Venerdì delle bandiere e dei martiri e dei prigionieri per ricordare la catastrofe palestinese del 1948
L'esercito sionista-nazista israeliano fa il tiro al bersaglio contro i palestinesi
Tre morti e oltre mille feriti

 
Continua la protesta palestinese inziata con la “Marcia del Ritorno” del 30 marzo, indetta da Hamas e altre organizzazioni palestinesi per condannare l'occupazione sionista, denunciare l'assedio illegale della striscia di Gaza e esprimere sostegno alla minoranza araba discriminata in Israele, con manifestazioni presso la recinzione che chiude il lager di Gaza che sono previste fino al 15 maggio, l'anniversario della “Nakba”, la catastrofe palestinese del 1948. E continua la criminale repressione dell'esercito sionista-nazista di Tel Aviv che fa il tiro al bersaglio contro i palestinesi.
Dopo le proteste del 30 marzo e del 9 aprile, chiamate “La marcia del ritorno” e il “Venerdì delle gomme”, è stata la volta il 13 aprile del “Venerdì della bandiere” perché nei cinque accampamenti che costituiscono la base delle manifestazioni nella fascia orientale di Gaza i dimostranti bruciavano le bandiere sioniste e sventolavano quelle della Palestina. I cecchini nazisionisti svolgevano il proprio compito sparando ai più attivi dei manifestanti e a chi si avvicinasse ai reticolati, secondo il criminale protocollo assassino adottato dal governo del boia Benjamin Netanyahu. Il bilancio della giornata era di 1 morto e mille feriti.
Lo stesso copione si ripeteva il 20 aprile per il “venerdì dei martiri e dei prigionieri” quando i promotori della “Marcia ‎del Ritorno” spostavano gli accampamenti di tende fino a 500 metri di distanza dalle ‎barriere, ai limiti di ‎quella terra di nessuno che sarebbe la fascia di sicurezza proclamata da Tel Aviv all'interno della striscia di Gaza. Nella prima fila delle proteste spiccavano decine di donne che sventolavano le bandiere palestinesi e lanciavano sassi contro i soldati sionisti che lanciavano gas lacrimogeni e sparavano proiettili di gomma e proiettili veri. Il bilancio della giornata di preoteste era di due palestinesi uccisi e oltre 120 feriti.
Secondo il ministero della sanità di Gaza il bilancio dal 30 marzo è di 40 manifestanti assassinati e oltre 4 mila feriti, alcuni in modo grave.
Le proteste continueranno come da programma, annunciavano portavoce di Hamas che denunciavano le pressioni dell'Egitto del dittatore al Sisi affinché ‎mettesse fine alle proteste del venerdì. Il regime del Cairo sostiene il blocco sionista alla Striscia e tiene parimenti sigillata la frontiera di Gaza dalla sua parte.
A dare una mano ai criminali sionisti si è speso di nuovo l'europarlamento che il 19 aprile con 524 voti a favore, 30 contrari e 92 ‎astensioni approvava una mozione che dopo aver espresso rammarico ‎per “‎l’uccisione e il ferimento di manifestanti ‎palestinesi innocenti a Gaza”, ‎riconosceva “le sfide cui Israele deve far fronte in materia ‎di ‎sicurezza e la necessità di proteggere il suo territorio e i suoi confini” accusando Hamas di “fomentare le ‎tensioni” e condannando “con fermezza la persistente tattica di ‎Hamas di ‎utilizzare i civili per coprire le attività terroristiche”. Equiparando la lotta di liberazione del popolo palestinese contro l'occupazione sionista a un “atto di terrorismo” e sposando appieno le posizioni dei boia di Tel Aviv. ‎Solo alla fine l'europarlamento si ricorda di chiedere la revoca del blocco della Striscia di ‎Gaza che dura da quasi 12 anni e una delle ragioni delle manifestazioni per la “Marcia del ritorno”.
 
 

25 aprile 2018