La difendono Non Una Di Meno, Usb e Cobas. I giuristi democratici: Illegittima la richiesta di licenziamento
Maestra antifascista indagata e sospesa per aver accusato i poliziotti di proteggere i fascisti
Lavinia Flavia Cassaro rischia anche il licenziamento invocato da Renzi

Il linciaggio politico, mediatico e professionale a cui è stata sottoposta la maestra Lavinia Flavia Cassaro, ripresa dalla telecamere di Matrix il 22 febbraio scorso a Torino durante un corteo antifascista contro la convocazione di un comizio elettorale di Casa Pound mentre denunciava le violenti cariche delle “forze dell'ordine” schierate contro i manifestanti e a difesa dei neofascisti, sta suscitando una grande solidarietà e prese di posizione in suo favore.
“Non la conosciamo di persona – scrive in una nota il “sindacato di base” Usb – ma riconosciamo la sua incontenibile rabbia contro poliziotti che proteggono i fascisti, ammessi a partecipare alle elezioni in un paese la cui Costituzione lo vieta espressamente”. Il sindacato critica fra l'altro la scelta del nuovo Scelba Minniti di “proteggere fascisti e leghisti” con una polizia “impegnata con zelo nelle cariche a chi contesta i vari Di Stefano, Fiore, Meloni e Salvini”.
L’attacco “a Lavinia è un preciso avvertimento rivolto alla categoria dei docenti – conclude Usb – un monito a tenere la testa bassa. Lavinia non era in servizio, un episodio della sua vita privata è usato per mettere in discussione il suo lavoro, il suo stipendio, la sua professione”.
A dare il via al linciaggio era stato il nuovo duce Renzi che in diretta Tv, subito dopo aver visto il filmato, invocava il licenziamento in tronco della maestra antifascista. La questura di Torino inviava subito gli atti alla procura con l'ipotesi di reato di oltraggio a pubblico ufficiale. Mentre la ministra piddina dell'Istruzione Valeria Fedeli immediatamente avviava un’indagine disciplinare attraverso l'ufficio scolastico regionale del Piemonte che ha già notificato all'insegnante il provvedimento di sospensione dal servizio, nel quale si legge che "la sanzione prospettata è quella del licenziamento. Il procedimento anche a seguito di ulteriori approfondimenti effettuati dall’ufficio scolastico nelle scorse ore, è stato attivato in considerazione della gravità della condotta tenuta dalla docente che, seppure non avvenuta all’interno dell’istituzione scolastica, contrasta in maniera evidente con i doveri inerenti la funzione educativa e arreca grave pregiudizio alla scuola, agli alunni, alle famiglie e all’immagine stessa della pubblica amministrazione"
Al fianco di Lavinia si è schierato anche il movimento “Non una di meno” che in una nota sottolinea: “Attaccando questa maestra si ribadisce un modello di scuola patriarcale e sessista a cui le insegnanti, come missionarie, dovrebbero aderire in ogni momento della propria vita. Siamo solidali con lei e tutte le insegnanti che si vorrebbe ridurre al silenzio sotto il ricatto di un lavoro sottopagato e precario. Questo è un attacco a tutti i lavoratori pubblici. Li vogliono avvisare: quanto fanno nella vita extra-lavorativa peserà nella valutazione del loro lavoro”.
Mentre i giuristi democratici hanno bollato come autoritario e incostituzionale il licenziamento invocato da Renzi sottolineando fra l'altro che: ”Il lavoratore non vende più se stesso ma solo le attività indicate nel contratto e nell’orario di lavoro, restando irrilevante la sua vita extra-lavorativa. Se verrà rilevato un elemento giuridicamente rilevante nella condotta di Cassaro, ne risponderà, Ma licenziarla ora significherebbe solo segnare un’equidistanza tra fascismo e antifascismo, tra chi spara e chi grida a volto scoperto e mani nude, e questo non è accettabile”.
Fuori dal coro forcaiolo alimentato ad arte da buona parte della stampa di regime si sono schierate le redazioni dei siti EuroNomade e Effimera che in un appello congiunto denunciano il tentativo di “neutralizzare lo spazio democratico aperto dal corteo di Macerata in poi che ha rivelato una nuova vitalità dell’antifascismo non istituzionale come pratica concreta dell’antirazzismo e dell’antisessismo”.
Una simile persecuzione politica, giudiziaria e istituzionale non ha impedito a tante forze politiche, sindacali e della società civile autenticamente democratiche di offrire piena solidarietà a Lavinia, e si ricordi tra tutte il blog 'Cattive Maestre', espressione di un gruppo di docenti che lo hanno creato nel 2015 per protestare contro la rifoma della Buona Scuola del governo Renzi: "Non siamo tenute - si legge - a incarnare 24 ore su 24 e in ogni momento della nostra vita il ruolo del posto di lavoro né a rispettarne la disciplina. Solidarietà all'insegnante torinese in piazza e nelle classi tutti i giorni contro ogni fascismo".
Anche il PMLI e il suo organo Il Bolscevico esprimono piena solidarietà a Lavinia, colpevole soltanto di tenere alti i valori dell'antifascismo e della Resistenza in un momento in cui imperversano, con la piena connivenza delle autorità dello Stato borghese, i gruppi fascisti in tutta Italia, vengono marchiati gli antifascisti a Pavia, mentre a Macerata alcuni africani sono stati feriti da un leghista e a Firenze un lavoratore senegalese è stato assassinato da un fascistoide razzista.
Ma cosa aveva detto Lavinia di così grave da irritare così tanto i poteri dello Stato borghese, dal mondo politico alla magistratura fino alle istituzioni scolastiche? Aveva soltanto gridato ai poliziotti che, anziché difendere i valori costituzionali della Repubblica nata dalla Resistenza antifascista, difendevano il corteo dei fascisti del terzo millennio "vigliacchi, dovete morire, fascisti!", esprimendo il sentimento di milioni di italiani che pensano esattamente ciò che pensa Lavinia a proposito delle forze di polizia italiane e dello Stato borghese che le foraggia, il quale dovrebbe invece mettere fuori legge i gruppi nazifascisti, anziché permettere loro di sfilare in una città, Torino, che ha pianto tanti martiri antifascisti e che tanto ha dato nella lotta contro la delinquenza nazifascista.
Sono milioni e milioni gli italiani che la pensano come la coraggiosa maestra, colpevole soltanto di essere un'insegnante pubblica in uno Stato che formalmente dovrebbe essere antifascista, ma che evidentemente non lo è.
Intervistata da Sky TG24, la giovane insegnante non ha fatto un passo indietro, dicendo chiaramente "non mi pento e non mi vergogno", e lo stesso concetto ha ripetuto a tutti i giornali che l'hanno intervistata, e che faccia sul serio lo dimostra la sua partecipazione il 1° marzo a un corteo che si è svolto per protestare contro un comizio di Forza Nuova.
In un'altra intervista alla “Stampa” di Torino l'insegnante ha chiaramente detto che "con gli idranti se la sono presa con quei ragazzi che sfilavano inermi", e quindi "intendevo dire che deve morire questo sistema statale. Quindi anche l'apparato militare, non i poliziotti in sé".
Quanto ai corpi di polizia, è bene ricordare che mentre costoro invocano il licenziamento e la galera per l'insegnante torinese per avere soltanto augurato la morte, chi la morte l'ha realmente inferta in modo atroce in Piazza Alimonda a Genova durante il G8, quegli aguzzini in divisa che assassinarono a sangue freddo il diciottenne Federico Aldrovandi a Ferrara e il giovane geometra romano Stefano Cucchi non solo non hanno mai fatto un giorno di galera ma sono stati premiati e hanno fatto carriere com'è accaduto ai vertici delle “forze dell'ordine” che a Genova nel 2001 capeggiarono e permisero il massacro alla scuola Diaz e le torture alla caserma di Bolzaneto, come Gilberto Caldarozzi (condannato a 3 anni e 8 mesi) e poi alla fine del 2017 promosso a vicedirettore della DIA, o come De Gennaro che non si schiodò dalla sua poltrona di capo della polizia che si era reso colpevole della “macelleria messicana” e dei pestaggi al G8 di Genova.

14 marzo 2018