Nella sede del sindacato fascista Ugl
Salvini e Le Pen stringono l'asse xenofobo per conquistare l'Ue

 
Il convegno organizzato l'8 ottobre nella sede dell'Ugl (Unione generale del lavoro), il sindacato fascista diretto dal filo-leghista Capone, avente per tema “Crescita economica e prospettive sociali in un'Europa delle nazioni”, è stata la tribuna per lanciare l'asse xenofobo fra Salvini e Le Pen, per ora, da estendere successivamente al resto della banditaglia nazionalista e fascista in tutto il continente.
Infatti Salvini ha parlato di realizzare insieme alla caporiona francese un “laboratorio politico”, di fatto con l'obiettivo di conquistare una fetta considerevole del parlamento europeo alle elezioni della primavera prossima, ma anche per andare decisamente oltre. Lavoriamo, ha precisato, “a un progetto per l'Europa per i prossimi 30 anni”. Da sempre il ducetto nostrano e quella d'Oltralpe sono accomunati da un progetto politico che si dichiara populista ma è in realtà nazionalista. La loro politica anti-Ue è tutta interna al capitalismo, la attacca da destra invocando massicce dosi di xenofobia, razzismo e fascismo. La novità è che puntano a formalizzare il nuovo patto d'acciaio del XXI secolo in vista della conquista di più governi nazionali per attuare ed estendere questo progetto. Un piano che deve essere decisamente combattuto.
Salvini è diventato il nuovo idolo dei neofascisti di tutta Europa, essendo l'unico arrivato effettivamente al governo. Anche più del dittatore ungherese Orban, che pur essendo apprezzato da questa ripugnante combriccola resta saldamente in seno alla destra del Partito popolare europeo, almeno per ora. Le Pen ha chiarito che il suo asse con la Lega ha lo scopo di “sostituire l'alleanza tra Ppe e Pse a Bruxelles. Con Salvini non lottiamo contro l'Europa ma contro l'Ue”, spalleggiata dal nostro ministro di polizia che aggiungeva: “Condividiamo la stessa idea dell'Europa, del lavoro e della lotta all'immigrazione”. Esattamente come Hitler e Mussolini che si giustificavano le loro dittature terroristiche pretendendo di difendere il “lavoro”.
Il nero governo Salvini-Di Maio sta ampiamente dimostrando di non avere a cuore i diritti sociali e del lavoro, ma di continuare a demolirli mentre cerca di coinvogliare la rabbia delle masse puntando sul razzismo e sulla lotta all'immigrazione. Il conflitto con l'attuale direzione dell'Ue è puntualmente metabolizzato una volta che si tratta di dover persuadere i famigerati mercati, cioè i potentati del capitalismo, le vere forze che stabiliscono i destini dell'economia mondiale. Lo stesso Salvini alla suddetta conferenza stampa ha detto esplicitamente che “l'uscita dall'euro non è all'ordine del giorno”, ancora più chiara Le Pen che si definisce “la forza politica che può salvare l'Ue”. Del resto le loro politiche sono tutte in un'ottica nazionalista, ossia per avere mani libere nelle politiche economiche a favore di ciascuna borghesia nazionale.
Da un punto di vista di classe, infatti, la loro posizione è la stessa della borghesia nazionale contro la grande borghesia finanziaria internazionale. Altro che nemici dei poteri forti, visto che il governo di Salvini va a braccetto con Confindustria. È solo una contraddizione interna alla classe dominante in totale crisi politica. Di certo però il governo Salvini tanto apprezzato dai nazionalisti e neofascisti non è dalla parte dei lavoratori, visto che non ha mosso un dito per i loro diritti né nella manovra né nel precedente decreto “Dignità”. Al contrario, reprime le loro lotte e chiude loro ogni spazio col decreto “Sicurezza”. Ecco l'inganno di chi si proclama paladino del lavoro.
L'asse nascente fra i nazionalisti e xenofobi neofascisti d'Europa non può essere contrastata difendendo a spada tratta l'Ue. Lo stesso Salvini al convegno ha ammesso candidamente: “Stiamo raccogliendo un'eredità sociale, culturale ed economica di una certa sinistra che ha tradito le sue radici e i suoi valori. (…) Penso che nelle sedi del PD o dei socialisti francesi entrano più banchieri che operai”. Lo stesso vale per quelle forze politiche a sinistra del PD che sostengono di poter riformare l'Ue o di poterla usare per costruire un movimento transnazionale anticapitalista al suo interno. Con il solo esito di coprirla a sinistra e subire passivamente gli effetti della sua lenta agonia.
Il cosiddetto “europeismo” e il nazionalismo sovranista sono in realtà due facce della stessa medaglia. Nessuna delle due soluzioni mette veramente in discussione il sistema economico capitalista. Uscire dall'Ue significa uscire da quest'alleanza imperialista voluta dal grande capitale e dalla grande finanza europea e creare così condizioni migliori per lo sviluppo della lotta di classe.
Come ha ben spiegato Erne Guidi alla commemorazione di Mao recentemente organizzata dal CC del PMLI sul tema dell'imperialismo: “L’UE è irriformabile, bisogna distruggerla, cominciando a tirarne fuori l’Italia. Per le stesse ragioni essa è inutilizzabile da parte del Partito del proletariato. Le sue istituzioni sono antidemocratiche e nemiche dei popoli. Nella primavera del 2019 si terranno le elezioni per il rinnovo del parlamento europeo. Noi rifiutiamo l’UE per principio e quindi non possiamo legittimarla presentandoci con nostre liste. Di fronte alle elezioni europee non si può ricorrere a un astensionismo tattico come per le elezioni nazionali ma strategico, poiché il nocciolo della questione rimane la scelta a favore o contro la UE e non quella di dove collocarsi politicamente ed elettoralmente all’interno di essa. Tanto più ora che in Europa spira forte il vento delle destre fasciste, razziste e xenofobe”. […] Parlare di 'rivoluzione democratica', di 'istituzioni al servizio delle libertà pubbliche e dei diritti sociali' come hanno fatto nella Dichiarazione di Lisbona dello scorso aprile il 'Bloco de Esquerda' del Portogallo, 'La France Insoumise' di Jean Luc Melenchon, già esponente del partito socialista, e lo spagnolo 'Podemos', a cui ha aderito 'Potere al popolo', o di 'disobbedienza costruttiva che disattenda le regole più inique' dei Trattati europei, proposto da 'Primavera europea', la lista transnazionale, alla quale ha aderito il sindaco di Napoli De Magistris, lanciata da dall’ex ministro greco Janis Varoufakis con il movimento europeo DiEM25, è puro inganno, che serve unicamente ad offrire una copertura a 'sinistra' all’imperialismo europeo, dare ad esso, coscienti o meno, una base di massa e spingere in una palude gli antimperialisti, gli antifascisti, i no global e i pacifisti. Non è sufficiente 'rompere' i trattati dell’UE o parlare di uscire dall’euro, occorre uscire dall’UE imperialista e dire basta a fare l’opposizione di sua maestà.”

17 ottobre 2018