Rapporto Ispra 2015-2016
I pesticidi avvelenano falde, fiumi e laghi
Secondo il “Manifesto Food for Health” sono responsabili della morte di circa 200 mila persone all'anno

 
Secondo il rapporto Ispra sui residui di pesticidi nell’ambiente relativo al biennio 2015-2016, le acque dolci italiane, sia sotterranee che superficiali, sono sempre più inquinate. Lo studio si basa sul prelevamento di campioni effettuato dalle Regioni e dalle aziende locali per la protezione ambientale con l’obiettivo finale di fornire linee guida agli enti ed alle stesse regioni, che portino alla cosiddetta “filiera sostenibile e a chilometro zero” che dovrebbe quantomeno ridurre l’uso di prodotti chimici.
 

Cosa nasconde la scarsità dei dati al centro-sud?
Nel rapporto, il primo dato che salta agli occhi è la disomogeneità territoriale dei riscontri: sugli oltre 35.350 campioni analizzati nel biennio 2015-2016, per un totale di quasi 2 milioni di misure analitiche, il 50% dei punti di monitoraggio si concentra nel solo Nord mentre nel resto del Paese la campionatura è a macchia di leopardo, con lo scandaloso zero dei prelevamenti in Calabria. Questo quadro naturalmente aumenta la preoccupazione poiché è lecito chiedersi cosa si nasconde ancora in tutte le acque non monitorate, soprattutto in aree nelle quali negli ultimi decenni sono scoppiati i maggiori scandali ambientali, principalmente legati a illeciti sui rifiuti pericolosi ad alto impatto ambientale che non hanno dato scampo all’ambiente nel quale sono stati irresponsabilmente smaltiti per il vile interesse economico di corrotti e mafiosi. Ampi invece sono i risultati che hanno portato all’individuazione delle sostanze chimiche potenzialmente tossiche, seppur consentite per utilizzo agricolo; nei fatti ne esistono circa 400, anche se al momento ne sono state ricercate soltanto 259, tutte riscontrate.
 

Innumerevoli le sostanze tossiche rilevate
Com’è noto, l’erbicida più diffuso nel mondo e anche uno dei più pericolosi, è il glifosato del quale abbiamo spesso parlato nel nostro settimanale condannandone l’uso e criticando la commissione UE che ne ha prorogato l’utilizzo a fini agricoli lo scorso dicembre. In particolare il Roundup, creatura della Monsanto, della quale il glifosato è la principale sostanza attiva, è il diserbante più utilizzato a livello globale. Dalla sua nascita, nel 1974, ne sono stati spruzzati sui campi di tutto il mondo qualcosa come 9 milioni di tonnellate, con danni irreparabili all’ambiente ed alla salute della popolazione coinvolta.
Nel rapporto Ispra infatti il veleno più diffuso nelle acque italiane monitorate si chiama Ampa, ed è il metabolita che si ottiene dalla degradazione del glifosato stesso a testimoniare che questa sostanza è stata immessa in grandi quantità nelle acque reflue da almeno quarant’anni poichè presente anche in moltissimi semplici detersivi per la casa. La ricerca ha riscontrato inoltre alti livelli del Ddt, con cui durante i primi anni cinquanta venivano irrorati a pioggia i campi dagli aerei militari americani, e della celeberrima atrazina, altro erbicida oggetto di una forte campagna ambientalista che portò al referendum del 1990 per la sua messa al bando che però non raggiunse il quorum.
Figurano nell’elenco dei veleni anche sostanze che hanno scientificamente effetti sull’apparato respiratorio e sugli occhi, contenuti in altri insetticidi e funghicidi trovate in alte concentrazioni, ben superiori anche agli stessi limiti di legge (che solitamente servono ad evitare la messa al bando di certi prodotti delimitando una “zona franca” a tutto vantaggio delle aziende produttrici ma a spese dell’ambiente), nelle acque sotterranee di 260 punti di rilevamento, corrispondenti all’8,3% del totale. In generale si può affermare a ragione che la presenza di pesticidi dal 2003 al 2016 è cresciuta del 20% nelle acque superficiali e del 10% in quelle sotterranee; una delle zone più monitorate per gli alti livelli generali di inquinamento, in particolare nei centri urbani, è la pianura padana che conferma una forte persistenza di questi agenti chimici nell’ambiente. Questo fattore – la persistenza - aumenta i livelli di rischio con l’accumulo nella catena alimentare che dispiega effetti a lungo termine soprattutto sul sistema endocrino umano, fino a ridurre fortemente la capacità riproduttiva. La nota positiva che viene sottolineata nella ricerca, in verità ci rallegra poco poiché, se è vero che la vendita dei prodotti fitosanitari più pericolosi dal 2001 al 2014 in base ai dati Istat è sensibilmente diminuita (-12% e -22% per principi attivi), è altrettanto vero che la vendita e l’utilizzo dei diserbanti e degli insetticidi più comuni sono tornati massicciamente a risalire passando, dopo un decennio di riduzione, a 136 mila tonnellate commercializzate nel 2015 contro le 130 mila dell’anno precedente.
 

Gli effetti dei pesticidi sulla salute
Il Manifesto “Food for Health” (Cibo per la salute), composto dai maggiori esperti mondiali nei settori ambientale e sanitario, ha avviato di una nuova ricerca di approfondimento sulla contaminazione ambientale da pesticidi e sui potenziali effetti che questi potrebbero avere sulla salute umana. L’obiettivo del cartello è quello di mettere in evidenza che l’utilizzo indiscriminato di agrotossici e le recenti crisi sanitarie siano strettamente correlate; nelle conclusioni si parla di “effetti catastrofici sull’ambiente, sulla salute umana e sulla società nel suo complesso” fino a giungere alla stima di circa 200mila persone all’anno decedute a causa di tali reagenti. Patrizia Gentilini, una delle voci più autorevoli del panorama italiano nel settore, medico dell’Isde (International Society of Doctors for Enviroment) e da tanti anni in prima linea contro gli inceneritori e negli studi contro le nanopolveri e l’inquinamento ambientale, ha ripetutamente denunciato la relazione fra l’uso dei pesticidi in agricoltura e molteplici patologie cronico degenerative come il diabete, patologie cardiovascolari, renali, respiratorie, allergiche e riproduttive, oltre alle malformazioni e problemi di sviluppo, tumori, patologie tiroidali e tanto altro ancora, fino al morbo di Parkinson, di Alzheimer ed alla sclerosi laterale amiotrofica. Secondo un altro degli autori del “Manifesto”, il professor Sergio Bernasconi, alcuni pesticidi sarebbero capaci di alterare la corretta funzione degli ormoni umani. Per entrambi i medici i soggetti più a rischio sarebbero le donne ed i bambini.
 

Le conseguenze dell’uso dei pesticidi su ambiente e salute pubblica sono una diretta conseguenza del capitalismo
Un quadro generale preoccupante dunque quello che emerge dai due documenti trattati, soprattutto per la diffusione del fenomeno e per la complicità delle istituzioni nazionali e sovranazionali che fanno gli interessi delle multinazionali dell’agrochimica, così come di quelle dei farmaci. I due settori sono fra l’altro strettamente connessi e ne è riprova la benedizione dell’UE condizionata ad aspetti secondari, alla fusione dei colossi Bayer e Monsanto di recente attualità. Non sfugge ai più che l’agricoltura intensiva, la produzione su larga scala di prodotti agricoli che contraddice ad un primo sguardo le sempre maggiori aree incolte in tutto il mondo (Italia compresa) e le altrettante che non vengono sottratte ad una sempre crescente desertificazione anche a causa del riscaldamento globale (anch’esso correlato elle emissioni d’inquinanti), siano una questione tutta interna al profitto capitalista.
Va da sé che l’uso degli agenti chimici a livello agricolo industriale arricchisce tutte le multinazionali in gioco, sia quelle agricole, sia quelle chimiche, ai danni dell’ambiente e della salute pubblica che subiscono entrambe danni irrimediabili. Sullo sfondo poi ecco un ulteriore tributo che questo circolo vizioso scarica sulle spalle delle popolazioni incolpevoli, rappresentato dai costi economici relativi al peggioramento dello stato di salute delle masse, da quei costi legati alle epidemie causate dalla cattiva alimentazione e dai residui chimici in essa. In Italia ad esempio, ogni paziente affetto da diabete costa al Sistema Sanitario Nazionale oltre duemilacinquecento euro l’anno, mentre le terapie legate al diabete costano attorno al 9% del bilancio totale, ossia circa 8,26 miliardi di euro. Il problema di fondo che consente ed accelera questo stato di cose, in Italia e altrove, è proprio il capitalismo ed il profitto. Per rimuoverlo, affinché si possa avere cura dell’ambiente, rispettandolo e traendo da esso quanto di meglio la tecnica umana sia capace di produrre, nel rispetto della natura ed anche della salute animale ed umana, occorre il sistema di produzione socialista che, anche in agricoltura come in tutti gli altri settori produttivi, mette al centro i bisogni delle persone e non il profitto di pochi. “Il singolo industriale o commerciante è soddisfatto se vende la merce fabbricata o comprata con l'usuale profittarello e non lo preoccupa quello che in seguito accadrà alla merce o al compratore. Lo stesso si dica per gli effetti di tale attività sulla natura. Prendiamo il caso dei piantatori spagnoli a Cuba, che bruciarono completamente i boschi sui pendii e trovarono nella cenere concime sufficiente per una generazione di piante di caffè altamente remunerative. Cosa importava loro che dopo di ciò le piogge tropicali portassero via l'ormai indifeso humus e lasciassero dietro di sé solo nude rocce? Nell'attuale modo di produzione viene preso prevalentemente in considerazione, sia di fronte alla natura che di fronte alla società, solo il primo, più palpabile risultato”. (cit. dal 1873 al 1883 ed alcune integrazioni furono redatte nel 1885 – 1886 - Dialettica della natura, Edizioni Rinascita 1950, p.218)
 
 

25 luglio 2018