Sull'accordo di libero scambio tra Ue e Giappone
Prima i diritti del lavoro e dell'ambiente

 
Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk firmavano assieme al premier giapponese Shinzo Abe il 17 luglio a Tokyo l'accordo di libero scambio tra Ue e Giappone denominato Jefta (Japan-Ue free trade agreeement) a chiusura di una trattativa avviata nel 2013 e chiusa nel dicembre 2017 sulla via degli accordi commerciali tra aree economiche, negoziati in gran segreto per molti anni prima di essere varati e oggi rimessi in discussione dalla nuova politica protezionistica dell'imperialismo americano.
L'intesa che copre un'area di libero scambio del valore di quasi un terzo del Pil mondiale e la maggiore mai negoziata tra le due aree economiche sarebbe proprio “un messaggio potente contro il protezionismo“ secondo Abe e Juncker mentre per Tusk “con il più grande accordo commerciale bilaterale mai siglato cementiamo l'amicizia nippo-europea. Geograficamente, siamo lontani. Ma politicamente ed economicamente potremmo difficilmente essere più vicini“. Per restare terra terra a chi ci guadagna, valga una stima dei negoziatori di Bruxelles che ipotizzavano, una volta a regime l'intesa con la soppressione da parte del Giappone dei dazi doganali su circa il 94% dei beni provenienti dall'Ue, un guadagno ulteriore di circa 1 miliardo di euro all'anno a vantaggio dei capitalisti europei.
Il Jefta, al pari del Ceta col Canada o del Ttip con gli Usa, messo in frigo da Trump ma solo perché ritenuto meno vantaggioso per le multinazionali Usa degli accordi bilaterali che potrà spuntare la sua amministrazione, vanno cancellati perché costruiscono rapporti commerciali dominati dai paesi imperialisti più forti, distruggono le economie locali e vanno a vantaggio dei capitalisti e non dei lavoratori e delle masse popolari.
In una iniziativa di varie organizzazioni che si oppongono al Jefta, come al Ceta e al Ttip, che si è tenuta a Roma il 17 luglio è stata dichiarata la contrarietà “alla reiterata posizione della Commissione, sostenuta dal Consiglio europeo, nella costruzione di accordi di liberalizzazione commerciale che interferiscono con la sovranità degli Stati“; “I trattati negoziati dall’Europa devono prevedere clausole stringenti a tutela dell’ambiente, del lavoro“, affermavano i partecipanti che chiedevano al parlamento di bocciarli.
Il governo dei ducetti Salvini-Di Maio è contro il Ceta ma non dell'equivalente Jefta, tanto per confermare un'altra delle loro posizioni opportunistiche. “Il governo italiano prende atto dell'esito dei negoziati, conclusi prima della sua nomina a seguito delle elezioni generali“, si affermava in una comunicazione del governo, “la valutazione complessiva dell'accordo è, secondo l'opinione italiana, positiva alla luce dei vantaggi che porterà alle esportazioni e all'occupazione nazionali, tra l'altro attraverso la liberalizzazione tariffaria per l'agroalimentare (ad esempio vini, formaggi, pasta), macchinari e tessile / abbigliamento, così come l'apertura del mercato giapponese degli appalti pubblici e la limitazione di importanti ostacoli tecnici“. E si prometteva “un'attività di monitoraggio costante e tempestiva dell'attuazione dell'accordo“ per “la piena osservanza delle norme europee in materia di sicurezza, ambientali e sociali“.
Tanto per capire quale sia lo spirito che anima l'azione del governo valga la testimonianza dell'eurodeputata M5S Tiziana Beghin che da membro della Commissione per il commercio internazionale garantiva che “l'accordo di partenariato economico con il Giappone non è perfetto: se fosse stato negoziato sotto gli occhi vigili del governo Movimento 5 Stelle sarebbe senz'altro migliore, ma le opportunità che offre alle nostre imprese e ai nostri cittadini sono immense e superano gli aspetti negativi“. Prima vengono gli affari dei padroni e non certo i diritti del lavoro e dell'ambiente. Come nel caso del Ceta col Canada che apre la strada all’ingresso degli OGM di prima e di seconda generazione non vietati nel paese nordamericano, o che concede alle multinazioni il potere di denunciare gli Stati che con le loro leggi possono ostacolare i loro profitti.
 

31 luglio 2018