Ai ballottaggi per le elezioni dei sindaci del 10 giugno
Il 53% dell’elettorato diserta le urne
Il 59,9% in Sicilia
Più 12,8% il dato complessivo rispetto al primo turno. Più 20,7% in Sicilia. Sindaci con poca base elettorale. La destra conquista più sindaci. Il “centro-sinistra” perde le roccaforti Massa, Pisa e Siena. Crolla il PD. Il M5S perde Ragusa e conquista Avellino e Imola con i voti della destra
Non diamo tregua alle giunte e al governo del regime capitalista, neofascista e razzista

Il 24 giugno 2018 circa 2 milioni e 793 mila elettori sono stati di nuovo chiamati alle urne per la scelta dei sindaci al ballottaggio in 75 comuni, fra i quali 14 comuni capoluogo, e nel Municipio 3 di Roma capitale.
Per chi ha seguito i risultati solo sui media del regime avrà saputo che la destra ha conquistato la maggioranza dei comuni al ballottaggio definendo tale impresa come una “travolgente vittoria”, un vero e proprio “plebiscito”, e via discorrendo. Una ricostruzione falsa e mistificante dal momento che l’unico vero vincitore anche in questa tornata elettorale è l’astensionismo e tale dato, pur oscurato, sgonfia completamente il risultato di qualsiasi altra lista e coalizione compresa quella di destra capeggiata dalla Lega neofascista e razzista di Salvini.
In complesso, esclusi i comuni siciliani che non vengono trattati dal Viminale, la diserzione dalle urne è stata del 52,4%. In sostanza, un elettore su due ha deciso che non voleva esprimere una propria preferenza per i due candidati rimasti a contendersi il potere cittadino. L’incremento fra il primo turno (tenutosi il 10 giugno) e il secondo è stato addirittura del 12,8%. Superiore a quanto era stato nelle elezioni precedenti che in genere si erano tenute nel 2013.
Nei comuni siciliani l’astensionismo è andato ben più in alto toccando la vetta del 59,9%, con un incremento rispetto al primo turno addirittura del 20,7%.
 
Astensionismo record
Esaminando la tabella che pubblichiamo a parte, possiamo ben vedere che in 46 comuni su 75 non si è recato alle urne nemmeno il 50% degli elettori aventi diritto. In molti la diserzione supera il 60% e addirittura il 70%. Come a Torre del Greco (Napoli) dove registra il 75,3% con un incremento del 33,7% rispetto al primo turno. A Quarto (Napoli) 68,9% (+15,6%), Siracusa 65,9% (+21,2%), Adrano (Catania) 64,7% (+18,3%), Casamassima (Bari) 63,9% (+15,7%), Bareggio (Milano) 63,6% (+12,6%).
Per quanto riguarda i comuni capoluoghi oltre a Siracusa, citiamo Messina col 60,7% (+25,7%), Brindisi 59,4% (+20,1%), Ragusa 58,1% (+16,3%), Ancona 57,3% (+11,9%).
Significative differenze fra Nord, Centro e Sud ormai non ce ne sono. La diserzione è solo un po' più consistente nei grandi centri, per esempio nei comuni capoluogo, rispetto ai comuni più piccoli dove evidentemente il controllo esercitato dalle istituzioni borghesi e dai partiti parlamentari, ma anche dalle cosiddette “Liste civiche” e dai singoli candidati sull'elettorato è maggiore e più capillare.
L'aumento dell'astensionismo fra il primo e il secondo turno non è un dato semplicemente fisiologico perché in passato lo scarto non era così consistente e comunque varia anche in modo significativo da città a città proprio perché l'elettorato non è più statico e sempre più sceglie consapevolmente di astenersi per punire questo o quel candidato, questo o quel partito parlamentare e coalizione. Ecco perché gli incrementi fra il primo e il secondo turno variano addirittura dal +2,7% di Pisa al +33,7% di Torre del Greco.
 
Sindaci senza base elettorale
Il dato dell'astensionismo, specie quando è di queste enormi proporzioni, se ignorato, come fanno in genere partiti e media borghesi, rendono falsa e distorta ogni analisi del voto elettorale.
Al di là di chi ha vinto o perso la competizione elettorale e di chi avrà il potere nel governo locale, resta il fatto che oltre metà dell'elettorato ha preso apertamente e marcatamente le distanze dalle istituzioni rappresentative borghesi e dai partiti sia della destra che della “sinistra” borghese, e ha oggettivamente delegittimato e sfiduciato i sindaci e i futuri governi locali.
Se si rapportano i voti ottenuti dai sindaci eletti con l'intero corpo elettorale e non già con i soli voti validi, ci si renderà perfettamente conto che essi contano su una debolissima base elettorale e di massa giacché sono riusciti a strappare la fiducia e il consenso di una risicata minoranza, che in genere si aggira intorno a un quarto dell'elettorato. E ciò vale anche per i sindaci che sono stati eletti già al primo turno superando il 50% dei voti validi.
Il fenomeno peraltro non presenta significative differenze territoriali, fra Nord, Centro e Sud. Né pare incidere in modo pesante l'area a cui appartengono i candidati sindaci.
A Siracusa il sindaco Francesco Italia, alla testa di una lista civica di “centro-sinistra” è stato eletto da appena il 17,6% degli elettori della sua città. A Ragusa Peppe Cassì della coalizione di destra è stato eletto dal 21,7%. A Brindisi Riccardo Rossi del “centro-sinistra” dal 22,5%. Ad Avellino il sindaco del Movimento 5 Stelle Vincenzo Ciampi è stato eletto dal 29,4%. A Catania dove il sindaco Salvo Pugliese è stato eletto già al primo turno può però contare su appena il 26% degli elettori della sua città. Ma anche a Imperia Claudio Scajola (già Forza Italia, oggi Lista civica) può contare solo sul 23,7% degli elettori, e a Vicenza Francesco Rucco (destra), eletto già al primo turno, solo sul 27,8%.
 
La disfatta del PD
Per quanto riguarda il potere del governo cittadino il rapporto di forza fra “centro-destra” e “centro-sinistra” è stato completamente ribaltato rispetto alla situazione precedente. Così come è stata ribaltato il rapporto di forza all’interno della coalizione di “centro-destra” che si conferma a trazione leghista e dunque è divenuta una coalizione di destra.
La batosta più grossa è per il PD e la coalizione di “centro-sinistra” che perde ben 25 sfide su 52. Sconfitto in città simbolo come Massa, Pisa e Siena, dopo che negli ultimi anni in Toscana il PD aveva già perso Livorno, Pistoia, Grosseto, Arezzo. Una vera e propria spada di Damocle che pende sulla testa del PD per le elezioni comunali a Firenze e regionali del prossimo anno.
Sconfitte pesanti anche in città come Cinisello Balsamo (Milano), Ivrea (Torino) e Imola (Bologna) amministrate ininterrottamente dal 1945 da sindaci di “sinistra” e che per la prima volta passano in mano della destra, nei primi due casi, e del M5S, nel terzo. Stessa sorte a Terni che passa alla destra dopo vent’anni. A Umbertide (Perugia), chiamata in Umbria “la piccola Russia” per le altissime percentuali che ottenevano i partiti della “sinistra”, il governo della città passa in mano della destra.
Così anche nelle cosiddette “regioni rosse” (Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche) secondo ormai un trend che si va consolidando, si sono più che dimezzati i comuni amministrati dal “centro-sinistra” passati da 13 ai 6 attuali. Il “centro-sinistra” sopravvive appena ad Ancona e Brindisi. Conquista i comuni di Teramo e Siracusa che erano guidati dal commissario straordinario.
Clamoroso il caso di Avellino dove il candidato del “centro-sinistra” è riuscito addirittura a perdere per strada fra il primo e il secondo turno più di 4 mila voti, invece di incrementarli come vorrebbe la logica, passando da 13.871 voti ai 9.307 del ballottaggio vanificando lo schiacciante vantaggio iniziale e regalando la vittoria al M5S che passa grazie all'aumento dei propri voti dai 6.535 del primo turno ai 13.694 del secondo.
 
Il M5S resta al palo
Un altro sostanziale sconfitto risulta il M5S. Alla fine dei conti perde infatti significativamente gli importanti e popolosi Municipi 3 e 8 di Roma, il comune di Quarto (Napoli) e soprattutto quello simbolico di Ragusa, il secondo comune capoluogo conquistato storicamente dal M5S, dopo Parma, il primo nel sud e soprattutto l’unico dove il governo pentastellato è stato testato per tutti i cinque anni. Vince per la prima volta a Imola, Avellino e Acireale (Catania). Conferma solo Pomezia (Roma) e Assemini (Cagliari).
Era riuscito a raggiungere solo 7 ballottaggi su 111 comuni, vincendone 5 su 7. Ciò conferma la persistente difficoltà del M5S nelle elezioni amministrative dovuto anche al suo scarso radicamento locale e al fatto che corre da solo. Quando però riesce a raggiungere il ballottaggio ha buone chance di vincerlo, grazie al suo trasversalismo e soprattutto ai voti che riceve dalla destra. È successo così nei ballottaggi di Avellino e Imola dove batte il “centro-sinistra” grazie ai voti della destra che ha fatto ufficialmente convergere i propri voti sul candidato del M5S. Al contrario ha perso i due ballottaggi, Terni e Ragusa, dove si è confrontato con la destra e non ha quindi potuto pescare nello stesso bacino elettorale.
Il risultato di Terni e Ragusa fra l’altro ha fatto intravedere una novità che se confermata anche in futuro potrebbe rivelarsi una tendenza importante. Questo risultato testimonia che l’elettorato di “centro-sinistra” di queste due città, i cui partiti e liste sono stati esclusi dal ballottaggio, non è andato a sostenere il candidato del M5S al secondo turno come succedeva invece nel passato e ha preferito astenersi. Si tratta di un’importante scelta politica ed elettorale, specie da parte dell’elettorato di sinistra che sta aprendo gli occhi sulla vera natura del partito di Di Maio, Grillo e Casaleggio e lo ha voluto punire per l’alleanza governativa con Salvini col quale condivide una politica fascista e razzista senza precedenti nella storia repubblicana.
Tirando le somme di tutta la tornata elettorale nei 111 comuni superiori ai 15 mila abitanti, compresi i due Municipi romani, il 3 e l’8, il “centro-sinistra” passa dai 61 comuni che controllava ai 39 attuali (-22). La destra è passata invece da 32 a 51 (+19). Il Movimento 5 stelle è sostanzialmente fermo al palo e addirittura perde un comune passando da 6 a 5 e fra questi c’è un solo comune capoluogo, Avellino. Le Liste civiche passano da 12 a 16.
A proposito delle liste civiche c’è da dire che sempre più si dimostrano semplici “specchietti per le allodole” a vantaggio di una o dell’altra coalizione partitica o per riciclare politicanti più o meno squalificati e impresentabili.
Fra i 20 comuni capoluogo, per esempio, vi sono cinque amministrazioni in mano a “liste civiche”, in realtà due di queste sono marcatamente di destra e cioè: quella di Imperia, dove è stato eletto sindaco al ballottaggio Claudio Scajola, più volte ministro nei governi Berlusconi e ministro dell’Interno durante la mattanza al G8 di Genova nel luglio 2001; e quella di Messina, dove Cateno De Luca, già arrestato per abuso d’ufficio e poi assolto e ancora sotto inchiesta per evasione fiscale, è un ex DC, ex Movimento per le autonomie di Raffaele Lombardo, poi ex Udc e oggi eletto sindaco come esponente di una lista civica.
Mino Cannito, neosindaco di Barletta, è stato invece sostenuto da liste civiche sia di “centro-destra” che di “centro-sinistra”. Mentre di “centro-sinistra” sono le liste civiche che hanno sostenuto l’elezione dei sindaci di Siracusa, Francesco Italia, e di Trapani, Giacomo Tranchida, città dove il PD ha rinunciato a presentarsi con il proprio simbolo.
Il “centro-destra” canta vittoria. Ma c'è molto fumo e poco arrosto. Strappa al “centro-sinistra” città importanti e storiche come Massa, Pisa e Siena. Ma lo fa soprattutto contando sulla caduta libera del PD. A Massa nel 2013 Alessandro Volpi del “centro-sinistra” fu eletto con 20.691 voti. Quest’anno Francesco Persiani della Lega è stato eletto sindaco con 17.830 voti. A Pisa Michele Conti candidato del “centro-destra” conquista la poltrona con 20.692; cinque anni fa il sindaco del “centro-sinistra” Marco Filippeschi fu eletto con un po’ di voti in più, 20.835. Stessa cosa a Siena: 12.076 voti per Bruno Valentini del “centro-sinistra” nel 2013, 12.065 voti per Luigi De Mossi della Lega quest’anno. E di esempi ce ne sono molti dove al “centro-sinistra” sarebbe bastato mantenere i propri voti per battere la destra.
L'elettorato più che premiare la destra ha punito il “centro-sinistra” e ha preferito in larga misura l'astensionismo.
In generale, l’elettorato punisce i governi uscenti indipendentemente dalla loro composizione. La maggioranza uscente è stata infatti sconfitta nella maggior parte dei casi (54% sul totale) e cioè in 60 città su 111. Ed essendo in questa tornata comuni in stragrande maggioranza governati dal “centro-sinistra” è ovvio che se ne sia avvantaggiata la destra.
È l'ennesima prova che l'elettorato non firma più cambiali in bianco a nessuno. Era già così per una gran parte dell'elettorato ma lo è sempre più anche per l'elettorato di sinistra e del “centro-sinistra”.
 
Non dare tregua
Destra, Movimento 5 stelle, “centro-sinistra”, chiunque abbia prevalso sull'altro, alla fine la musica è e rimarrà sempre quella del capitalismo. Perché alla prova dei fatti se non si mette in discussione il capitalismo, il suo sistema economico, sociale, istituzionale, statale e militare, la sua politica interna ed estera, non è possibile produrre alcun cambiamento sostanziale nelle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia, delle masse popolari, giovanili e femminili italiane. La soluzione è il socialismo.
Al contrario oggi più che mai occorre non dar tregua alle giunte e al governo del regime capitalista, neofascista e razzista Salvini-Di Maio per difendere gli interessi e i bisogni del proletariato e delle masse popolari italiane e dei migranti e sviluppare una vera e concreta opposizione di massa anticapitalista e antifascista.
I fatti di ogni giorno dimostrano che è un dovere imperativo e storico non solo per i marxisti-leninisti e i fautori del socialismo e gli anticapitalisti, ovunque organizzati, per i partiti con la bandiera rossa e la falce e martello, ma anche per tutti gli antifascisti consapevoli e informati unirsi per sbarrare la strada ai fascisti del XXI secolo.
 

27 giugno 2018