Dopo che Savona è stato spostato nella casella di ministro per gli Affari europei
Nulla osta di Mattarella al governo nero, fascista e razzista Salvini-Di Maio
Il premier fantoccio Conte in parlamento avalla il contratto tra i due ducetti e mostra il suo personale carattere ducesco
Antifascisti, uniamoci per buttarlo giù

Venerdì 1° giugno il governo nero fascista e razzista Lega-M5S presieduto da Giuseppe Conte ha giurato nelle mani del capo dello Stato, e il 5 e 6 giugno ha ricevuto la fiducia del nuovo parlamento nero. Mattarella gli ha dato il via libera definitivo solo pochi giorni dopo la drammatica giornata di domenica 27 maggio, quando avvalendosi delle sue prerogative costituzionali si era rifiutato di cedere al diktat di Salvini e Di Maio che volevano imporgli senza discutere il nome dell'euroscettico Paolo Savona al ministero dell'Economia. Con la conseguenza che il presidente incaricato Conte aveva rassegnato il mandato e Mattarella lo aveva dato a Carlo Cottarelli, per formare un governo tecnico per portare di nuovo il Paese al voto. Mentre la fascista Meloni e Di Maio chiedevano addirittura la messa in stato d'accusa del presidente per "alto tradimento".
Ma a far cambiare idea al capo dello Stato, cedendo di nuovo a Salvini e Di Maio, non è stato tanto l'inaudita minaccia dell'impeachment, quanto la constatazione che la difficoltà di formare il governo tecnico e l'incertezza dovuta alla crisi politica scatenavano la reazione dei mercati, con lo spread tra i titoli italiani e quelli tedeschi che sfondava quota 300 e la Borsa di Milano in picchiata. Perciò aveva sospeso il percorso di Cottarelli e riallacciato i contatti con Di Maio - nel frattempo venuto a più miti consigli perché bacchettato da Grillo e criticato dai suoi stessi gruppi parlamentari - per trovare una soluzione di compromesso che gli permettesse di salvare la faccia e nello stesso tempo riaprire il discorso del "governo politico" Lega-M5S.
E il compromesso, grazie anche alla mediazione del presidente della Camera Fico, era stato trovato spostando Savona al ministero degli Affari europei e sostituendolo al ministero chiave dell'Economia con il preside della facoltà di Economia di Tor Vergata, Giovanni Tria, amico di Savona e da lui stesso indicato, sostenitore della flat tax e della revisione dei trattati europei, ma non dell'uscita dall'euro. Con ciò Mattarella si assumeva di nuovo la grave responsabilità di aprire le porte ad un governo fascista e razzista, dopo averle chiuse appena due giorni prima, quando per un breve momento si era levato oggettivamente a difesa della Costituzione rifiutandosi di sottostare al diktat dei due ducetti.
 

Salvini ha dettato il gioco
Quanto a Salvini, che da quel bandito che è ha dettato i tempi e i modi della trattativa durante tutti gli 80 e passa giorni della crisi, anche con l'uso spregiudicato dei social media, in cui si è dimostrato un maestro come il suo modello Trump, e aizzando sapientemente le piazze in giro per l'Italia, ha tenuto duro fino all'ultimo minuto possibile nella sua tattica volta a provocare le elezioni anticipate e fare il pieno di voti sfruttando i sondaggi che lo davano in forte ascesa, al 25 o anche al 27%, tanto da tallonare da vicino il M5S. Se non addirittura a doppiarlo, visto che nei sondaggi, dopo la rinuncia di Conte, il M5S era sceso sotto il 30%.
Per convincerlo ad accettare un compromesso con Mattarella e salvare la possibilità del "governo politico", Di Maio era arrivato perfino a proporre al caporione leghista di fare lui stesso il premier, o in alternativa il suo braccio destro Giorgetti. E se alla fine Salvini si è deciso a rinunciare alle elezioni ed accettare lo spostamento di Savona di una casella è perché lo sconquasso provocato nei mercati ha spaventato la stessa Lega e il suo elettorato imprenditoriale di riferimento in Veneto e Lombardia. E anche perché la prospettiva quasi certa di votare il 29 luglio gli avrebbe assegnato la responsabilità di portare il Paese a votare in piena estate. Nei suoi calcoli Salvini contava infatti di lasciar nascere il governo "tecnico" così da poter andare al voto a settembre-ottobre, ma le difficoltà incontrate da Cottarelli, e la volontà di andare al voto subito espressa da M5S e PD, lo avevano lasciato col cerino in mano.
Salvini ha provato anche ad imbarcare la Meloni, promettendogli il ministero della Difesa, ma Di Maio si è opposto perché i suoi parlamentari e la base del movimento sarebbero insorti. La Meloni ha annunciato tuttavia che FdI si asterrà sulla fiducia e voterà i provvedimenti che risponderanno al programma del "centro-destra", accentuando così il marchio fascista su questo governo. Magari dietro la promessa sottobanco di entrare nella maggioranza in un secondo momento.
Cosa che nei piani di Salvini, che non ha mai smesso di giocare su due tavoli, potrebbero fare anche parlamentari di FI, fino a dargli una supremazia anche numerica nel governo con Di Maio, oltre a quella politica che ha già di fatto. E comunque per tenersi la carta di riserva di un governo di "centro-destra", nel caso di rottura coi Cinquestelle. Non a caso ha cercato di rassicurare Berlusconi, che per il momento non darà la fiducia al nuovo governo, che i suoi interessi non corrono pericoli e saranno tutelati: non soltanto perché può contare su due ministri importanti e a lui vicini come Moavero e Tria (amico di Brunetta e già estensore del programma economico di FI), ma anche perché farà di tutto per rivendicare ad un uomo della Lega la delega alle Telecomunicazioni.

Un governo a trazione Lega
In ogni caso i ministeri che Salvini si è intascato hanno già un peso molto superiore ai suoi voti effettivi e tutti fondamentali per coltivare il suo bacino elettorale. A cominciare da quel Viminale dall'alto del quale il caporione padano può finalmente scatenare appieno la sua guerra dichiarata ai migranti, ai Rom, alle Ong e all'opposizione sociale antifascista e di sinistra. Ha in mano il ministero chiave dell'Economia, con Tria, che decide i finanziamenti a tutti gli altri ministeri e nomina i vertici della Rai; il ministero degli Affari europei, con Savona, fondamentale per ricontrattare i trattati europei; quello degli Affari regionali e autonomie, con la leghista Stefani, che ha già annunciato l'intenzione di concedere l'autonomia a Lombardia e Veneto; quello per la Famiglia e le disabilità, col leghista Fontana, che ha subito cominciato ad attaccare l'aborto e le famiglie gay; quello delle politiche agricole per il leghista Centinaio, quello dell'Istruzione per Bussetti e quello della Pubblica amministrazione per la Bongiorno, cruciali per il manovrare il consenso rispettivamente degli agricoltori, degli insegnanti e dei dipendenti pubblici.
E soprattutto Salvini, oltre ad essere vicepremier insieme a Di Maio, controlla da vicino lo stesso Conte attraverso Giorgetti, che riveste il ruolo chiave di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il vero conoscitore della macchina governativa. Di Maio si è riservato due ministeri come quello del Lavoro e quello dello Sviluppo economico, importanti per gestire le partite del reddito di cittadinanza e della revisione delle pensioni, e urgenti crisi industriali come quelle dell'Ilva di Taranto e dell'Alitalia. Secondo le sue stesse parole l'accorpamento dei due ministeri risponde alla sua visione interclassista e corporativa per la quale "il datore di lavoro e il suo dipendente non devono essere nemici" ma devono collaborare.
Altri ministeri di peso per il M5S sono quelli della Difesa, per l'ex reclutatrice di mercenari, Elisabetta Trenta, quello della Giustizia, per il braccio destro di Di Maio e amico personale di Conte, Alfonso Bonafede, quello della Salute per Giulia Grillo e quello delle Infrastrutture per il dimaiano doc, Toninelli. Il ricostituito ministero per il Mezzogiorno, assegnato a Barbara Lezzi, peraltro senza portafoglio, è solo un orpello per nascondere l'inesistenza assoluta di proposte per il Sud nelle 58 pagine di "contratto" steso da M5S e Lega.
Non c'è dubbio però che tra Salvini e Di Maio è il primo che detta l'agenda politica di questo governo, basta vedere il piglio mussoliniano con cui ha preso possesso del Viminale, dichiarando "guai a chi metterà ancora le mani addosso agli uomini delle forze dell'ordine, con me basta impunità"; proclamando che per gli immigrati irregolari "la pacchia è finita", che "nessun vicescafista (leggi nave Ong) deve attraccare nei porti italiani" e che darà "una sforbiciata ai 5 miliardi per l'accoglienza"; annunciando la preparazione di blitz per sgomberare i campi Rom, avanzando l'idea di reintrodurre il servizio militare obbligatorio, e così via. Neanche una parola invece sull'assassinio del giovane sindacalista maliano Sacko a Gioia Tauro; come del resto neanche da Di Maio e da Conte, salvo quest'ultimo cercare poi di rimediare con una frase ipocrita e di circostanza inserita nel suo intervento alle Camere.

L'intervento di Conte alle Camere
Che sia la Lega fascista e razzista a dettare i temi concreti e immediati di questo governo - come la persecuzione delle minoranze etniche e la cacciata dei migranti, l'estensione della legittima difesa, la riduzione delle tasse per i ricchi, la fascistizzazione della polizia, lo stop ai diritti civili, il federalismo ecc. - e il M5S ad adeguarsi, lo si è visto anche dal discorso del presidente del Consiglio alle Camere.
In mezzo ai due ducetti che lo sorvegliavano a vista e accompagnato da un tifo da stadio da parte dei parlamentari della Lega e del M5S, Conte ha sciorinato, avallandolo, per un'ora e un quarto quasi l'intero "contratto del governo del cambiamento", un catalogo di mirabolanti promesse demagogiche senza indicazioni di coperture finanziarie e tempi di realizzazione, e senza preoccuparsi di spiegare la macroscopica contraddizione tra la flat tax da 50 miliardi per i ricchi, e le risorse da trovare per finanziare il reddito e la pensione di cittadinanza per i più poveri e i disoccupati e l'aumento dei finanziamenti alla sanità, alla giustizia, alla difesa del territorio, all'istruzione ecc.
Quando ha interrotto la monotonia e tirato fuori le unghie è stato guarda caso proprio sui temi e gli slogan della Lega, forse anche per dimostrare di non essere solo un grigio "esecutore" del "contratto" e degli ordini dei suoi vice, ma di avere anche lui il suo personale carattere ducesco. Come quando ha ripetuto di essere "l'avvocato che tutelerà l'intero popolo italiano", e che se questo proposito viene criticato come "un attentato alle tradizioni non scritte" della storia repubblicana, egli questo lo rivendica come un "cambiamento radicale" e se ne proclama orgoglioso.
Come quando ha esaltato il "tramonto delle ideologie forti" del Novecento, e proclamato che destra e sinistra sono categorie "incapaci di comprendere i bisogni profondi del Paese", e che "se populismo e antisistema significano attitudine ad ascoltare i bisogni della gente, allora lo rivendichiamo". E come quando ha annunciato "il potenziamento della legittima difesa" e la "fine del business dell'immigrazione sotto il mantello della finta solidarietà", scatenando l'entusiasmo tra i banchi leghisti. Neanche una parola, invece, sulla sicurezza sul lavoro, sulla lotta alla disoccupazione, sul Mezzogiorno, sulla scuola e sui diritti civili.
 

Alleanza con la destra fascista internazionale
Che il governo Salvini-Di Maio sia un governo nero, fascista e razzista, al di là delle tante promesse elettoralistiche e demagogiche che possono anche sembrare popolari e di sinistra (come del resto avveniva anche con il fascismo mussoliniano), lo dimostrano oltretutto l'alleanza che ha immediatamente stretto con i partiti e i governi della destra fascista, razzista e xenofoba di tutta Europa e con l'amministrazione Trump: il 1° giugno una larga delegazione della comunità italiana è stata ricevuta alla Casa Bianca dal segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, il quale ha comunicato all'ambasciatore italiano "il forte apprezzamento per la formazione del governo". Messaggi di congratulazioni e scambi di telefonate si sono intrecciati tra Salvini e Marine Le Pen, il dittatore fascista ungherese Orban, e altri leader fascisti di Belgio, Austria, Slovenia e così via.
È significativo poi che durante la lunga crisi per la formazione del governo Lega-M5S si sia registrata la presenza assidua di Steve Bannon in Italia, l'ex consigliere di Trump tra i principali artefici della sua vittoria elettorale e considerato l'ideologo del "populismo" internazionale. Intervistato dal Corriere della Sera , Bannon ha detto che "Roma è oramai il centro della politica mondiale", che lui ha sempre invocato un governo Lega-M5S, "e così è stato. È molto importante per superare i concetti di destra e di sinistra". "Di Maio e Salvini sono dipinti come dei principianti, invece sono persone molto sofisticate, che hanno creato consenso dal nulla usando la rete. Gli italiani dovrebbero esserne orgogliosi....questi due ragazzi sono eroici. E l'altro eroe è Berlusconi che si è fatto da parte", ha aggiunto.
Richiesto di dire quanto spesso si vede con Salvini, Bannon ha detto di non volerne parlare, ma ha ammesso di averlo conosciuto, quindi di averlo incontrato, subito dopo le elezioni. Quanto ai Cinquestelle ha ammesso che "sì, mi sono incontrato con alcuni di loro. Non le posso dire di più. Ma sì, li ho incontrati".
Altro che "governo del cambiamento", dunque! A meno che per "cambiamento" non si intenda quello che il dittatore fascista Trump sta imponendo all'America e a tutto il mondo e che Orban sta infliggendo all'Ungheria, o il vento di destra, fascista, razzista e xenofobo che sta soffiando forte in tutta Europa. Per questo mettiamo in guardia tutti gli antifascisti e i sinceri democratici a non cadere nella trappola della demagogia di Salvini e Di Maio e li invitiamo invece ad unirsi insieme al PMLI per combatterlo con un'opposizione antifascista dura e fino a farlo cadere.
Questi ultimi fatti e questo governo, che è un mostro fascista, razzista e xenofobo senza precedenti nella vita della Repubblica italiana, ci confermano che soltanto la lotta di classe per la conquista del potere politico da parte del proletariato e del socialismo può cambiare veramente l'Italia.

6 giugno 2018