Gli Usa minacciano la guerra all'Iran e intanto preparano sanzioni durissime contro Teheran
La Russia preme per il ritiro di tutte le forze straniere dalla Siria, comprese quelle iraniane
Rohani: “Il mondo non accetta più che gli Usa decidano per tutti”

 
Lo scorso 8 maggio il presidente americano Donald Trump annunciava il ritiro degli Usa dal Jcpoa (Joint Comprehensive Plan of Action), l'accordo sul nucleare iraniano firmato nel 2015 dai paesi membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu e la Germania e annunciava a breve nuove sanzioni contro l'Iran. Sanzioni che venivano precisate il 21 maggio dal segretario di Stato Mike Pompeo e da lui definite “le più ‎dure della storia‎”, certamente un ulteriore pericoloso passo verso la guerra all'Iran che Trump ha messo decisamente in cantiere, subito dopo aver dichiarato chiusa la questione dello Stato islamico in Iraq e Siria.
Come abbiamo già denunciato sullo scorso numero de “Il Bolscevico”, Mike ‎‎Pompeo dettava all'Iran una specie di ultimatum per non far scattare le sanzioni, una lista di condizioni capestro da soddisfare che lui stesso definiva “‎‎dodici condizioni draconiane per un nuovo accordo sul nucleare”, o piuttosto per essere respinte e creare l'alibi della ritorsione da parte dell'imperialismo americano e del suo stretto alleato, i sionisti di Tel Aviv, che hanno imboccato decisamente la pericolosa strada che li porta dritti verso la guerra all'Iran. Con l'Ue che resta a guardare.
La condizione principale posta dagli Usa all'Iran è quella di “dismettere il programma ‎‎nucleare, chiudere i reattori, ‎interrompere l’arricchimento dell’uranio, consentire il ‎‎totale accesso all’Agenzia ‎internazionale per l’energia atomica in ogni parte del ‎‎Paese e fornire un dettagliato e ‎aggiornato resoconto del programma finora portato ‎‎avanti‎”. La Casa Bianca in altre parole chiede all'Iran di chiudere il programma nucleare, sia quello militare che quello civile, consentito invece dal trattato di non proliferazione; trattato rispettato dal governo di Teheran mentre è violato da quello di Tel Aviv che si è tenuto fuori e si è armato illegalmente con la complicità dei paesi imperialisti.
Completa la inaccettabile richiesta di “disarmo” totale dell'Iran quella dell'interruzione del programma ‎missilistico iraniano che giustamente era rimasto fuori dall’accordo del ‎‎‎2015; imperialisti americani e sionisti israeliani agitano lo spauracchio dell'arsenale missilistico iraniano ma in realtà puntano a demolire la difesa antiaerea iraniana che è sostanzialmente affidata alle batterie missilistiche, argine ai progettati raid aerei di Tel Aviv.
Washington e Tel Aviv vorrebbero dettare anche la politica estera del governo di Teheran che secondo ben quattro delle dodici condizioni dovrebbe interrompere l’appoggio ai libanesi di ‎Hezbollah, ai palestinesi di ‎‎Hamas e del Jihad islamico, quello supposto, ma negato da Teheran, alla resistenza dei Talebani in Afghanistan e pretendono “‎il ritiro totale ‎‎delle forze di Teheran dal territorio siriano”. La lista illustrata da Pompeo comprende infine la richiesta di interruzione “dei cyber-attacchi”, “‎‎delle minacce e della destabilizzazione del Medio ‎Oriente” e invoca” la ‎‎protezione del commercio” fra gli altri paesi.‎
Al duro attacco di Trump il presidente iraniano Hassan Rohani controbatteva: “Chi ‎sei tu per decidere per ‎l’Iran e il mondo? Il tempo per queste azioni è finito. ‎L’amministrazione ‎Trump ha riportato gli americani indietro di 15 anni, all’era Bush. Ma oggi ‎il ‎mondo non accetta più che gli Usa decidano per gli altri”.
Sulla questione del mantenimento dell'intesa sul nucleare e la fine delle sanzioni Teheran può contare sull'appoggio, momentaneo e a dire il vero ancora tiepido, della Ue e del capofila della sua cordata imperialista in Medio oriente, la Russia di Vladimir Putin. Che però mette al primo posto la salvaguardia del proprio controllo sul governo di Assad e di un pezzo della Siria. Lo confermavano le dichiarazioni del presidente russo nell'incontro del 17 maggio a Sochi col suo burattino Assad quando aveva evidenziato la “necessità del ritiro di tutte le forze straniere” dal paese mediorientale; secondo il suo inviato speciale Alexander Lavrentiev voleva dire il ritiro di “tutte le unità militari straniere di stanza in Siria, tra cui americani, turchi, Hezbollah e, ovviamente, iraniani”; mancavano “ovviamente” quelli russi, compresi quelli presenti nelle strategiche basi aerea di Hmeimim e navale di Tartus. “I combattenti iraniani presenti in Siria resteranno di stanza nel Paese arabo finché il governo di Damasco avrà bisogno di aiuto e lo richiederà. (…) Nessuno ci farà andare via dalla Siria, la nostra presenza è legittima e su invito del governo”, rispondeva piccato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Bahram Qasemi. Teheran non ha dimenticato che il suo “alleato” russo era stato informato in anticipo dai sionisti dei raid contro le loro basi in Siria e non aveva detto nulla.

30 maggio 2018