Le suore protestano contro lo sfruttamento da parte dei preti e prelati

Fin dai tempi dell'apostolo Paolo è risaputo che uno dei precetti fondanti della religione cattolica è la totale sottimissione della donna all'uomo; ma nessuno fino ad oggi si era mai chiesto fino a che punto questa sottomissione potesse arrivare fra le mura vaticane e della chiesa cattolica.
Lo ha fatto la giornalista francese di informazione religiosa Marie-Lucile Kubacki, autrice di un'inchiesta pubblicata dal mensile dell’Osservatore Romano: “Donne Chiesa Mondo” pubblicata il 1° marzo, proprio alla vigilia della Giornata internazionale delle donne, da cui emerge che le suore consacrate al servizio di cardinali e vescovi sono ancora e largamente sfruttate, oppresse e schiavizzate nonostante la cosiddetta “rivoluzione francescana” di papa Bergoglio.
Donne, prima ancora che suore, che stanno in piedi dall’alba fino a sera tardi per preparare colazione e cena, stirare, lavare, tenere in ordine la casa. Alcuni le hanno soprannominate “Suore pizza”, umiliate e costrette a consumare il loro pasto da sole in cucina. Suore frustrate e sottopagate che sempre più spesso devono ricorrere agli ansiolitici per sopportare il “pesante fardello” imposto da altri “consacrati” esattamente come loro ma di sesso diverso.
L'inchiesta s'intitola “Il lavoro (quasi) gratuito delle suore” e i nomi delle suore protagoniste che hanno deciso di denunciare l'odiosa condizione di vita che sono costrette a sopportare all'interno delle mura vaticane sono tutti di fantasia per coprire le vere identità e impedire sicure ritorsioni o vendette dei colleghi maschi “consacrati”.
È il caso di Suor Marie: “giunta a Roma dall’Africa nera una ventina di anni fa. Da allora accoglie religiose provenienti da tutto il mondo e da qualche tempo ha deciso di testimoniare ciò che vede e che ascolta sotto il sigillo della confidenza”. Rivela Suor Marie: “Ricevo spesso suore in situazione di servizio domestico decisamente poco riconosciuto. (…) Alcune di loro, impiegate al servizio di uomini di Chiesa, si alzano all’alba per preparare la colazione e vanno a dormire una volta che la cena è stata servita, la casa riordinata, la biancheria lavata e stirata”.
Sono donne che arrivano spesso da Paesi poveri. Dall’Africa, dall’Asia, dall’America Latina. E non possono contare neanche sulla solidarietà delle loro famiglie. Per la serie: “Di che cosa ti lamenti? Non fare la capricciosa”. Le suore lavapiatti sono anche teologhe intellettuali che a Roma non trovano che una collocazione da collaboratrici domestiche, senza orario e con pochi euro di guadagno. Col prete maschio non si può condividere nulla, compresa la mensa, simbolo centrale del Vangelo. Conclude Suor Marie: “Un ecclesiastico pensa di farsi servire un pasto dalla sua suora e poi di lasciarla mangiare sola in cucina una volta che è stato servito? È normale per un consacrato essere servito in questo modo da un’altra consacrata?”.
Sono storie di donne provenienti dall’Africa nera, ad esempio, che servono nelle case di alti prelati romani, altre lavorano in cucina in strutture della chiesa. Altre ancora insegnano o svolgono compiti di catechesi.
Frutto di una concezione maschilista, antifemminile e patriarcale della donna che travalica il Tevere e giunge fino alle alte sfere del Vaticano dove la subalternità della donna all’uomo nel lavoro, nella famiglia, nella società, nella politica e nelle istituzioni regna sovrana insieme alla discriminazione salariale, il doppio lavoro, a casa e nella professione secondo un rigido schema patriarcale ed etero normativo che impone l’uomo etero al centro dell'universo e la donna in posizione a lui subalterna, un mero oggetto sessuale, strumento di piacere e di riproduzione, di sua esclusiva proprietà, sempre fedele, consenziente, servizievole e rispettosa del potere maritale, statale e della morale ed etica borghesi e cattoliche.
 

4 aprile 2018