Pochissimi posti e rette carissime
Niente asilo nido per 8 bimbi su 10

Altro che servizio pubblico, gratuito e goduto dalle masse popolari: il sistema degli asili nido italiani che per il 64% del totale è in mano ai privati e alla Chiesa, risulta tra i peggiori di tutta l'Unione Europea.
A confermarlo è l’analisi dell’Ufficio valutazione impatto (Uvi) del Senato, nel dossier “Chiedo asilo” di recente pubblicazione. Dalla pubblicazione a cura del Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri risulta che, a fronte di rette salatissime, con ingiustificate quanto significative differenze territoriali fra Sud e il resto del Paese, il sistema degli asili nido in Italia dispone di poche strutture ed è in grado di accogliere appena il 22,8% del totale dei bimbi nella fascia di età zero-tre anni.
Ciò significa che all'inizio di ogni anno scolastico ben otto bimbi su 10 non trovano posti liberi costringendo uno dei genitori, quasi sempre la donna, a rinunciare al lavoro.
Eppure già dal 2002 il Consiglio europeo di Barcellona ha posto alcuni obiettivi per i servizi educativi destinati ai bambini in età prescolare: “gli Stati membri dovrebbero rimuovere i disincentivi alla partecipazione femminile alla forza lavoro e sforzarsi, tenuto conto della domanda di strutture per la custodia dei bambini e conformemente ai modelli nazionali di offerta di cure, per fornire, entro il 2010, un’assistenza all’infanzia per almeno il 90% dei bambini di età compresa fra i 3 anni e l'età dell'obbligo scolastico e per almeno il 33% dei bambini di età inferiore ai 3 anni”.
In base ai dati più recenti, si legge ancora nel dossier “nel 2014 il numero di posti nei servizi educativi per la prima infanzia, a titolarità pubblica e privata, è risultato pari al 22,8 % dei bambini della fascia di età da 0 a 2 anni, con notevoli variazioni tra le regioni (dal 39,9 % della Valle d’Aosta al 6,4 % della Campania). Secondo l’ultimo Report dell’ISTAT (pubblicato nel dicembre del 2017), Asili nido ed altri servizi socio-educativi per la prima infanzia, nell’anno educativo 2014/15 sono state censite sul territorio nazionale 13.262 unità che offrono servizi socio-educativi per la prima infanzia, il 36% è pubblico e il 64% privato. Sono disponibili complessivamente 357.786 posti, che coprono il 22,8% del potenziale bacino di utenza. Tale valore è in lieve aumento rispetto al valore pari a 22,5% dell’anno precedente”.
L'obiettivo del 33% dei posti è stato raggiunto solo dalle regioni Valle d’Aosta, Umbria, Toscana ed Emilia Romagna: “ma permane una fortissima disuguaglianza territoriale dell’offerta: tre regioni nel sud, ovvero Calabria, Campania e Sicilia, non offrono un posto nei servizi educativi, pubblici e privati, ad oltre il 90% dei bambini sotto i tre anni residenti nei loro territori”.
Calcolando che il settore privato attualmente copre circa l’11% dell’utenza, per raggiungere la quota di accoglienza, peraltro modesta, fissata al 33% dall'Ue, occorrerebbe che i servizi sostenuti da finanziamenti pubblici accogliessero il 22% dei bambini tra zero e tre anni, raddoppiando il numero attuale di utenti (nel 2014 erano 197.328). I bimbi accolti dovrebbero salire a 343.583, ben 162.421 in più.
Stimando in 7.962 euro l’anno il costo medio dell’accoglienza per ogni bambino, le spese di gestione ammonterebbero annualmente, a regime, a 2,7 miliardi di euro. Mentre “il governo del cambiamento, vicino ai cittadini” per l’anno scolastico appena iniziato ha previsto appena 239 milioni di euro che, tra l'altro, fanno parte di un precedente finanziamento di quasi 700 milioni di euro stanziato dal precedente governo.
Dunque gran parte degli oneri vengono scaricati sulle famiglie che dal 2008 hanno contribuito in misura crescente ai costi del servizio e la loro quota è passata dal 17,4 al 20,4% della spesa. Infatti, secondo l'ultima indagine effettuata da Cittadinanza attiva, una famiglia tipo composta dai genitori e il minore sotto i 3 anni con un reddito lordo di 44.200 euro (corrispondente a un Isee d i 19.900 euro) arriva a sborsare mediamente 301euro al mese con situazioni territoriali molto disomogenee fra il Molise dove la tariffa media è di 167 euro, e il Trentino Alto Adige con 472 euro. Mentre a livello di capoluoghi per i nidi si va dai 100 euro al mese di Catanzaro e Agrigento ai 515 euro di Lecco. Gli aumenti più rilevanti negli ultimi tre anni sono stati registrati a Chieti ( 5 0 .2%), Roma (33,4%), Venezia (24,9%) .

26 settembre 2018