Raffica di arresti ai vertici della Regione e della sanità Lucana
Ai domiciliari il governatore PD Marcello Pittella
In manette i commissari Giovanni Chiarelli (Asp Potenza) e Pietro Quinto (Asm Matera), il direttore amministrativo Maria Benedetto e il responsabile dell'anticorruzione Luigi Fruscio. Arrestato anche il direttore generale dell’Asl Bari, Vito Montanaro, fedelissimo di Emiliano.
Pittella si deve dimettere: Era il capo di uno “squallido e disarmante sistema” clientelare

Con una raffica di arresti, il 6 luglio la procura di Matera ha sgominato la banda di politici, manager e dirigenti corrotti annidati ai vertici della Regione e della sanità lucana.
Gli inquirenti hanno scoperto uno “squallido e disarmante sistema” clientelare in grado di truccare metodicamente i concorsi per ricavarne consenso elettorale”.
Trenta le persone arrestate: 2 in carcere, 20 ai domiciliari, 8 con obbligo di dimora.
Le accuse, a vario titolo, vanno dall’abuso d’ufficio, falso ideologico per soppressione, truffa aggravata, turbata libertà degli incanti e corruzione.
In cima alla lista degli arrestati ci sono il governatore PD Marcello Pittella e i suoi fedelissimi commissari delle uniche due aziende sanitarie lucane: Giovanni Chiarelli (Asp Potenza) Pietro Quinto (Asm Matera) e il direttore amministrativo dell’Azienda sanitaria materana, Maria Benedetto.
Ai domiciliari anche il direttore generale dell’Asl Bari, Vito Montanaro, fedelissimo del governatore PD della Regione Puglia Emiliano, e il dirigente responsabile dell'anticorruzione della stessa Asl, l'avvocato Luigi Fruscio.

I concorsi taroccati
Sono almeno quattro i concorsi finiti nel mirino delle indagini della Guardia di Finanza e del Pubblico ministero (Pm) Salvatore Colella. Gli inquirenti hanno filmato e intercettato i commissari d’esame mentre complottavano a bassa voce per alterare votazioni e graduatorie violando le regole messe a garanzia dell’anonimato degli elaborati. I verbali venivano riscritti dopo aver distrutto i documenti nel tritacarte.
Uno dei concorsi è stato vinto da una ex parlamentare PD, Lucia Esposito (non indagata), vicina al presidente della Campania De Luca che la nominò a capo di un organismo regionale, il Tavolo permanente del partenariato economico e sociale. Mentre la graduatoria di un altro concorso è stata per favorire il dirigente anticorruzione Fruscio: nel 2009 candidato in “Democratici pugliesi per Emiliano” e poi assessore a Barletta. Il tutto con lo scopo preciso di: “Ampliare il consenso elettorale” di Pittella.
Le indagini – ha dichiarato il procuratore capo di Matera Pietro Argentino- hanno permesso di appurare il «taroccamento» dei punteggi «condotto con precisione matematica», con la «creazione di verbali ideologicamente falsi» e la «distruzione di verbali con i punteggi effettivamente conseguiti dai candidati raccomandati, con la complicità dei componenti segretari».

Il sistema Pittella
Secondo gli inquirenti Pittella era il boss di uno “squallido e disarmante sistema” clientelare e corrotto che truccava metodicamente i concorsi nella sanità lucana a favore di raccomandati e amici degli amici per accrescere il suo potere politico ed elettorale.
In particolare Pittella è accusato di falso e abuso d'ufficio per la gestione di un concorso da dirigente, truccato per favorire Vito D’Alessandro, Alessandra D’Anzieri e l'avvocato dell'anticorruzione Fruscio. Montanaro - secondo l’accusa – in qualità di membro della commissione esaminatrice ha fornito ai candidati raccomandati le tracce in anticipo fornitegli dalla Benedetto direttore amministrativo della ASM nonché presidente della commissione esaminatrice . Il buon punteggio, «attribuito a tavolino», ritengono gli inquirenti, ha consentito a Fruscio lo «scorrimento della graduatoria con assunzione presso altre aziende sanitarie locali».
“Bisogna accontentare tutti” ripeteva Pittella ai suoi collaboratori mentre indicava i nomi dei suoi “protetti” evidenziati in verde per non sbagliare. Il colore individuava anche i mandanti della raccomandazione ed era riservato ai candidati segnalati dai boss del PD lucano fra cui il vice ministro all’Istruzione, Vito de Filippo, e degli Interni, Filippo Bubbico. Ma anche del vescovo di Matera, Antonio Caiazzo, del questore di Matera, Paolo Sirna, dell’ex deputato del PD, Gaetano Piepoli e perfino di alcuni magistrati.
“Ho fatto un elenco, in verde ho evidenziato i suoi” diceva la Benedetto riferendosi ai raccomandati da Pittella. “Poi ho l’elenco con i nomi degli altri”. Ma l’impresa era difficilissima perché i raccomandati erano tutti “ciucci” e così la Benedetto era costretta a fare due correzioni: la prima reale e una seconda con i voti alterati: “Allora questo è segnalato, questo è segnalato” diceva la signora mentre veniva intercettata “vedi questo ha fatto un bel compito! Però non è segnalato da nessuno. È un casino perché nessuno dei verdi… Hanno fatto schifo!”. Per far diventare idonei i “ciucci” raccomandati il giorno dopo l'esame entrava in azione la banda di Pittella che distruggeva i verbali originali e taroccava i risultati: “Allora questo da 18 (il voto dell’esame, ndr) passalo a 25”, e così per tutti gli altri segnalati. Tutti promossi. Alla faccia della tanto osannata “meritocrazia” piddina!

Il collettore dei raccomandati
Quinto invece, secondo il procuratore Pietro Argentino, era “il collettore dei desiderati della politica e non solo per le raccomandazioni all’interno dei concorsi della sanità... Gli investigatori si sono trovati davanti a quattro concorsi letteralmente truccati. In particolare, quello per concorso pubblico da un posto di dirigente amministrativo è stato vinto da tre persone, perché uno è vincitore effettivo e gli altri due lo sono di fatto per effetto dello scorrimento delle graduatorie”.
A Quinto è contestata fra l'altro la corruzione perché ha ricevuto da un imprenditore, Gaetano Appio, la ristrutturazione del suo appartamento di Bari in cambio di favori nel procedimento di accreditamento presso la Asm.
Scrive il Gip: “Quinto ha dimostrato detenere un’influenza tale da poter condizionare gli organi legislativi locali nella formazione di una norma regionale collegata alla finanziaria che stabilisce i tetti di spesa delle varie prestazioni sanitarie a carico del sistema sanitario. Questa normativa veniva concepita da Quinto e inviata nei palazzi della politica potentina non solo per agevolare i portatori di specifica patologia, ma anche per garantire lauti ritorni economici a soggetti privati a lui vicini”.
Il direttore generale puntava a diventare, scrive ancora il Gip, “l’uomo forte” della sanità lucana, ossia il Dg dell’Ausl Basilicata, che secondo il piano sanitario approvato dalla giunta riunirà in un'unica struttura le due aziende sanitarie esistenti.
Tra gli arrestati figura anche il docente di diritto amministrativo dell’Università di Bari, Agostino Meale. accusato di aver ottenuto incarichi legali da Quinto in cambio di agevolazioni alla carriera universitaria del figlio Giuseppe Quinto. In particolare Meale ha accettato di fare da relatore della tesi di laurea del figlio di Quinto, studente a Bari, e lo ha poi indirizzato per la pratica forense presso un avvocato amico e, infine, ha dato la sua disponibilità a supportarlo per l'assegnazione del dottorato di ricerca presso la propria cattedra.
Grazie all'aiuto di Meale, Giuseppe, figlio di Quinto, diventa un fenomeno: “Anticipa di due sessioni la seduta di laurea, è capace di inanellare ben cinque esami fondamentali in soli quattro giorni in ragione di due e tre ogni giorno con il massimo dei voti ed è candidato in pectore ad ottenere il titolo di dottore di ricerca” ricostruisce il giudice.
In cambio Meale ha ottenuto, fra giugno 2017 e gennaio 2018, incarichi per complessivi 57 mila euro circa in qualità di legale di volta in volta della Asm, della Asp e della Asl di Bari, in sette diversi procedimenti dinanzi ai Tribunali amministrativi di Matera, Potenza e Bari.

La soffiata
Però “L'indagine va ancora completata”, si è rammaricato il Pg Argentino, perché alla fine di maggio abbiamo scoperto che: “qualche indegna 'talpa' istituzionale faceva rivelazioni sull'attività investigativa in corso” agli arrestati. Dalle indagini risulta infatti che ad esempio Quinto è stato stato avvertito delle intercettazioni in corso dal senatore PD Salvatore Margiotta.
Secondo il Gip, “è stato possibile ricostruire nel dettaglio” che Quinto "ha appreso dal senatore Salvatore Margiotta di essere intercettato, e forse anche da qualche forza dell’ordine”.
Gli investigatori sono convinti che le indagini siano state danneggiate da una soffiata avvenuta il 29 maggio 2017. Quel giorno Margiotta incontra Quinto presso il bar “K2” di Potenza per avvertirlo che era “attenzionato e anche intercettato” dagli inquirenti. Subito dopo, Quinto chiama la Benedetto e insieme cercano di occultare le prove del loro malaffare e di costruire prove a discarico. La Benedetto viene anche filmata dagli inquirenti mentre fruga freneticamente tra scrivanie e mobilio dell’ufficio all’evidente ricerca di qualche microfono che non riesce a trovare: “Io ho paura che anche qua dentro… devi stare attenta a come parli…” dice la Benedetto ai suoi collaboratori imponendogli maggiori accortezze aumentando il volume della radio nelle conversazioni, o uscendo sui terrazzi per parlare. Altre volte invece la Benedetto si finge vittima del sistema Pittella e sbotta: “Hanno fatto tutti schifo… È vomitevole. Io non ci dormo la notte, mi sento un verme… Ci stanno quei ragazzi che partecipano… Ci credono… E il problema è che anziché Leo Maggiore deve andare avanti Maria Benedetto che magari è più scarsa di Leo Maggiore, ma qui funziona così”.
Insomma, scrive la Gip Angela Rosa Nettis nell'ordinanza di arresto: “Ci troviamo di fronte a una moltitudine di questuanti impegnati in un reciproco scambio di richieste illegittime [...] uno squallido e disarmante spaccato i cui protagonisti con disinvolta facilità si muovono con un senso di impunità... un avvilente quadro di totale condizionamento della sanità pubblica da parte degli interessi privatistici e di vile asservimento a logiche clientelari politiche”.

La cosca politica dei Pittella
Renzianissimi fino a quando Renzi è stato a capo del governo e del PD, la cosca parlamentare dei Pittellas è composta oltre che dal boss Marcello, che guida la Regione, anche dal fratello Gianni attuale senatore PD dopo essere stato vicepresidente dell’Europarlamento, e aver provato addirittura a scalare il Partito democratico, candidandosi alle ultime primarie.
I fratelli Pittella sono i paladini dell’Eni e delle altre compagnie petrolifere che hanno smembrato e avvelenato l'intera regione nella campagna di progressiva trivellazione della terra. Per il loro aiuto i Pittella hanno ottenuto in cambio un congruo corrispettivo in royalties, potere e forti influenze politiche.
Sono i figli di Don Mimì, scomparso ad aprile di quest’anno, consigliere regionale nel 1970, eletto al Senato per tre legislature con i socialisti. È balzato agli onori delle cronache nei cosiddetti “anni di piombo” per aver dato protezione e cure a Natalia Ligas: la brigatista latitante ferita in un conflitto al fuoco (provò ad uccidere l’avvocato difensore del terrorista pentito Patrizio Peci) che Don Mimì, medico, operò nel 1981 in anonimato. Per questo (e anche per l’accusa di aver elaborato con le “Br” un piano per rapire Ferdinando Schettini, vicepresidente della giunta regionale della Basilicata), Pittella senior fu condannato a 12 anni di reclusione. Espulso dal Psi, in attesa della condanna definitiva, fondò la Lega italiana di cui faceva parte anche Licio Gelli, si candidò col Movimento sociale e quando la condanna arrivò, fuggì in Francia fino alla consegna nel 1999 nel carcere di Rebibbia per poi ricevere la grazia, parziale, dal presidente Ciampi.

Dal PSI al PD, P2, “Br” e MSI
La cosca parlamentare dei Pittella da circa 50 anni è invischiata nei peggiori scandali e ciononostante continua a dominare il panorama politico locale, e a occupare posti di rilievo anche a livello nazionale ed europeo.
Nel 1996 Gianni viene eletto parlamentare dell’Ulivo prima di intraprendere il suo percorso, tre anni più tardi, nel parlamento europeo dove diventa capogruppo socialista per quattro anni. Alla sua ombra cresceva Marcello, il fratello più piccolo, che ha avuto la grande occasione nel 2013 quando sono arrivate le dimissioni dell’ex governatore Vito De Filippo, travolto dello scandalo per l’inchiesta sui rimborsi pazzi. Il PD aveva scelto di non candidare nessuno dei consiglieri uscenti coinvolti dall’indagine. Ma lui, invischiato per uno scontrino corretto a penna, si è ribellato: ha coalizzato pezzi del “centro-sinistra” e del “centro-destra” invocando una “rivoluzione democratica” e ha sconfitto per 200 voti il candidato di tutti i maggiorenti dem. Quindi si è ripresentato alle urne e vinto a mani basse. Accentrando tutto quello che poteva è riuscito, col tempo, a piegare le resistenze degli oppositori che ancora gli restavano all’interno del PD lucano. Così anche il 5 marzo, dopo la sconfitta alle politiche del fratello (paracadutato in un seggio sicuro in Campania), si era ripresentato ai suoi come l’unico condottiero capace di difendere il centrosinistra dall’avanzata di 5 Stelle e centrodestra. Era pronto a ricandidarsi, motivo per cui – ha scritto il Gip – avrebbe potuto continuare a reiterare quella gestione della sanità che, secondo i giudici, altro non era che un reato.
Ora è finalmente arrivato il momento che i Pittella siano costretti alle dimissioni e paghino col carcere il loro sistema di malaffare ed escano definitivamente di scena.

11 luglio 2018