Dazi su acciaio e alluminio
Trump in guerra commerciale con l'UE
Controffensiva europea

 
La riunione dei ministri finanziari del G7 che si è tenuta l'1 giugno in Canada, a Whistler, in preparazione di quella al massimo livello che si terrà a Charlevoix l'8 giugno, è stata definita da uno dei partecipanti, il francese Bruno Le Maire, il vertice del “G6 più uno”, dove l'uno contro tutti erano gli Usa di Donald Trump che proprio quel giorno dava il via ai pluriannunciati e più volte rimandati dazi doganali del 25% sulle importazioni di acciaio e del 10% su quelle di alluminio provenienti alla Ue, dal Canada e dal Messico; quelli verso altri paesi tra cui la Cina e il Giappone, esportatori di dimensioni molto inferiori, erano scattati al primo avviso, lo scorso 23 marzo.
Al termine del G7 di Whistler la presidenza canadese riassumeva il pensiero degli altri sei colleghi affermando che “la collaborazione e la cooperazione” all’interno del forum era messa a “rischio dalle azioni commerciali di altri membri (gli Usa, ndr)” e chiedeva al segretario al Tesoro americano Steven Mnuchin di riferire le preoccupazione e la “delusione” al presidente Trump.
Al ministro americano, che continuava a contrabbandare la guerra commerciale aperta con l'Ue come una “semplice” iniziativa del governo di Washington e difesa con le parole “il nostro obiettivo sono scambi commerciali giusti ed equi”, rispondevano il ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz, la reazione dell’Ue “sarà forte”, assicurava, mentre quello francese Le Maire sosteneva che “non vogliamo una guerra commerciale, la palla è agli americani”; chiudeva i commenti europei il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker sottolineando che l’Ue non è “schiava della politica interna statunitense”.
Trump apre la guerra commerciale con l'Ue e la controffensiva europea resta ancora quasi semplicemente a parole. La misura protezionistica di Trump in effetti colpisce soprattutto Canada e Messico, che coprono circa la metà dei 30 miliardi di dollari l’anno delle importazioni statunitensi di acciaio e alluminio, e hanno annunciato ritorsioni commerciali del valore di circa 13 miliardi su prodotti importati dagli Usa. Da notare che i tre paesi hanno facilitazioni commerciali negli scambi dato che sono legati dall'accordo Nafta, proprio quello che Trump mira a far saltare.
L’export di acciaio e alluminio europeo negli Usa arriva a 6,5 miliardi di dollari e i nuovi dazi dovrebbero comportare perdite per circa 2,6 miliardi, quasi tutti nel settore dell'acciaio, e a carico per una metà della Germania; dello stesso valore sono le ritorsioni previste dalla Ue. In ogni caso si tratta di briciole rispetto all’interscambio commerciale tra le due sponde dell’Atlantico, che supera i 720 miliardi di dollari. La guerra commerciale è appena agli esordi, esordi sì dalle prospettive pericolose.
Quando l'1 giugno il segretario al commercio degli Stati Uniti, Wilbur Ross, ha annunciato il via ai dazi ha anche sostenuto che “ci possono essere negoziati con o senza le tariffe, non è che non si possa parlare con le tariffe in piedi”, certo e il negoziato avanzerebbe con gli Usa che tengono il coltello dalla parte del manico. Ross ha sottolineato che il valore di quei dazi “rappresenta una piccola frazione della nostra economia da 18.000 miliardi di dollari” e anche i prodotti presi di mira dalla Ue rappresentano “una percentuale piccola” dei prodotti made in Usa. Come dire, stiamo calmi non è una cosa importante. E però l'amministrazione Usa ha contemporaneamente avviato un’indagine per verificare se l’import di automobili straniere pregiudica “la sicurezza nazionale”; la stessa procedura che ha portato ai dazi su acciao e alluminio e che dovrebbe chiudersi tra un anno prospettando uno scontro molto più pesante.
Non sarà certo un caso che il presidente francese Emmanuel Macron, aprendo il 30 maggio il vertice ministeriale dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) a Parigi, avvertiva che occorre puntare su un “multilateralismo forte” e responsabile per “evitare il peggio”, ossia quello che è avvenuto negli anni '30 quando i paesi non intervennero per interrompere il percorso che dalla crisi economica portò “al protezionismo, all'isolazionismo, alla guerra commerciale rapidamente diventata la guerra tout court”. Una denuncia significativa seguita da una soluzione di dubbia efficacia; il modo di interrompere per tempo la spirale della guerra sarebbe la riforma dell'Organizzazione mondiale del commercio, il Wto nella sigla inglese, per risolvere o quantomeno attenuare gli scontri commerciali in maniera più efficace delle attuali procedure che funzionano solo verso i paesi più deboli, che Macron lanciava dalla tribuna dell'Ocse. Senza esito al momento.

6 giugno 2018