Assistente parlamentare e uomo del boss Denaro
Arrestato Antonello Nicosia, ex dirigente del partito radicale e assistente della deputata Occhionero, eletta con Leu e ora passata a Italia Viva

Con l'accusa di associazione mafiosa e favoreggiamento, il 4 novembre, su ordine della procura di Palermo, è finito in galera Antonello Nicosia, ex dirigente nazionale del partito radicale e assistente della deputata Giuseppina Occhionero, eletta con Leu e ora passata coi renziani di Italia Viva.
Insieme a Nicosia, nell'ambito dell'operazione denominata “Passepartout”, sono finiti in manette altri 4 boss mafiosi: il capobastone di Sciacca Accursio Dimino, i fratelli Paolo e Luigi Ciaccio, e il commerciante Massimiliano Mandracchia, tutti accusati a vario titolo di associazione mafiosa e favoreggiamento aggravato.
In particolare ai Ciaccio la Dda di Palermo contesta il fatto di avere messo a disposizione utenze telefoniche, di aver favorito gli spostamenti degli affiliati al clan e di aver aiutato sia Dimino che l’assistente parlamentare Antonello Nicosia “ad eludere le investigazioni”.
Mandracchia invece avrebbe messo a disposizione di Dimino il proprio negozio di frutta per gli incontri con gli altri affiliati alla cosca favorendo le comunicazioni.
Mentre Nicosia, già condannato in via definitiva a 10 anni e 6 mesi per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti nei territori dell’Agrigentino, docente di “sociologia trattamentale carceraria” all’Università di Palermo e di “storia della mafia” all’Università di Santa Barbara in California, direttore dell’Osservatorio internazionale dei diritti umani onlus, già membro del Comitato nazionale dei Radicali italiani e conduttore del programma “Mezz’ora d’aria” su una tv privata, secondo l'accusa era una sorta di dottor jekyll e mister hyde a disposizione dei boss mafiosi rinchiusi nel carcere duro del 41 bis.
Pubblicamente, il fidato collaboratore della Occhionero, si ergeva a paladino della legalità e strenuo difensore dei diritti umani, poi a microfono e telecamere spente e grazie al tesserino di collaboratore parlamentare che gli permetteva di entrare e uscire liberamente da tutte le carceri italiane senza essere controllato e perquisito, incontrava i boss mafiosi detenuti, li aiutava a fare uscire dal carcere i pizzini indirizzati alle famiglie mafiose e soprattutto si accertava che non collaborassero con la magistratura.
Nicosia prende molte precauzioni quando incontra il boss Dimino. Evitava di parlare al telefono, usa macchine noleggiate che cambiava spesso, per non trovare le cimici. “Io ogni mese mi cambio la macchina apposta chissà si mettessero in testa di mettere cose”. Ma non basta. Gli inquirenti riescono lo stesso a monitorare incontri e dialoghi, scoprendo che nel febbraio 2018 erano pronti a far saltare un’auto di un’impresa impegnata nei lavori alla banchina del porto di Sciacca.
Nicosia, come emerge dalle intercettazione allegate all'inchiesta, poteva agire totalmente indisturbato perché, come lui stesso osservava: “Quando entri con un deputato non è come quando entri con i Radicali, chiudono la porta” e nessuno ti controlla.
Nei suoi colloqui coi boss, intercettati dagli inquirenti, Nicosia parlava dell’attentato al giudice Falcone come “un incidente sul lavoro” e si lamentava pure sul nome assegnato all’aeroporto di Palermo: “Bisogna cambiare il nome, non va bene Falcone e Borsellino, perché dobbiamo arriminare (girare, ndr) sempre la stessa merda”. Mentre non faceva mistero delle sua grande ammirazione per il superlatitante Mattia Messina Denaro definito “Il nostro primo ministro”.
Per questo, secondo la Dda il collaboratore della Occhionero, risulta “pienamente inserito in Cosa nostra” e legatissimo al boss di Sciacca Accursio Dimino, col quale progettava danneggiamenti, estorsioni e omicidi.
Grazie al rapporto con la Occhionero, Nicosia ha incontrato diversi boss detenuti al 41 bis, come Filippo Guttadauro, cognato di Messina Denaro incontrato lo scorso 1 febbraio proprio mentre accompagnava la deputata durante un'ispezione nella casa circondariale di Tolmezzo. Nicosia ne ha approfittato “per dare istruzioni al figlio di un boss su come parlargli evitando le microspie e per rassicurare il boss circa l’impegno relativo alla sua ’causa’, proponendosi di presentare una interrogazione parlamentare tramite l’onorevole”.
Non solo. “Sfruttando il baluardo dell'appartenenza politica, il Nicosia - scrivono gli inquirenti nel mandato di arresto – ha addirittura portato avanti l'ambizioso progetto di alleggerire il regime detentivo speciale di cui all'art. 41 bis o di favorire la chiusura di determinati istituti penitenziari giudicati inidonei a garantire un trattamento dignitoso ai reclusi” e a tal fine “ha tentato anche di instaurare un dialogo con il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap)”.
Un progetto riguardante le carceri che sembra stare molto a cuore al superboss Messina Denaro e al capomafia di Sciacca, Dimino, col quale Nicosia progettava di uccidere un imprenditore per impossessarsi del suo patrimonio; reclutava giovani picciotti a cui commissionare attentati, organizzava vendette verso debitori e cercava di far soldi coi lavori di ristrutturazione del complesso alberghiero “Torre Macauda” villaggio turistico di Sciacca. “Facciamo questa operazione e vediamo cosa porta – dice Nicosia a Dimino –, magari ci possiamo guadagnare qualche 50 mila euro”.
Gli interessi mafiosi di Dimino e Nicosia valicano anche i confini dell'Isola e arrivano fino agli Stati Uniti dove i due sono pronti a “intraprendere attività economiche” contattando “gli associati mafiosi emigrati”. Dimino era disposto anche a fare il “killer per le famiglie mafiose americane”. “Altrimenti gli dico se c’è da accappottare (uccidere, ndr) a qualcuno – dice Dimino – gli dico datemi i soldi e ci penso io”.“Esatto”, risponde Nicosia.
Ma ora gli inquirenti hanno bloccato tutto.

4 dicembre 2019