Di Maio attacca la libertà di stampa
Il presidente del sindacato dei giornalisti: “È a rischio l'intero impianto democratico del Paese”

"Nel mirino del governo del cambiamento non c'è solo l'informazione ma è a rischio l'intero impianto democratico del Paese". Lo ha dichiarato Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale della stampa (Fnsi), dando voce, con questa pesante denuncia politica, alla rivolta dei giornalisti e degli operatori del mondo dell'informazione per l'ennesimo e più grave attacco del ducetto Di Maio ai giornali accusati di lavorare contro il governo Lega-M5S. Una rivolta che ha visto riuniti in una conferenza stampa di protesta la Fnsi, l'Ordine dei giornalisti, il sindacato giornalisti della Rai (Usigrai), insieme ai rappresentanti dei comitati di redazione di diverse testate, tutti uniti per denunciare all'opinione pubblica quello che a nome di tutti Giulietti ha definito "un'aggressione senza precedenti alla libertà di informazione e alla prima parte della Costituzione", e per reagire adeguatamente a quella che il presidente dell'Ordine, Carlo Verna, ha chiamato "emergenza libertà di stampa".
Di Maio, come del resto i suoi mentori Grillo e Casaleggio, non è certo nuovo ad attacchi a stampa e giornalisti, accusati di falsificare la realtà e fabbricare fake news per screditare il movimento. Anche di recente, dopo il caso della pubblicazione dell'audio del portavoce di Conte, Rocco Casalino, nel quale si lamentava al telefono di aver saltato il ferragosto per via del crollo del ponte di Genova, costringendolo così a chiedere scusa alla città ferita, il ducetto pentastellato aveva auspicato l'abolizione dell'ordine dei giornalisti. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il video postato il 6 ottobre su Facebook in cui si è augurato la morte dei giornali su carta stampata.
Esasperato evidentemente per le critiche e lo scetticismo con cui hanno accolto la sua "manovra del popolo", e ancor più la sua pretesa di aver con essa "abolito la povertà", nonché per l'irresistibile ascesa della stella di Salvini che lo eclissa sempre più nella sua ombra, in quel video Di Maio aveva sfogato tutta la sua stizza
contro la stampa dicendo che "siccome la maggior parte delle misure di questa manovra sono del M5S bisogna distruggere la manovra, il governo e il M5S", e questo con il "solito gioco del meccanismo di mettere la Lega contro il M5S. Di far sembrare sempre il M5S la parte debole e la Lega così forte". "Per fortuna - aggiungeva col perenne sorrisino di sufficienza stampato in faccia - ci siamo vaccinati anni fa dalle bufale, dalle fake news dei giornali, e si stanno vaccinando anche tanti altri cittadini. Tanto è vero che stanno morendo parecchi giornali tra cui quelli del gruppo l’Espresso che, mi dispiace per i lavoratori, stanno addirittura avviando dei processi di esuberi al loro interno perché nessuno li legge più, perché ogni giorno passano il tempo ad alterare la realtà e non a raccontare la realtà".
Era un attacco diretto al gruppo Gedi di De Benedetti, annoverato tra i nemici di questo governo, ma era anche un attacco alla libertà di stampa in generale, come si è visto dall'ondata di indignazione e di comunicati stampa di protesta che si è immediatamente levata non solo dai comitati di redazione delle testate messe nel mirino - "La Repubblica", "L'Espresso" e "La Stampa", ma anche di molte altre testate, tra cui anche "Il Fatto Quotidiano", che pure ha un atteggiamento quantomeno indulgente verso il governo Lega-M5S. Per non parlare della scesa in campo di tutti gli organismi sindacali e di rappresentanza dell'intera categoria dei giornalisti.
Del resto è stato lo stesso Di Maio a confermare la fondatezza dell'allarme generale in difesa della libertà di stampa suscitato dal suo video, quando il giorno dopo, incurante della rivolta suscitata, in occasione di un incontro elettorale in Basilicata, ha rincarato la dose dichiarando che "il sistema mediatico e il sistema europeo ormai hanno deciso che questo governo deve cadere il prima possibile. Ma più fanno così, più ci compattano". E accusando di nuovo la stampa di dipingere un inesistente conflitto tra Lega e M5S, mentre invece "noi siamo qui con le piazze piene, loro continuano a perdere lettori'', ha annunciato che ''è arrivato il momento di fare una legge contro il conflitto di interessi in editoria", e che "entro quest'anno tagliamo i fondi pubblici". Ignorando, o facendo finta di ignorare per imbonire le masse disinformate, che i finanziamenti ai giornali sono stati aboliti da anni e restano solo per le cooperative, come "Il Manifesto" e "Avvenire" e per alcune pubblicazioni no-profit.
Poi, con un post del 9 ottobre, ha messo nel mirino gli editori dei giornali, che "hanno le mani in pasta ovunque nelle concessioni di Stato: autostrade, telecomunicazioni, energia, acqua. E l'ordine che è arrivato dai prenditori editori è di attaccare con ogni tipo di falsità e illazioni il M5S". E a questo proposito, parlando quello stesso giorno in margine alla visita alla Fiera del levante di Bari, ha rivelato l'intenzione di dissuadere le aziende di Stato a fare pubblicità sulle pagine dei giornali "ostili" al governo: "Le società partecipate dello Stato dovrebbero smetterla di fare tutta questa pubblicità sui giornali perché molto spesso non si sa se comprano quelle inserzioni pubblicitarie per fare pubblicità al brand o un favore ai giornali", ha insinuato il ducetto. E ha ventilato la minaccia che questo sarà "uno dei tanti temi che dovremo affrontare nei prossimi mesi, rinnovando le governance di tante società partecipate che a volte, ho come il sospetto, stiano tenendo in vita molti gruppi editoriali che senza quelle grandi pubblicità non riuscirebbero neanche a resistere".
Il messaggio è chiaro: smettetela di attaccarci o vi strangoleremo togliendovi la pubblicità quando metteremo alla testa delle aziende partecipate dirigenti di nostra nomina. Un'altra minaccia è arrivata, da un altro lato, dal sottosegretario all'Editoria, il cinquestelle Vito Crimi, mettendo a sua volta nel mirino le agenzie di stampa: "le rivedremo, svolgono un servizio primario, ma sono troppe in Italia e lo sanno anche loro".
"Di Maio, come del resto buona parte del governo - ha dichiarato la Fnsi - sogna di cancellare ogni forma di pensiero critico e di dissenso e si illude di poter imporre una narrazione dell’Italia lontana dalla realtà. Auspicare la morte dei giornali non è degno di chi guida un Paese di solide tradizioni democratiche come è l’Italia, ma è tipico delle dittature". Nel corso della conferenza stampa di protesta "Giù le mani dall'informazione. Difendiamo l'articolo 21 della Costituzione", Federazione della stampa e Ordine dei giornalisti hanno deciso di fare un appello agli editori affinché aderiscano a un'iniziativa come quella svoltasi negli Stati Uniti contro Trump, quando 320 testate hanno pubblicato nello stesso giorno un editoriale per denunciare i suoi attacchi alla libertà di stampa. E hanno lanciato anche la proposta di una manifestazione che coinvolga non solo i giornalisti ma anche i cittadini.
Ricordando che non a caso l'ideologo di Trump, Steve Bannon, ha scelto l'Italia come base per costruire la sua rete "populista" internazionale, Giulietti ha osservato che l'attacco di Di Maio rientra in questo schema già praticato con successo da Trump, Orban, Le Pen, e il fascista brasiliano Bolsonaro: "Che ogni forma di mediazione, siano essi corpi sociali, corpi intermedi, sindacati o giornalisti sono il male, perché si interpongono nel rapporto diretto tra il nuovo potere e la folla - non il popolo che è concetto nobile. Il principe che si affaccia dal balcone deve poter comunicare attraverso i suoi 140 caratteri (di Twitter, ndr) e ha bisogno che non ci siano quelli che fanno le domande, che organizzano le persone e difendono i diritti. Va eliminato non tanto il giornalista ma ogni funzione intermedia, in modo che il cittadino sia solo nel vendere eventualmente sé stesso al potente".
Concorda con questa analisi anche Roberto Saviano, nel dichiarare che ''in Di Maio l’ambizione ha del tutto sovvertito ogni scala di valori... le sue parole suonano come un sinistro avvertimento a chi sa che il proprio dovere è la critica del Potere, soprattutto quando questo si autoproclama interprete dello 'spirito del popolo'''.
Da parte sua Di Maio continua imperterrito i suoi attacchi ormai giornalieri alla stampa "ostile", come ha fatto domenica 14 ottobre andando a farsi intervistare nel salotto televisivo di Barbara D'Urso su Canale 5 di Berlusconi, non disdegnando evidentemente in questo caso di servirsi del più "impuro" e il più in conflitto di interessi tra tutti gli editori: "In un'epoca in cui domina un certo giornalismo con la puzza sotto al naso - ha detto alla sua compiaciuta ospite - qui si possono dire le verità come stanno. Quindi preferisco venire qui molto spesso per dire cose che altrove è difficile riuscire a raccontare". Ne ha fatta di strada il nostro capopopolo che minacciava di chiudere le tv del “caimano”.
 
 
 

17 ottobre 2018