Lo certifica l'Istat. Record dal 2005
Oltre 5 milioni i poveri assoluti e oltre 9 milioni i relativi
Più povertà al Sud. I più colpiti gli under 35
Salvini e Di Maio pensano solo ai ricchi e agli evasori

Nel 2017, l'anno del governo Gentiloni e della tanto vantata"ripresa" economica, in Italia è aumentata ancora la povertà, sia in termini assoluti che relativi, ed è aumentata di più nel Mezzogiorno, per i giovani, per i disoccupati, per i lavoratori con basse qualifiche, per le famiglie numerose e per le famiglie di immigrati.
Questa l'impietosa fotografia dell'ulteriore impoverimento del Paese certificato dall'Istat nel suo rapporto annuale pubblicato il 26 giugno, che riporta i dati del 2017 confrontati con quelli dell'anno precedente. Nel 2016 le famiglie che versavano in condizioni di povertà assoluta erano 1,619 milioni, pari al 6,3% del totale; un anno dopo sono diventate 1,778 milioni, il 6,9% dei 25,865 milioni di famiglie censite in Italia. In termini di persone, i poveri assoluti sono saliti da 4,742 milioni nel 2016 a 5,058 milioni nel 2017, cioè dal 7,9% all'8,4% dei 60,2 milioni di individui residenti in Italia. Un record assoluto dal 2005, l'anno in cui l'istituto nazionale di statistica ha cominciato a registrare la serie dei dati sulla povertà assoluta e relativa.
Ricordiamo che l'Istat definisce in condizioni di povertà assoluta quel nucleo familiare che non è in condizione di acquistare "un paniere di beni e servizi considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile". In termini pratici si tratta, per una famiglia di una sola persona, di una cifra di 830 euro mensili se riferita ad un'area metropolitana del Nord, che scende a 740 per un piccolo comune, sempre del Nord, e a circa 560 se si tratta di un piccolo paese del Sud.
Se si va a vedere com'è distribuita geograficamente la povertà assoluta nelle tre aree del Paese, quasi la metà delle famiglie povere, il 47,5%, è concentrata nel Meridione, contro il 37,2% del Nord e il 15,3% del Centro. Mentre invece la distribuzione delle famiglie residenti è praticamente invertita, col 47,7% al Nord e il 31,7% al Sud: ciò significa che mentre il Nord ha la metà delle famiglie residenti, il Sud ha la metà delle famiglie povere.
 

Il Meridione sempre più distante dal resto d'Italia
Il dato ancor più significativo è che questa discrepanza è notevolmente aumentata nell'ultimo anno, poiché a fronte di una sostanziale invarianza delle famiglie residenti nel 2016 e nel 2017, nell'Italia settentrionale le famiglie povere sono scese, sia pure di poco, dal 37,6% al 37,2% del totale, e nell'Italia centrale in misura più sensibile, dal 19,2% al 15,3%. Mentre invece nell'Italia meridionale sono salite dal 43,2% al 47,5% del totale. Cioè nello scorso anno il notevole aumento della povertà assoluta che c'è stato in Italia pesa interamente sulle spalle del Meridione, che vede sempre più allontanarsi la speranza di un ricongiungimento col resto d'Italia e con l'Europa.
Il discorso non cambia neanche se lo si affronta dal punto di vista dell'incidenza percentuale delle famiglie povere rispetto al totale delle famiglie residenti, che vede penalizzato sempre il Sud, col 10,3% di famiglie che vivono in povertà assoluta, circa il doppio di quelle del Centro (5,1%) e del Nord (5,4%). E quel che è peggio, a fronte di un aumento dell'incidenza dello 0,4% al Nord rispetto al 2016, e addirittura una diminuzione dello 0,8% al Centro, nel Sud le famiglie povere sono aumentate dell'1,8%.
La povertà nel Meridione è aumentata soprattutto nei centri degradati delle grandi aree metropolitane (Napoli, Palermo, Reggio Calabria, ecc.), dove si registra quasi un raddoppio, dal 5,8% del 2016 al 10,1% del 2017. Ma anche nelle grandi città del Nord si è avuto comunque un netto aumento della povertà, salita dal 5,5% del 2016 al 7,3% del 2017. Nei comuni fino a 50 mila abitanti l'aumento in un anno è stato ancora considerevole al Sud, dal 7,8% al 9,8%, mentre negli stessi comuni del Nord e del Centro si è registrata invece una diminuzione.
 

Aumentata ancor di più la povertà relativa
Per quanto riguarda l'età la povertà assoluta incide di più sugli individui nella fascia al di sotto dei 35 anni, dove siamo a livelli più che doppi rispetto agli over 65, e lo stesso vale per le famiglie, dove se la persona di riferimento per il reddito familiare è un giovane under 35 la povertà incide per il 9,6%, mentre se la persona di riferimento è un over 65 la povertà incide per il 4,6%.
Le cose vanno molto peggio per le famiglie di immigrati, dove la percentuale di nuclei indigenti è salita dal 25,7% al 29,2%, cioè quasi una famiglia povera su tre è una famiglia di immigrati. Così come nelle famiglie con il capofamiglia operaio la povertà incide in misura doppia (11,8%) rispetto alla media dei lavoratori dipendenti (6,6%); per non parlare di impiegati, quadri e dirigenti (1,7%). E ancor più incide nelle famiglie dove la persona di riferimento è in cerca di occupazione (circa una su quattro), nelle famiglie con 5 o più componenti (17,8%), nelle coppie con 3 o più figli (15,4%) e nelle famiglie con 3 o più figli minori (20,9%).
Nel 2017 è aumentata anche la povertà relativa che, ricordiamo, riguarda quelle famiglie la cui spesa è inferiore alla spesa media pro-capite, pari a 1.085 euro mensili per una famiglia di due componenti. Queste famiglie disagiate sono aumentate da 2,734 milioni a 3,171 milioni, con un incremento di 437 mila famiglie che nel 2017 sono cadute ufficialmente in condizioni di miseria. In termini di persone si tratta di 9,368 milioni di unità, con un aumento di ben 903 mila poveri relativi rispetto al 2016.
Anche in questo caso l'aumento della povertà si è distribuito quasi tutto sulle spalle del Sud, con altre 410 mila famiglie entrate in povertà relativa a fronte di 2 mila nel Centro e 25 mila nel Nord. In termini percentuali il divario tra il Sud e il resto del Paese è ancor più profondo che rispetto alla povertà assoluta, poiché nel Meridione le famiglie in povertà relativa sono il 64% del totale, contro il 13,2% del Centro e il 22,9% del Nord. Vale a dire sono quasi il triplo di quelle del Nord e quasi il quintuplo di quelle del Centro. Se poi si considera l'incidenza della povertà relativa sul totale delle famiglie residenti, quella nazionale è salita dal 10,6% al 12,3%, mentre al Sud l'incremento è stato ben maggiore, dal 19,7% al 24,7%, a fronte di incrementi molto più leggeri al Centro (+ 0,1%) e al Nord (+ 0,2%).
 

La sporca demagogia di Salvini e Di Maio
Il rapporto Istat sulla povertà è stato immediatamente strumentalizzato da Salvini per uno spot propagandistico a sostegno della sua linea fascista, razzista e demagogica, dichiarando che "i dati confermano la giustezza del nostro obiettivo: mettere al centro gli italiani e dare priorità assoluta alle loro necessità". Cioè vuole escludere qualsiasi tipo di aiuto alle famiglie di immigrati, che sono quasi un terzo delle famiglie in povertà assoluta. In realtà non gliene frega nulla nemmeno dei restanti due terzi, visto che i cavalli di battaglia economici della Lega sono la flat tax, che taglia 50 miliardi dal bilancio pubblico per regalarli ai ricchi, e il maxi condono fiscale, rivolto anch'esso ai ricchi e agli evasori.
Quanto al reddito di cittadinanza tanto sbandierato dal suo reggicoda Di Maio, si sta sempre più smascherando come un bluff, visto che il ministro Tria ha già sentenziato che almeno per quest'anno non ci sono le risorse per farlo, (servirebbero quasi 20 miliardi) e che già si parla viceversa di una manovra da 18-20 miliardi da varare ad ottobre per disinnescare l'aumento dell'Iva e delle accise e rientrare nella riduzione del deficit già fissata nel Def dal precedente governo, salvo improbabili e comunque minimi margini di scostamento da contrattare con Bruxelles.
Ed è inutile che il ducetto pentastellato, nell'ansia di recuperare l'audience egemonizzato da Salvini, continui a ripetere come un disco rotto che "i margini ci sono" per coprire il reddito di cittadinanza, e che le risorse sono quelle già individuate nel disegno di legge del M5S presentato nella scorsa legislatura e vidimate dalla Ragioneria dello Stato. È solo fumo negli occhi, dal momento che in quel testo si prevedeva di finanziarlo attraverso una serie di interventi il cui nocciolo più cospicuo era costituito da un'imposta sui grandi patrimoni e dal taglio delle spese militari, a cominciare dalla cancellazione dell'acquisto degli F-35 e delle missioni militari. Sappiamo benissimo invece com'è andata la storia: mentre già da tempo Di Maio va ripetendo che non ci sarà nessuna patrimoniale, e anzi è perfettamente d'accordo con Salvini sulla flat tax e il condono, proprio in questi giorni la ministra della Difesa in quota M5S ha confermato l'acquisto dei costosissimi cacciabombardieri americani.
Senza contare che il testo prevedeva il reddito di cittadinanza "per tutti i cittadini italiani, residenti e stranieri provenienti da paesi che hanno sottoscritto accordi di reciprocità sulla previdenza sociale", mentre nel famigerato "contratto di governo" firmato con Salvini, Di Maio ha accettato senza problemi che sia riservato "solo agli italiani".

4 luglio 2018