Non è meglio avere come riferimento i “sindacati di base” anziché la Cgil?

Il 17, 18 e 19 aprile si voterà per il rinnovo delle RSU sindacali nel pubblico impiego, dopo un insoddisfacente rinnovo dei contratti già denunciato dalle colonne de Il Bolscevico. Complici di questo scempio sono stati in primis i sindacati confederali, da tempo deboli e inclini ad accordi al ribasso. Spesso il giornale del PMLI ha sostenuto la necessità di creare una Corrente Sindacale di Classe (CSC) tesa ad aggregare militanti e simpatizzanti dell'unico vero partito marxista-leninista.
A più riprese, si è detto che la CGIL può continuare ad essere, malgrado tutto, il sindacato di riferimento dove fare agitazione e propaganda per il marxismo-leninismo. Purtroppo, almeno nel pubblico impiego, la CGIL è ormai diventata un centro di potere e un comitato di affari, lontanissimo dalla prospettiva marxista-leninista e soprattutto dal pensiero di Mao. È vero che per costruire un sindacato di classe dei lavoratori e delle lavoratrici è necessario operare una semplificazione della galassia sindacale, attualmente variegata e dispersiva. Tuttavia, questa semplificazione potrebbe più realisticamente cominciare dai sindacati di base, quelli più lontani dai centri di potere e dall'affarismo. Lo si è visto al momento della compilazione e della sottoscrizione delle liste tra febbraio e marzo. Tra i sindacati confederali, attivisti o presunti tali con massima nonchalance sono passati, in diversi casi, dalla CGIL alla UIL o alla CISL e viceversa, per puntare ad una candidatura certa. Cose analoghe hanno riguardato finanche altri sindacati “concertativi”. Alla luce di questo, del problema assunzioni, del caso delle maestre licenziate e dei margini sempre più ristretti di manovra delle RSU, l'unico voto utile non può che essere quello ai sindacati di base ossia a COBAS, USB, UNICOBAS, CUB ecc. È in questo modo che si potrà consentire (insieme ai tesseramenti) che anche chi non ha voce possa arrivare al tavolo delle contrattazioni e lavorare per accordi più giusti. È in tal modo che si potrà aprire uno spiraglio alla CSC che non potrà che soccombere, allo stato dei fatti, all'interno della CGIL.
Cartesio - Napoli
 
Quella che poni è una questione importante, che il nostro Partito ha già affrontato e a cui ha dato una risposta, che tu conosci già, come fai capire chiaramente nella tua lettera, ma non la condividi. Cercheremo sinteticamente di argomentare i motivi principali del perché il PMLI preferisce lavorare nella Cgil.
Anzitutto bisogna sapere che la CSC è un obiettivo che può essere raggiunto mentre nell'attuale contesto sindacale mentre il Grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati, è un obiettivo strategico, a lunga scadenza, che può essere raggiunto solo con la chiusura degli attuali sindacati. Il PMLI propone un unico sindacato fondato sulla democrazia e diretta sul potere sindacale e contrattuale delle Assemblee generali dei lavoratori e dei pensionati. Non quindi un sindacato di classe e nel quale non ci proponiamo di “fare agitazione e propaganda per il marxismo-leninismo”. La CSC è valida in quanto anche quando ci sarà il sindacato unico è lo strumento organizzativo che unisce tutte le lavoratrici e i lavoratori marxisti-leninisti, militanti e simpatizzanti del PMLI, e chiunque si ritrovi nella nostra linea e proposta sindacale, anche se è iscritto ai “sindacati di base”.
Il tuo suggerimento è quello di partire dai “sindacati di base” abbandonando la Cgil. Il PMLI invece privilegia quest'ultimo sindacato, pur non escludendo a priori la possibilità di lavorare nei sindacati non confederali, là dove hanno un seguito di massa superiore a quello della CGIL e sono migliori le condizioni per svolgere il nostro lavoro sindacale.
Se i marxisti-leninisti devono rivolgere gli sforzi maggiori nel lavoro di massa ti sembra logico abbandonare la più grande organizzazione sindacale di massa, ramificata in ogni settore e in ogni parte d'Italia, e che sopratutto raggruppa più di tutti la classe operaia italiana?
I dirigenti della Cgil sono, nel migliore dei casi, dei riformisti e non crediamo, ormai da tempo, che ci sia la possibilità di dare a questo sindacato una linea e una direzione di classe, per questo proponiamo il sindacato unico. Ma lasciando loro campo libero e andando nei “sindacati di base”, faremmo solo il loro gioco, e milioni di lavoratori e di pensionati rimarrebbero impigliati nelle istituzioni borghesi e alla mercé dei padroni.
Non possiamo negare che i “sindacati di base” sulle questioni sindacali e politiche sono più avanzati e generalmente più a sinistra della Cgil, ma siamo sicuri che questi sindacati offrano migliori condizioni al nostro lavoro e ai nostri progetti e possano rappresentare la risposta agli attacchi del padronato e del governo? Noi non lo crediamo.
Questi sindacati hanno rappresentato una risposta alla politica della concertazione, dei redditi, dei sacrifici per i lavoratori sposata dalla Cgil negli anni '70 e sviluppata negli '80. Ma alla prova dei fatti non si sono dimostrati un'alternativa credibile. Col risultato di avere staccato, e quindi isolato, una parte importante di lavoratori e di pensionati più avanzati e combattivi dalla massa lavoratrice e pensionata.
Nelle elezioni per il rinnovo delle RSU, specie nel settore pubblico, può darsi che nelle liste della Cgil ci siano figure meno presentabili che nei “sindacati di base” ma in linea generale burocratizzazione, concertazione, mancanza di democrazia sindacale e di autonomia dai partiti politici albergano in abbondanza anche in essi.
Solo che gli apparati burocratici e i partiti in questo caso sono più piccoli, ma il loro attaccamento al potere e le loro ingerenze sono in certi casi anche più grandi. La Cgil ha ristretto la democrazia interna, ma in rapporto agli iscritti le espulsioni nei “sindacati di base” sono ancora più frequenti e in alcuni di loro non sono ammesse pluralità di opinioni.
Tu parli di semplificazione partendo da questi sindacati, ma la realtà ci dimostra che la direzione da loro presa è quella contraria; assistiamo alla loro proliferazione e frammentazione, con nuove e piccole organizzazioni radicate solo in specifici settori e in zone circoscritte.
Un esempio pratico è stata la creazione dell'USB, nata con l'intenzione di riunire i “sindacati di base”: ne ha riuniti due ma poco dopo ha subìto altrettante scissioni. L'atteggiamento di questi sindacati è più che altro concorrenziale, non solo boicottano le iniziative della Cgil ma si fanno la guerra anche tra di loro.
Alla fine del 2017 si sono svolti ben due scioperi generali di 24 ore in quindici giorni. Il primo il 27 ottobre di Cub, Sgb, Si Cobas, Usi e Slai Cobas, mentre il 10 novembre è stata la volta di Usb, Confederazione Cobas e Uni Cobas. “Scioperi generali” che non sono andati al di là di poche manifestazioni con alcune migliaia di persone, e una divisione che ha creato sconcerto tra gli stessi loro iscritti.
Non potrebbe essere altrimenti visto che sono egemonizzati da forze o da tendenze trotzkiste, operaiste, anarcoidi che confondono il sindacato con il partito, si rifanno al sindacalismo rivoluzionario di oltre 100 anni fa negando la necessità del partito rivoluzionario . Ci sarebbero anche queste motivazioni teoriche a sconsigliare un approdo in questi sindacati ma anche quelle più pratiche, già esposte prima, sono più che sufficienti a stabilire - in questa situazione - che è più utile agire nella Cgil che nei “sindacati di base”, stare con la massa dei lavoratori e dei pensionati anziché isolare la parte più avanzata in una frantumata aggregazione di sindacati, spesso corporativi, settari e rissosi.
La presenza dei marxisti-leninisti nella Cgil non può che essere attiva, propositiva, aperta verso gli altri settori della sinistra sindacale pur portando avanti il progetto del PMLI sul sindacato, specialmente in questo momento del XVIII Congresso della CGIL in cui è necessario unirsi per battere la destra della Confederazione.
Se vuoi saperne di più ti invitiamo alla lettura della relazione del compagno Andrea Cammilli presentata alla Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI l'11 settembre 2016: “L’attuale situazione sindacale in Italia e il lavoro della Commissione di massa e dei marxisti-leninisti”. Ti potrebbe interessare anche l'articolo “Prepariamoci al XVIII Congresso della CGIL” pubblicato in altre pagine di questo numero de “Il Bolscevico”.
 
 
 

11 aprile 2018