Prepariamoci al XVIII Congresso della Cgil
Critichiamo la “Traccia di discussione” Il lavoro È

Il XVIII congresso della Cgil si terrà a Bari dal 22 al 25 gennaio 2019. La Camusso finisce il suo mandato e sarà eletto un nuovo segretario generale. Per il nostro Partito si tratta di un appuntamento importante, considerato che la Cgil è il più grande sindacato italiano. In particolare le lavoratrici e i lavoratori, le pensionate e i pensionati, militanti e simpatizzanti del PMLI devono sentirsi coinvolti da questo evento.
Al Partito non sfugge come la Cgil sia oramai un sindacato del regime capitalista, neofascista, interventista e razzista, che di fatto, pur con delle resistenze al suo interno, accetta le nuove relazioni industriali e sindacali di stampo mussoliniano, plasmate sul “modello Marchionne” e sul Jobs Act.
Tuttavia la Cgil è la più grande organizzazione di massa del nostro Paese che storicamente raggruppa la maggioranza della classe operaia italiana: questi sono i motivi principali per cui crediamo sia ancora utile e necessario lavorare in questo sindacato. Compatibilmente con le nostre forze dovremo quindi prendere parte attiva alla battaglia congressuale, con le nostre posizioni, agendo in modo coordinato. Non sappiamo ancora se ci saranno uno o più documenti congressuali. La corrente di sinistra il Sindacato è un altra cosa ha i numeri minimi necessari per farlo, e sembra intenzionata a presentarlo utilizzando i suoi 5 delegati.
Facendo una breve panoramica sulle posizioni interne vediamo che la Fiom non rappresenta in questo momento, a differenza del passato, la parte avanzata della Cgil. Proprio in questi giorni si è tenuta l'Assemblea nazionale di categoria, prima tappa verso il congresso. Tra i punti all'ordine del giorno la proposta di una “coalizione del lavoro” (che rimanda alla fallimentare “coalizione sociale” di Landini) e la sottolineatura della questione salariale e dell'orario di lavoro, ma la segretaria Re David sembra essersi dimenticata che proprio i metalmeccanici hanno firmato uno dei peggiori contratti attualmente in vigore, in particolare proprio sul salario.
Più che a livello di categorie le differenziazioni sono trasversali, e danno vita a quelle che si chiamano “aree programmatiche”. A sinistra del blocco rappresentato dalla Camusso ci sono Lavoro Società (LS), Democrazia e Lavoro (DL), il Sindacato è un'altra cosa (SAC).
LS si autodefinisce sinistra sindacale nella maggioranza. Vuol dire che si colloca “al governo” della Cgil e al di là degli slogan, nel suo documento di “contributo al congresso” uscito dall'assemblea nazionale del 28 febbraio di questa area, si afferma che la Cgil deve “continuare sulla linea di questi ultimi anni”. Parla di “cambiamento” e di “analisi marxiana” della società ma nella sostanza sostiene la segreteria, la linea Camusso, l'Unione Europea (UE). Invocare una Cgil “unita e plurale” alla fine sembra ridursi alla richiesta di mantenere le poltrone alla propria corrente.
DL è guidata da Nicola Nicolosi che per anni è stato esponente di spicco di Lavoro Società. Si discosta poco dall'analisi di LS, anche se mantiene un atteggiamento leggermente più critico verso alcune scelte della Cgil. Le differenze tra DL e LS sono davvero sottilissime. Si tratta di due cordate diverse che pensano di poter spostare verso sinistra la Cgil, nel frattempo cercano di “marcare il territorio” e mantenere le proprie poltrone tra i dirigenti e i funzionari sindacali.
Infine il SAC ha una posizione critica più marcata e organica e si definisce “opposizione in Cgil”. Dall'ultimo congresso a oggi quest'area si è molto ridotta e parecchi dei suoi esponenti di spicco sono migrati nell'USB. Anche quest'area non è esente da critiche visto che al suo interno trovano spazio fazioni trotzkiste, operaiste e riformiste che hanno spesso un atteggiamento settario. Al congresso precedente abbiamo comunque votato il documento presentato da il SAC.
Nel caso di due documenti il nostro Partito ha sempre aderito a quello che raggruppava il dissenso di sinistra alla segreteria generale. Perché in linea di massima vi si trovano posizioni e rivendicazioni più simili alle nostre e perché questo ci permette di non essere isolati e fare una battaglia comune contro la destra della CGIL. Senza rinunciare ad esporre e portare avanti, in maniera dialettica, la nostra posizione sul Grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati che ci differenzia dalle altre componenti d'ispirazione trotzkista e operaista.
Noi auspichiamo una sinistra sindacale unita, numericamente corposa in grado di proporre un documento alternativo con un'alta adesione ma verosimilmente, data la situazione attuale, sarà presentato esclusivamente dal SAC. Se non ci saranno altre proposte presumibilmente vi aderiremo, naturalmente prima lo dovremo studiare e valutare.
Il direttivo nazionale della Cgil si riunirà 3 volte prima di stabilire in maniera definitiva il/i documento/i congressuali. La prima sessione si è già svolta il 9 e 10 marzo e ha scelto la data del congresso nazionale. Il 29 maggio si riunirà la seconda sessione che analizzerà eventuali modifiche ai testi e se questi rispettano il regolamento. Solo la terza sessione, convocata per il 7 giugno 2018 licenzierà il documento, o documenti, in maniera definitiva, compresi eventuali emendamenti che possono essere accolti, respinti oppure portati in discussione lungo tutto l'iter congressuale.
Contemporaneamente saranno istituite commissioni di garanzia congressuale a tutti i livelli: dalle categorie alle Camere del Lavoro alle Cgil Regionali fino al commissione nazionale. A parte la tabella con le scadenze congressuali. I congressi di base partiranno subito dopo.

Il lavoro È
Una “traccia” del documento della maggioranza è già stata diffusa, titolo: “Il lavoro È”. Nella presentazione di questa bozza si trovano le linee fondamentali che il gruppo dirigente maggioritario ha intenzione d'imporre al congresso.
Queste sono incardinate sulla Carta dei diritti universali del lavoro, sul Piano del lavoro, sulle “nuove relazioni industriali” definite negli accordi sulla struttura contrattuale firmati poche settimane fa con la Confindustria, sul “rafforzamento della legittimità democratica delle istituzioni europee”. Posizioni già criticate da “Il Bolscevico”. Secondo esse le fondamenta della Cgil dovrebbero poggiare sul sindacato istituzionale, delle compatibilità economiche, della collaborazione con il padronato, del rilancio della UE. Su quest'ultimo tema bisogna dire con chiarezza e forza che l'Unione europea va distrutta perché è una superpotenza al servizio dei capitalisti, fonte di guerre imperialiste e di imposizioni politiche ed economiche ai paesi membri che colpiscono gli interessi delle masse lavoratrici e popolari. In ogni caso l'Italia deve uscire dalla Ue.
Nel documento Il lavoro È uno dei primi temi toccati sono le pensioni, si riconosce che la legge Fornero ha provocato una “grave frattura” con il passato ma non c'è la minima autocritica all'atteggiamento tenuto dalla Cgil verso la controriforma pensionistica e il governo Monti, di sostanziale accondiscendenza e opposizione di facciata che partorì la “protesta” di sole tre ore di sciopero.
Lo stesso discorso lo si può fare sul Jobs Act, tanto criticato nella bozza ma che nel concreto non fu contrastato con la fermezza richiesta dalla gravità della situazione, e anziché imbastire una lotta immediata come hanno fatto i lavoratori e alcuni sindacati francesi per una legge simile (il Loi Travail), se ne chiedeva blandamente la modifica. In forte ritardo partì la mobilitazione, interrotta quasi subito, nonostante la disponibilità alla lotta dei lavoratori.
Si riconosce che nel “nostro Paese esiste una vera e propria emergenza sanità” e la Cgil rivendica l'obiettivo di “ripristinare la garanzia del diritto universale alla salute, incrementando il finanziamento al Fondo sanitario nazionale”. I contratti firmati anche dalla Cgil però portano tutti ad un'estensione del welfare aziendale, (che comprende quello sanitario) che porta sgravi ai padroni e perdita di finanziamento allo Stato. Come possono stare assieme queste due cose? È evidente che lo sviluppo dell'uno (welfare privato) presuppone l'indebolimento dell'altro (pubblico). Riguardo alla sanità si parla di eliminare i superticket, invece bisogna chiedere di eliminare tutti i ticket.
Molto vaga l'analisi e le rivendicazioni sul salario e sulla riduzione dell'orario di lavoro, questioni importanti e non più rinviabili. Si prende atto che “l'Italia è il Paese con l'orario contrattuale più lungo e i salari più bassi e ha divari salariali tra uomini e donne inaccettabili” e la necessità di una nuova “politica salariale” ma poi, nel concreto, si firmano contratti e accordi che legano qualsiasi aumento alla produttività e sotto forma esclusiva di welfare aziendale.
La richiesta di un abbassamento dell'orario contrattuale viene di fatto collegata a maggiore flessibilità e “finalizzata al risultato”, non si parla di riduzione a parità di salario. Formulata in questa maniera si concede ancor più mano libera ai padroni sull'orario, che viene esteso al sabato e la domenica in tutti i settori cancellando di fatto il lavoro straordinario che diventa ordinario, come in effetti è oramai considerato nella maggior parte dei contratti.
Un altro punto dove le enunciazioni si discostano dall'agire reale della Cgil è “la difesa e valorizzazione del Contratto nazionale” (Ccnl). Nella prassi invece si è fatto l'esatto contrario e da almeno una decina di anni, con le deroghe al contratto di categoria, le “nuove” relazioni industriali, il “nuovo” modello contrattuale, è stato svilito il Ccnl a vantaggio del cosiddetto 2° livello e della contrattazione aziendale a tutto vantaggio della produttività, escludendo la grossa fetta di lavoratori impiegati nelle piccole aziende persino dal recupero dell'inflazione.
Nel documento si sostiene la necessità di un nuovo modello di sviluppo, ma come è possibile se non si mette in discussione il capitalismo? Si sostiene anche, attraverso la Carta dei diritti, la co-decisione tra padroni e lavoratori nelle aziende, già introdotta in questi giorni nell'Alcoa su iniziativa del ministro dello Sviluppo economico Calenda. Il che costituisce la subordinazione degli interessi dei lavoratori a quelli dei padroni e la morte della lotta di classe.
Il documento si chiude con “una nuova proposta di unità sindacale fondata sulla confederalità” e una nuova “legge sulla democrazia e sulla certificazione della rappresentatività basata sul Testo Unico sulla rappresentanza (TUR). Quindi uno stretto legame con Cisl e Uil, sulle loro posizioni corporative e aziendaliste, certificato da una legge dello Stato che esclude chi non ha votato gli accordi precedenti.
Un modello in netto contrasto con la proposta del PMLI di sciogliere tutti gli attuali sindacati e di costituire un sindacato unico fondato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale delle Assemblee generali dei lavoratori e dei pensionati, un sindacato unico che faccia gli interessi esclusivi delle masse lavoratrici e pensionate, libero dai condizionamenti padronali, dalla politica dei redditi, dall'obbligo di firma di accordi concertativi per ottenere l'agibilità nelle aziende. Fin da subito dobbiamo richiedere l'abolizione della Fornero, pensioni più alte ed età pensionabile a 60 anni, l'abolizione del Jobs Act, aumenti salariali consistenti ed effettivi, l'abolizione del precariato, la difesa della sanità e della previdenza pubbliche.
I primi appuntamenti congressuali saranno tra pochi giorni con le assemblee generali, a tutti i livelli, che discuteranno la bozza del documento congressuale. Non dobbiamo aver paura di criticarla e se messa a votazione, votare contro.
I marxisti-leninisti e tutti coloro che condividono la linea sindacale del PMLI devono prepararsi con scrupolo al Congresso studiando i documenti congressuali e gli articoli che sono stati pubblicati su “Il Bolscevico” sulla Carta dei diritti universali del lavoro, sul Testo Unico sulla Rappresentanza, sul reddito di cittadinanza, sul Jobs Act, sul welfare aziendale.
 

11 aprile 2018