Per Cremaschi “il pensiero di Marx è attualissimo” ma non è conseguente
L'esponente di Potere al popolo e Eurostop copre il revisionismo e nasconde la vera causa della “sconfitta del socialismo”

Che dire dell'intervento di Giorgio Cremaschi pubblicato l'11 maggio su “MicroMega” del trotzkista Paolo Flores d'Arcais dal titolo “Buon compleanno Marx. Il suo pensiero è attualissimo”? A cominciare dal titolo stesso contiene molte affermazioni condivisibili, soprattutto sul fatto che il capitalismo non ha mai mutato la sua natura di “regime del profitto e dello sfruttamento” e sulla lungimiranza di Marx nell'averlo messo a nudo, che è il cuore dell'articolo. Su questo nulla da eccepire, tant'è che noi marxisti-leninisti lo diciamo non da ieri ma da quasi mezzo secolo, anche quando molti di chi ora si riscopre marxista rivoluzionario alzava bandiera bianca davanti alla solo apparente “vittoria” del capitalismo.
Dichiara l'autore che “fino agli anni 70 del secolo scorso il capitalismo sembrava in ritirata o comunque sotto crescente condizionamento”, poi però “il capitalismo liberista dilagò nelle capitali del mondo occidentale e aggredì tutti i suoi avversari: le classi lavoratrici, i paesi a sistema socialista, quelli ex coloniali”. Se l'analisi sulla debolezza del capitalismo negli anni '60 e '70 e sul ruolo del neoliberismo nel comprimere e schiacciare le conquiste di quegli anni è corretta, così come l'idea che quest'ultimo non sia stato una specie di “neocapitalismo” ma il capitalismo vero e proprio nella sua forma più feroce, è altrettanto vero che questo non si spiega se si lascia fuori il ruolo svolto dal revisionismo nel depotenziare il proletariato. Infatti nel passaggio sopra riportato Cremaschi sposa la tesi secondo cui gli Stati ex socialisti sarebbero stati travolti dal neoliberismo e non dal fallimento del revisionismo che era salito al potere dopo la morte di Stalin.
Ancora: “La sconfitta del socialismo, in tutte le sue versioni, nel secolo scorso è stata unicamente politica, è stata determinata dalla maggiore forza e violenza del capitalismo. È stata la lotta di classe mondiale a segnare la vittoria della borghesia”. Questa tesi, oltre a presentare il socialismo come un sistema più debole del capitalismo (che è poi la posizione della borghesia stessa), sorvola completamente sul fatto che per decenni i revisionisti, che avevano l'egemonia della classe operaia, l'hanno illusa della possibilità di riformare il capitalismo senza abbatterlo e sono poi passati al più aperto tradimento, sia nei partiti un tempo comunisti che nei sindacati, accettando i peggiori compromessi al ribasso e riciclandosi in accaniti difensori ed esecutori del neoliberismo. Va anche detto che il socialismo non è stato “sconfitto” dalla “maggior forza e violenza del capitalismo, bensì è stato abbattuto in Urss e in Cina dall'interno attraverso colpi di Stato effettuati dai revisionisti mascherati da comunisti. Come mai allora Cremaschi nasconde questa verità storica? Se non si smaschera il revisionismo, come si può capire ciò che è successo in Urss e in Cina dopo la morte rispettivamente di Stalin e di Mao e nel movimento operaio internazionale e italiano? Sorvolare sulla lotta storica tra i marxisti-leninisti e i revisionisti, che non ha visto partecipe Cremaschi a fianco dei primi, non vuol dire lasciare campo libero ai revisionisti e ai riformisti e quindi alla borghesia e al capitalismo?
Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Cremaschi parla sì di abbattimento del capitalismo, ma non dice né come né da parte di chi, non tocca nemmeno la questione della coscienza di classe, men che meno quella del potere politico. Del resto la pratica politica di Eurostop e di Potere al popolo, di cui è rispettivamente figura di spicco e membro del coordinamento nazionale, è ben lontana dal pensiero rivoluzionario di Marx. “Sono stati l'azione della politica, l'intervento degli stati e le costruzioni istituzionali a liberare il capitalismo dai freni che gli erano stati imposti da cento anni di lotte e rivoluzionari”, scrive Cremaschi, ma Pap si candidava a governarlo questo Stato (e magari a fare la fine ingloriosa di Tsipras) ed Eurostop ha sempre tessuto le lodi dello Stato nazionale pre-Maastricht. “Istituzioni burocratiche ed autoritarie come la Unione Europea son servite a smantellare le conquiste sociali nei paesi ad essa aderenti”, scrive ancora Cremaschi, ma allora perché ha accettato il programma elettorale di Pap che spostava molto a destra le posizioni iniziali di molti suoi aderenti e ha rinunciato ad una linea di radicale rottura con l'Ue?
Per Cremaschi il marxismo sarà anche “attualissimo”, ma di certo non è conseguente ed è qui che si vede la differenza fra chi è marxista a parole e chi lo è nella pratica della lotta di classe. E si vede anche perché serve una critica radicale di ogni stortura revisionista e riformista del marxismo, pena commettere sempre gli stessi errori, farsi abbagliare dalle stesse illusioni sotto forme “nuove” e finire negli stessi vicoli ciechi. Come si legge nel Documento del CC del PMLI per il Bicentenario della nascita dell'immortale rivoluzionario di Treviri: “Applicare gli insegnamenti di Marx per noi marxisti-leninisti significa acquisire e trasmettere alle masse la concezione proletaria del mondo, per liberarci completamente e totalmente dalla ideologia, dalla cultura, dalla morale, dalla politica e dalla pratica sociale borghesi, rivoluzionarizzando la propria mentalità, coscienza, modo di pensare, di vivere e di agire, per dare dei contributi rilevanti e importanti per aprire la strada per l’avvento dell’Italia unita, rossa e socialista.”

23 maggio 2018