e chi solo a parole.
Tanto più che il presunto slogan sulle foibe lanciato alla manifestazione antirazzista di Macerata del 10 febbraio è stato preso a pretesto non soltanto dalla destra filofascista, tramite “Il Giornale”, “Il Tempo” e compagnia brutta, ma anche dal PD, attraverso la sua dirigente nazionale, già vicesegretaria Debora Serracchiani, per oscurare il significato storico di quella giornata e screditarla. Al di là dello slogan in sé, discutibile sul piano tattico e riguardo il contenuto, è stata l'occasione per rilanciare la canea anticomunista e antipartigiana sul “massacro” delle foibe e riabilitare i criminali fascisti giustiziati allora. Parte cioè della riabilitazione di Mussolini stesso e della legittimizzazione di chi oggi vorrebbe restaurare il suo regime.
A guidare l'odioso coro c'era Mattarella, che ha rispolverato le solite falsità sulla “tragedia provocata da una pianificata volontà di epurazione su base etnica”, ha messo sullo stesso piano la “durissima occupazione nazifascista” e “la violenza del comunismo titino”, senza farsi mancare la solita sviolinata all'Ue sostenendo che, grazie ad essa, oggi “in quelle zone martoriate, si sviluppano dialogo, collaborazione, amicizia fra popoli e stati”. Lasciando ora da parte la palese assurdità di quest'ultima affermazione, c'è da chiedersi come mai il capo dello Stato non trovi parole altrettanto dure per condannare la violenza dei gruppi fascisti, tanto che non ha trovato il coraggio nemmeno per parlare chiaramente di “attentato” e “fascismo” dopo l'attacco di Macerata.
 
Come e perché si arrivò alle foibe
La storia della “pulizia etnica”, usata originariamente dalla propaganda della cosiddetta Repubblica Sociale Italiana (RSI), ha ispirato l'istituzione nel 2004 del cosiddetto “giorno del ricordo”. Allora era in carica il governo Berlusconi, ma la legge sulla giornata fu approvata quasi all'unanimità dal parlamento, anche dagli allora DS. Il “ricordo” sarebbe rivolto alle “migliaia”, se non “decine di migliaia”, di “italiani” gettati nelle foibe (cavità carsiche presenti in Venezia Giulia e in Dalmazia) dai partigiani jugoslavi. Abbiamo messo “italiani” fra virgolette perché fra le varie falsità c'è proprio il fatto che a finire infoibati non furono soltanto italiani, peraltro fascisti e invasori, ma anche collaborazionisti locali.
I fatti delle foibe restano incomprensibili senza tenere conto del contesto di allora. Dal 1919, quando fu annessa all'Italia, era in atto in Istria un processo di italianizzazione forzata che si acuì particolarmente dopo l'avventò del regime fascista nel 1922, con deportazioni della popolazione, divieto di insegnamento della lingua slava, attacchi e violenze contro gli oppositori e successivamente campi di concentramento, incendi di villaggi, eccidi. Basti pensare che per Mussolini gli slavi erano una razza “inferiore e barbara”.
L'occupazione fu talmente dura che già negli anni '20 si svilupparono i primi focolai di resistenza, contro cui si scatenò una sanguinosa repressione che fece morti su morti. Già allora, accanto agli elementi nazionalisti, c'era una forte presenza di comunisti, che non improntavano questa lotta su basi etniche, bensì sulla mobilitazione antifascista della classe operaia e delle masse. I comunisti conquistarono l'egemonia anche nella lotta partigiana che si sviluppò dopo l'invasione nazifascista della Jugoslavia nel 1941, a seguito della quale l'oppressione si fece ancora più feroce, con massacri di civili, esecuzioni sommarie e altri soprusi: i popoli della Jugoslavia pagarono un pesante tributo di sangue, circa 1 milione di vittime, oltre ai 700mila morti nella guerra di liberazione.
L'inasprimento delle crudeltà e delle angherie da parte dei nazifascisti fra il 1943 e il 1945 portò la stragrande maggioranza della popolazione jugoslava a dare il proprio appoggio alla resistenza, che nei territori istriani e dalmati vide la partecipazione anche delle brigate Garibaldi e dei Gap. Fra i partigiani jugoslavi e italiani c'era quindi una fraterna collaborazione antifascista, altro che odio etnico.
Le prime foibe risalgono a dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, quando alcune centinaia di persone fra fascisti italiani, collaborazionisti slavi e tedeschi vengono giustiziati dai partigiani e i loro corpi infoibati. Lo stesso schema viene seguito dopo la liberazione, avvenuta nel maggio 1945. Le stime più attendibili parlano di circa 500 persone infoibate, non quindi migliaia e migliaia. Si trattava perlopiù di individui che si erano macchiati di gravi crimini di guerra; è probabile che, nel caos di quegli anni, persero la vita anche degli innocenti, ma questo non basta a riabilitare chi fu giustamente pagò per le proprie colpe. È comunque falsa la tesi della “pulizia etnica” e dello sterminio, che occulta la lotta dei popoli italiano e slavi per liberarsi della barbarie nazifascista. Altrettanto falsa è la storia dell'“esodo degli italiani” da quelle terre, che fu volontario, non forzato, e spesso dovuto alla paranoia anticomunista.
Per un quadro più completo sulla vicenda, è possibile leggere l'articolo “Sulla questione delle foibe: origini, storia e responsabilità”.
 
Chi trae vantaggio dal “giorno del ricordo”
Non sono quindi le foibe ad essere caratterizzate da un “carico di morte, di crudeltà inaudite, di violenza ingiustificata e ingiustificabile”, come sostiene Mattarella, ma i nazifascisti che sparsero il sangue dei popoli slavi.
È palese quindi che il “giorno de ricordo” non ha altro scopo che creare una “memoria condivisa” per ridare linfa al nazionalismo e l'anticomunismo di Stato. Utile ora che il capitalismo nostrano vuol giustificare e far accettare alle masse il nuovo interventismo dell'Italia all'estero. Ma è anche un regalo enorme ai fascisti di oggi, facendo passare i carnefici per vittime e negando i crimini del regime mussoliniano. Mentre le teppaglie squadriste vengono lasciate scorrazzare indisturbate e gli antifascisti che protestano contro la loro presenza vengono presi a manganellate dalle “forze dell'ordine”.
Per questi motivi è doppiamente da respingere da parte di tutti gli antifascisti, che oggi, specie dopo Macerata, sono chiamati alla responsabilità storica di sbarrare la strada alle camicie nere che, con la complicità del capitale, hanno rialzato la testa, e al contempo di denunciare il regime neofascista imperante.
 

7 marzo 2018