Secondo un'indagine di un ricercatore di Bankitalia
Le donne guadagnano meno degli uomini

A quarant'anni dal Sessantotto e dalle gloriose lotte del movimento femminile cosciente e organizzato, il capitalismo italiano non è riuscito a dare alle donne la piena parità rispetto agli uomini. Nemmeno sul piano salariale.
Nel nostro Paese, in cui solo il 46% delle donne ha un lavoro, non di rado precario o part-time, gli uomini hanno una ricchezza netta individuale in media superiore del 25%. Tantissimo. È addirittura del 35% se si considerano i soli attivi finanziari. Questo è quanto rivela un'indagine del ricercatore Giovanni D'Alessio della Banca d'Italia. La ricerca denota anche che questo divario cresce, anziché diminuire, nel corso degli anni: questo significa che generalmente, dopo aver avviato una famiglia, la donna o cade nella schiavitù domestica magari lasciando il lavoro per occuparsi della casa o dei figli, o non ha gli stessi aumenti stipendiali degli uomini. Aumenti peraltro sempre meno consistenti per i lavoratori di ambo i sessi.
C'è da aggiungere che il divario è cresciuto negli anni della crisi, dimostrando ancora una volta quanto le lavoratrici siano state le più colpite. In Italia peraltro la differenza nelle retribuzioni di uomini e donne si aggira sul 12%; la media mondiale è del 23%. Tale da far dire alla consigliera economica dell'Onu Anuradha Seth, non certo sospettabile di anticapitalismo, che è il “più grande furto della storia”.
Riteniamo che qui sia necessario rimarcare lo stretto il legame fra l'ampliamento del divario nella ricchezza e nei salari da una parte e l'aumento dell'età, quindi la formazione di una famiglia, e la crisi dall'altra. Un ulteriore segno che le diseguaglianze di genere sono determinate dal modello di sviluppo, il capitalismo, e dal modello sociale nel rapporto uomo-donna che esso produce, cioè di tipo patriarcale, con la famiglia al centro come “naturale” ammortizzatore sociale, di cui deve occuparsi la donna per supplire alle mancanze dello Stato, per esempio per quanto riguarda le cure dei bambini e degli anziani.
Come si legge nell'editoriale di Monica Martenghi per l'8 Marzo “L'emancipazione della donna non passa dal parlamento ma dalla rivoluzione proletaria”: “La pratica dimostra che non esiste un’altra via per l’emancipazione delle donne che abbattere radicalmente il capitalismo dalle sue fondamenta e costruire sulle sue ceneri una nuova società, con una nuova economia, un nuovo Stato, nuove istituzioni, una nuova politica sociale, culturale morale e politica, una nuova concezione dei rapporti sociali e fra i sessi. Questa nuova società non può essere altro che il socialismo”.

11 aprile 2018