Crolla il ponte Morandi
Omicidio di Stato a Genova: 43 morti, 9 feriti, 533 sfollati
Le autostrade vanno rinazionalizzate. Ex 007 e amici della cricca di Balducci nominati ispettori da Toninelli (M5S)
Nell'Italia capitalista non c'è sicurezza sulle strade

Il 14 agosto, intorno a mezzogiorno e sotto una pioggia battente, si sgretola una campata del ponte Morandi, fondamentale collegamento autostradale della città di Genova. Dopo l’incredulità iniziale e i primi soccorsi che non possono far altro che constatare il disastro, si contano i morti, 43, oltre a 9 feriti e 533 sfollati dalle case attorno e sotto ciò che resta del viadotto. Oggi pare tutto assurdo, in primis la cementificazione selvaggia abitativa e commerciale che ha costretto gli abitanti a vivere sotto a quella spada di damocle fino all’epilogo del quale essi stessi temevano quotidianamente, e quelle priorità di Stato che hanno sempre subordinato ad altro la sicurezza stradale. Comunque, una nuova occasione per la passerella politica è stata subito colta dai massimi vertici istituzionali e dal PD che deve trovare il modo di uscire dalla condizione nella quale l’ha gettato la gestione Renzi.
Ai funerali di Stato hanno accettato di partecipare soltanto i familiari di 19 vittime; nonostante ciò Di Maio ha mostrato bianchi sorrisi ai “supporter” che lo applaudivano e l’altro ducetto, Salvini, non volendo essere da meno, ha scattato decine di selfie accompagnandole dai soliti proclami fascisti. Anche contestazioni per il razzista caporione della Lega, ma soprattutto fischi per la delegazione del PD con Martina e Pinotti pesantemente insultati.
 

Nessuna assunzione di responsabilità da parte di Autostrade e di Atlantia
Nel giorno dei funerali, dopo un lungo silenzio perdurato fin dal momento della strage, in conferenza stampa Atlantia ha annunciato lo stanziamento di mezzo miliardo di euro per risarcire le vittime e per ripristinare la viabilità su Genova. Per inciso, Autostrade è una controllata del gruppo Atlantia che, fra gli altri, possiede il 99% di Pavimental, altra azienda che lavora da quarant’anni nella costruzione, manutenzione e ammodernamento di strade, autostrade, ponti e viadotti in Italia e all’estero e che al momento ha in corso lavori per 1,35 miliardi. Di fronte ai microfoni si è presentato Giovanni Castellucci, amministratore delegato di Autostrade e di Atlantia, insieme a Fabio Cerchiai, ex Unipol, ora presidente di Autostrade, Atlantia e di Edizione Srl, la cassaforte con cui la famiglia Benetton controlla le stesse Atlantia e Autostrade.
Oltre alle scuse di rito, il centro dell’intervista è stato il tema della demolizione e la ricostruzione di un ponte tutto in acciaio, scandendone i probabili tempi ma, scandalosamente, nessuna assunzione della responsabilità del crollo, nonostante le ripetute domande di giornalisti italiani e stranieri, sorpresi anch’essi da tanta faccia tosta.
 

L’indagine della procura
Marta Vincenzi, ex sindaco di Genova del PD, in una intervista confessa le responsabilità che coinvolgono tutte le parti in causa a partire dal suo partito: “Il fatto è che abbiamo perso tempo, dieci anni. Pazzesco, perché che il ponte Morandi fosse a rischio di usura per l’incremento del traffico lo sappiamo da almeno vent’anni”. Nelle numerose indagini, vengono immediatamente messe al centro le diagnosi di tenuta del calcestruzzo e dei tiranti fatte da autostrade e così partono le perquisizioni ed i sequestri per accertare le responsabilità.
La Guardia di finanza, su indicazione del pm Massimo Terrile e dal procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio, titolari dell’inchiesta, sequestra presso il Politecnico di Milano e negli uffici del Provveditorato alle opere pubbliche di Genova, due documenti fondamentali: il primo, del novembre scorso, è uno studio che segnalava che i tiranti di calcestruzzo con l’anima in cavi di acciaio della pila 9 crollata il 14 agosto, “si presentano con deformata modale non del tutto conforme alle attese e certamente meritevole di approfondimenti teorico-sperimentali”; il secondo è un verbale con il quale nel febbraio scorso il Comitato tecnico amministrativo aveva espresso, sulla base di carte fornite da Autostrade, un parere positivo al progetto, sottolineando contemporaneamente perplessità circa le metodologie usate per valutare la tenuta e la robustezza del calcestruzzo di quegli stralli che sembrano ormai essere la causa certa del crollo e che più volte in passato erano stati considerati a rischio.
In base a queste osservazioni l’ipotesi degli inquirenti è che Autostrade abbia fornito dati errati sul deterioramento degli stralli poiché avrebbe utilizzato tecniche sorpassate di valutazione quali la sonda “Windsor”, abbandonata dagli esperti del settore e quella del tassello “pull-out” che potrebbe portare anche a sovrastime del 100%.
Naturalmente nel mirino c’è anche la concessione stessa rilasciata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Mit) ad Autostrade con gli obblighi di monitoraggio, manutenzione e sicurezza spettanti al concessionario; il Mit era naturalmente informato di tutto ma, secondo i disciplinari interni anche questi sequestrati dalla procura, sembra che i compiti di sorveglianza spettanti al Provveditorato alle Opere Pubbliche e all’Ufficio Ispettivo Territoriale del Mit sui lavori effettuati da Autostrade, si limitassero a capitoli secondari come illuminazione e sfalcio del verde.
L’indagine dunque, dovrebbe portare a dire se Spea (altra società del gruppo con compiti ispettivi) ha monitorato, se Autostrade ha segnalato, se il Provveditorato ha svolto il suo ruolo e se il ministero ha vigilato. Sarebbe uno scandalo se non vi riuscisse, anche perché è un fatto che già nel 1981, appena 14 anni dopo l’inaugurazione, lo stesso ingegnere Riccardo Morandi chiamato dall’allora Società Autostrade a compiere uno studio sul ponte “che presenta degrado”, metteva nero su bianco: “La struttura esposta agli agenti atmosferici presenta deterioramento del cemento armato molto rapido in alcune parti, più di quanto ci si possa aspettare”; insistendo proprio sul pilone 9 ora crollato e sottolineando che “il tipo di lesioni trasversali fa diminuire la sicurezza e la stabilità”. Dal 1981 ad oggi, cosa è stato effettivamente fatto?
 

I soldi di autostrade a destra ed a “sinistra”
Nella sua incalzante propaganda, Di Maio sostiene a ragione che il PD ha preso i soldi dei Benetton ed accusa i governi Renzi e Gentiloni di aver fatto favori ai magnate dell’asfalto, dimenticandosi però di dire che i Benetton stessi hanno profumatamente finanziato anche il suo alleato di governo, la Lega, nella corrente attività di lobby alla quale nessun capitalista si sottrae, ungendo bene quegli stessi ingranaggi che consentono loro di consolidare le loro posizioni di favore di governi amici ed interessati. Fra l’altro, non ci sfugga che l’attuale presidente del consiglio Conte, voluto soprattutto dai pentastellati, è stato a lungo consulente legale della Aiscat, l'associazione italiana delle concessionarie di autostrade e trafori, e della Serenissima, la A4 Brescia-Padova, delle quali ha difeso gli interessi. Salvini invece, tenta di smarcarsi sostenendo che sia stata la Lega di Bossi ad essere finanziata dai Benetton e non quella che guida lui adesso; una difesa ridicola, poiché quella Lega è ancora tutta lì da Calderoli a Zaia e via di seguito.
Anche i recenti favori alle grandi imprese, inclusi i Benetton, arrivate col nuovo codice degli appalti, sono stati votati nella scorsa legislatura sia dal PD che dai 5 Stelle, in particolare cancellando l’art.5 dello stesso codice. Fra l’altro, è evidente l’inconsistenza della teoria dei pentastellati che, a differenza della Lega coinvolta da sempre nella speculazione e cementificazione del Paese ed eletta a referente politico storico di centinaia di comitati d’affari industriali, sono alla prima esperienza di governo centrale e addossano le responsabilità esclusivamente ai governi precedenti.
Siamo dunque alle solite; ma in oltre 3 mesi di governo, anche su questioni strategiche e fondamentali ad alto rischio come queste, che misure e quali provvedimenti ha preso il ministero di Toninelli per iniziare la propria sedicente “rivoluzione”? Nessuna. Non solo. In queste settimane è emersa anche la questione dei fattori K e X, che sui documenti ufficiali, in barba alla trasparenza finalizzata al controllo dell’utilizzo delle risorse pubbliche, secretavano le tariffe del pedaggio e le remunerazioni degli investimenti di Autostrade, Itinera e Toto: due percentuali top secret che hanno garantito un'alta redditività ai concessionari dell’asfalto. Una vera e propria omissione di Stato, che i vertici operativi del Ministero delle Infrastrutture hanno difeso ad ogni costo anche dai solleciti dell’Anac, pur quando alla guida del dicastero forse già arrivato lo stesso Toninelli.
 

Toninelli piazza un ex Sisde in commissione
La sedicente mutazione del 5 Stelle che in realtà rappresenta solo la vera natura di questo gruppo dirigente, è oltremodo evidente dalle vicende relative alla commissione incaricata di fare luce sul crollo del ponte Morandi. Dopo giorni di polemiche, è stato rimosso il presidente Roberto Ferrazza, che aveva autorizzato i futuri lavori di Autostrade per risanare il viadotto Morandi; lo stesso funzionario che avrebbe potuto interrompere il traffico sul ponte sulla base della situazione che gli era stata prospettata. Oltre a lui si è dimesso l’ingegnere Antonio Brencich, che si era occupato della stessa pratica. In compenso, Toninelli ha annunciato fiero e spavaldo la nomina di “una figura professionale di altissimo livello e con una esperienza trentennale alle spalle” che porta il nome di Alfredo Principio Mortellaro. L’ingegnere, per quasi un quarto di secolo è stato dirigente di alto livello dei Servizi segreti per i quali dal 1982 ha gestito la sicurezza dei computer e dei codici cifrati dell’intelligence, poi ha guidato l’ufficio che valutava l’esportazione di armamenti e infine è diventato il responsabile di tutti gli appalti del Sisde. Nel 2006, mentre al vertice del Sisde c’era Mario Mori, Mortellaro viene trasferito al Consiglio dei Lavori pubblici, presieduto da Angelo Balducci, al tempo provveditore alle opere pubbliche di Sardegna Lazio e Abruzzo, e sorta di gran maestro venerabile legato a più fili con boss politici di altissimo rango come Gianni Letta e con i vertici della Protezione civile di Guido Bertolaso, sul quale scoppia lo scandalo relativamente ad sistema di corruzione enorme e rodato intorno alle opere pubbliche, gli appalti e le emergenze o i grandi eventi. Al ministero si è dedicato alla sicurezza di gallerie e strade collezionando almeno 2 incarichi extra, uno nel 2016 e l’altro l’anno successivo, entrambe extra retribuite rispettivamente con 138 e 195 mila euro; compensi eccezionali rispetto agli standard del dicastero, pari a cinque volte il suo stipendio annuale.
Nell’elenco degli ispettori scelti da Toninelli spicca un altro personaggio che ha incrociato le trame delle cricca; si tratta dell’ingegnere Gianluca Ievolella, dirigente del ministero che fu intercettato mentre parlava con l’imprenditore Edgardo Azzopardi, condannato in primo grado ed assolto in appello per le fughe di notizie che travolsero l’allora procuratore aggiunto di Roma Achille Toro. In seguito incarichi e favori, inclusi appalti autostradali, hanno coinvolto sia lui che il fratello, evidenziando la complicità nella rete. Ma non è finita, c’è anche Bruno Santoro, da pochi mesi al vertice della vigilanza sui concessionari, che in passato ha svolto una serie di collaudi per conto di Autostrade, per un valore di oltre 70 mila euro. Ecco dov’è andata a finire la trasparenza pentastellata.
 

Il cancro delle privatizzazioni
Non ci sfugge che uno degli aspetti principali di questa vicenda, come di altre dalle conseguenze meno gravi ma analoghe, è la questione privatizzazioni e ciò non può fare a meno di chiamare in causa il protagonista assoluto dell’avvio della svendita degli asset strategici del Paese ai privati, qual è Romano Prodi. Da presidente dell’Iri, richiamato in servizio dopo il lungo mandato iniziale (1982-1989), fu incaricato dal governo Ciampi nel ’93 di impostare un programma di privatizzazioni col pretesto di risanare le casse dello Stato con le vendite, declamando i prodigi che gli investimenti privati avrebbero donato in termini di efficienza e qualità dei servizi. È curioso oggi constatare che tra i ministri di quel gabinetto figura anche Paolo Savona, che fu all’Industria, e già allora era additato come grande amico di Mediobanca e tenace sostenitore delle privatizzazioni a tutto tondo. Poi, il dossier passa al governo Berlusconi che con uno dei suoi primi atti nel luglio ’94, conferisce poteri speciali per continuare le privatizzazioni già avviate. Un processo dunque che trova tutti d’accordo, benedetto anche da Draghi (e qui ricordiamo il ruolo di Prodi nella nascita dell’euro) che qualche anno dopo spronò il capitalismo italiano considerato “debole” proprio nei settori strategici, e nel quale finisce anche un Ministro attuale del governo Salvini-Di Maio che adesso sostiene opportunisticamente una sorta di “nazionalizzazione” che in sostanza non sarà nulla più di un proclama per imbonirsi altra parte di elettorato.
 

Le autostrade vanno nazionalizzate
Nei giorni seguiti al crollo, si è iniziato a parlare in maniera sempre più insistente ma allo stesso tempo effimera, della nazionalizzazione di autostrade. Nelle interviste si citano le leggi che consentirebbero le risoluzioni dei contratti, così come si sostiene che, passando la gestione della rete autostradale ad Anas, come un tempo lo fu dell’Iri, ci sarebbero garanzie anche per quanto riguarda i livelli occupazionali. Tuttavia, al di la del parlare di parte 5 stelle, sappiamo bene che nessuno ha intenzione di nazionalizzare nulla, e per tranquillizzare i creduloni, ecco arrivare la smentita direttamente dalle parole di Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria in quota Forza Italia e commissario per l’emergenza del ponte Morandi, il quale oltre a sostenere che l’avvio del cantiere di ricostruzione sarà di Autostrade anche se potrà continuarlo un’altra azienda a partecipazione statale come vorrebbe Di Maio (probabilmente Fincantieri), chiude la porta al ducetto pentastellato ricordando dall’alto del suo ruolo ufficiale e di quello “fra le righe” quale raccordo della Lega con Forza Italia, che “nazionalizzare è il rimedio sbagliato”, aprendo però alla partecipazione di Cassa Depositi e Prestiti (e sul ruolo di essa sarebbe necessario un ulteriore approfondimento).
Per quanto ci riguarda noi spingiamo per la nazionalizzazione, una nazionalizzazione che sia effettiva poiché, anche se ben sappiamo che lo Stato italiano è capitalista, e rappresenta lo strumento che la borghesia del nostro Paese utilizza per dominare, coordinare, derubare e reprimere il proletariato italiano, in questo contesto essa servirebbe a migliorare il controllo pubblico sull’operato rispetto alla gestione privatistica dell’asset. Ben sappiamo che “lo Stato non siamo noi”, come amano affermare le destre ed i revisionisti, e ben sappiamo che solo con il socialismo le autostrade, e tutti gli altri beni comuni e le reti infrastrutturali saranno davvero della popolazione ed al servizio di essa; è vero però che il principale cancro della questione e della generale malora nella quale versano i servizi pubblici e le infrastrutture, è proprio la privatizzazione di essi che traduce tutto in profitto a favore dei capitalisti, compresa la sicurezza stradale assente nel nostro Paese.
 

Occorre ripensare alla mobilità di persone e merci
In sostanza adesso, tutte le parti in causa premono per la realizzazione della Gronda, come se essa fosse risolutiva per la sicurezza stradale; la chiede lo stesso Toti, la chiede Orfini per il PD e la chiede anche la Lega che non perde occasione per rosicchiare consensi “interni” ai 5 Stelle che al tempo sguazzavano all'interno dei movimenti del NO. Anche la Gronda però non esce dalla logica dell’interesse e del capitale poiché ha in sé tutte le storture di ogni altra opera pubblica presentata per avviare il ciclo dell’interesse tangentistico, dell’enorme spesa pubblica sul quale poi poggerà l’interesse privato, mantenendo sullo sfondo l’obiettivo principale degli autori che non sarà mai la sicurezza stradale e delle popolazioni interessate, bensì un nuovo canale per merci e trasporti e nuovi profitti. È necessario invece, oltre all’ovvia ricostruzione del ponte, ripensare in maniera radicale al trasporto di persone e merci via treno e mare, togliendolo quanto più possibile dalle strade che rappresentano il modo di trasporto via più rischioso, costoso ed inquinante di tutti.
 

La nostra solidarietà alle vittime dell’omicidio di Stato
Infine, vogliamo esprimere le nostre profonde condoglianze per le vittime del crollo del ponte e la nostra solidarietà ai loro familiari. “È stato un omicidio di Stato”, ha affermato davanti alle TV locali senza poi meritarsi la diffusione nazionale, il padre di uno di queste vittime, aveva un ragazzo, che ha rifiutato i funerali di Stato. Noi la pensiamo nello stesso modo. Il crollo del ponte Morandi è dovuto solo in parte all’incuria, poiché il ruolo principale per innescare certe dinamiche di mancate denunce, coperture e tutto ciò che sta emergendo è senz’altro il marcio funzionamento degli apparati Statali degli ultimi cinquanta anni. La sentenza di classe non salva nessuno; oltre agli organismi competenti, tutti i partiti politici parlamentari sono coinvolti, da quelli che hanno vissuto in prima persona gli sviluppi di questa vergognosa vicenda come PD, Lega, Forza Italia ecc., fino al Movimento 5 Stelle la cui dirigenza tenta di restare sempre e comunque estranea al “sistema” del quale ormai fa parte ai massimi livelli da oltre tre mesi nei quali gli unici fattori evidenti sono stati il razzismo che ha contraddistinto l’infame politica fascista nei confronti dei migranti, il nulla di fatto contro la “casta” che ora li comprende e una capacità tale di sguazzare nelle oscure dinamiche politiche e d’interesse, nei settori più coperti e paralleli fino ai servizi segreti, che fino a qualche tempo fa erano esclusivo vanto della destra reazionaria e del renzismo affarista e senza scrupoli.
Tutti costoro sono al servizio del capitalismo che causa queste immani tragedie e che non teme di sacrificare le vite umane pur di realizzare il massimo profitto.

5 settembre 2018