Ribaltata la sentenza di primo grado
Morti per amianto all'Olivetti. Assolti i De Benedetti e Passera
Fiom: “Un colpo di spugna”

 
La corte d'appello di Torino ha ribaltato, lo scorso 18 aprile, la sentenza di condanna per le morti provocate dall'esposizione all'amianto negli stabilimenti Olivetti tra gli anni Settanta e i primi anni Duemila ed ha assolto con la formula giuridica "perché il fatto non sussiste" i dirigenti dell'epoca - tra i quali Carlo De Benedetti, Franco Debenedetti e Corrado Passera - che erano stati condannati nel luglio 2016 per lesioni colpose e omicidio colposo.
In primo grado, infatti, tredici dirigenti della Olivetti erano stati ritenuti penalmente responsabili dal Tribunale di Ivrea della morte, tra il 2008 e il 2013, di una ventina di lavoratori che che avevano lavorato in reparti contaminati da fibre di amianto e che si erano successivamente ammalati di mesotelioma pleurico, patologia correlata all'esposizione all'amianto: a Carlo De Benedetti, interessato dall’indagine nella sua qualità di amministratore delegato e di presidente dell’Olivetti dal 1978 al 1996 e a suo fratello Franco Debenedetti come amministratore delegato dal 1978 al 1989, vicepresidente dal 1989 al 1992 e consigliere di amministrazione fino al 1993, erano stati inflitti cinque anni e due mesi di carcere, mentre all’ex ministro Corrado Passera, in qualità di consigliere di amministrazione dal 1990 al 1996 e amministratore delegato dal 1992 al 1996, erano stati inflitti un anno e 11 mesi di carcere, e altri dieci dirigenti avevano ricevuto altrettante condanne.
Oltre alle condanne penali, il Tribunale di Ivrea aveva disposto un risarcimento economico a favore dei famigliari delle vittime per centinaia di migliaia di euro.
Il Tribunale di Ivrea aveva invece assolto l’imprenditore vicino al PD Roberto Colaninno, amministratore delegato della Olivetti a partire dal 1996, e Camillo Olivetti, sotto inchiesta quest’ultimo nella veste di amministratore delegato fra il 1963 e il 1964 e di consigliere di amministrazione fino al 1981.
Ora la Corte d'Appello di Torino ha completamente ribaltato la sentenza di primo grado, ritenendo che nessuno dei tredici condannati in primo grado sia penalmente responsabile di quelle morti, e come conseguenza di tale assoluzione viene meno anche l'obbligo di risarcimento nei confronti dei famigliari delle vittime.
Insomma, si tratta di un vero e proprio colpo di spugna giudiziario su una sentenza realmente storica, quella di due anni fa emessa dal Tribunale di Ivrea, che aveva accertato che i vertici dell'azienda, pur informati da molto tempo della pericolosità dell'amianto negli stabilimenti della Olivetti, nulla fecero per bonificarli e per mettere in sicurezza i lavoratori.
La Procura generale presso la Corte d'Appello aveva chiesto invece la sostanziale conferma della sentenza di primo grado, solo in parte attenuata per effetto della prescrizione che nel frattempo ha colpito alcune contestazioni.
Tutto il processo di appello è stato dominato dalla controversia scientifica del cosiddetto 'effetto acceleratore', una tesi scientifica che sempre di più si sta facendo strada soprattutto a partire dal fondamentale documento pubblicato nell'ambito del terzo Simposio italiano di consenso sul mesotelioma maligno della pleura (tenutosi a Bari tra il 29 e il 30 gennaio 2015), dove viene dimostrato che il protrarsi dell’esposizione all'amianto dopo il momento di innesco della patologia tumorale provoca immancabilmente un’accelerazione del decorso della malattia e un’anticipazione inevitabile del decesso, con conseguente sicura efficacia determinante, per ciò che riguarda l'esito della malattia, di qualsiasi dose di polvere di amianto inalata dalla persona che abbia poi contratto mesotelioma o tumore polmonare.
Il Tribunale di Ivrea aveva pienamente condiviso i risultati scientifici evidenziati e dimostrati dagli specialisti riuniti nel simposio di Bari, mentre la Corte d'Appello si è fatta evidentemente condizionare dalla tesi portata avanti dalla difesa degli imputati, i quali non hanno badato a spese per ciò che riguarda i propri consulenti tecnici, che hanno fatto quanto possibile per dimostrare che l'effetto acceleratore non esiste, e che gli specialisti di Bari hanno soltanto scherzato.
Franco Bellomo, segretario della Fiom torinese che si è costituita parte civile nel processo, ha così commentato: "Siamo stupiti e amareggiati, un colpo di spugna così non ce lo aspettavamo".
Il messaggio giudiziario dato dalla Corte d'Appello di Torino è comunque scoraggiante, perché decine di lavoratori sono morti per l'esposizione all'amianto nello stabilimento Olivetti e non hanno avuto giustizia, né i loro famigliari hanno ricevuto finora alcun risarcimento.

25 aprile 2018