Cosa ci dicono le citazioni di Marx ed Engels su la natura, l'ambiente e il capitalismo

 
Sull'ultimo numero del nostro giornale, in un momento in cui tutti i media borghesi seguivano il fallimento della 26esima conferenza dell'ONU sul clima di Glasgow, la Redazione Centrale ha pubblicato alcune citazioni ed alcuni brani di Marx ed Engels riguardanti l'ambiente, l'uomo e la natura.
Tentiamo ora di approfondirne i contenuti di quelle citazioni, dando gambe agli insegnamenti che ne derivano legandoli ai nostri compiti odierni sul fronte ambientale e nella nostra lotta più generale contro il capitalismo e per il socialismo.
 
La necessità di conoscere le scienze naturali
Marx ed io siamo stati presso a poco i soli a salvare dalla filosofia idealistica tedesca la dialettica cosciente e a trasferirla nella concezione materialistica della natura e della storia. Ma per una concezione dialettica e ad un tempo materialistica della natura è necessario che siano note la matematica e le scienze naturali. Marx aveva solide cognizioni di matematica, ma le scienze naturali le potevamo seguire solo parzialmente, saltuariamente, sporadicamente. Perciò, quando col mio ritiro dalla mia azienda commerciale ed il mio trasferimento a Londra, ne ebbi il tempo, nella misura in cui mi fu possibile mi sottoposi ad una completa “muda” matematica e naturalistica, come la chiama Liebig, e vi consacrai la parte migliore di otto anni. ” (1)
Nulla di meglio di questo passaggio, riportato da Engels nella sua opera Antiduhring , chiarisce quale fu l'approccio, la necessità impellente per i due maestri, di approfondire, di dedicarsi a tutto tondo dello studio della natura e delle sue leggi senza le quali – come dice lo stesso – sarebbe stato impossibile per loro completare quel passaggio fondamentale per dare alla natura stessa “una concezione dialettica e ad un tempo materialistica ”. Da Engels comprendiamo anche che nessuno dei due aveva una buona conoscenza dell'argomento, ma grazie al loro ardore rivoluzionario, alla necessità di capire, lo studio approfondito rese possibile la redazione di innumerevoli saggi – su tutti Dialettica della natura e appunto Antiduhring - che rappresentano autentici capolavori sull'argomento che nulla hanno da invidiare ai naturalisti “di professione” e che, grazie alla loro lettura materialistica e di classe, da una parte li integrano e dall'altra divengono terreno fertile sul quale gli studi economici prima di Marx e poi di entrambi daranno alla luce il socialismo scientifico.
Questo, e cioè l'importanza nello studio e in particolare di ciò che si conosce meno bene ma che serve per sviluppare una ideologia, così come un semplice articolo, crediamo sia il primo insegnamento di Marx ed Engels che dobbiamo tenere a mente, mettendolo in pratica quando serve, senza timore, e con grande fiducia in noi stessi.
 
Natura, uomo, filosofia e scienza
Lo studio della natura, il porla alla base della società e dei rapporti sociali, e la sua interpretazione dialettica e non metafisica, sono stati gli elementi principali che hanno consentito a Marx ed Engels di scardinare alcuni dogmi esclusivamente filosofici e idealisti, oppure religiosi, fino a giungere alla celeberrima sintesi espressa da Marx: “I filosofi hanno finora soltanto interpretato il mondo in diversi modi; ora si tratta di trasformarlo " (2). Un'esortazione che da allora ha chiamato gli intellettuali a non ridursi alla contemplazione esterna e passiva del mondo ma piuttosto contribuire attraverso la conoscenza alla sua trasformazione rivoluzionaria.
Apprendiamo dalla loro estrema chiarezza ad esempio di come “la natura esista indipendentemente dalla filosofia ” e come essa sia la base sulla quale l'umanità è nata e cresciuta facendone quindi parte: “oltre alla natura ed agli uomini non esiste nulla, e gli esseri più elevati che ha creato la nostra fantasia religiosa sono soltanto il riflesso del nostro proprio essere ”(3). Pertanto è concreto il parallelismo che lo stesso Engels fa, scrivendo che “I filosofi della natura stanno alla scienza della natura coscientemente dialettica nello stesso rapporto in cui stanno gli utopisti al comunismo moderno . ”. In pratica non c'entrano niente, e questo passaggio ci dice in sostanza che ogni analisi deve basarsi sui fatti, sul concreto, e su nient'altro. (4)
Se non bastasse quanto sopra per cancellare dalla mente dei ragionevoli ogni principio idealista eletto a base d'analisi concreta, riportiamo un altro passo di Engels che dovrebbe essere ancora più illuminante: “Il mondo materiale, percepibile dai sensi, e a cui noi stessi apparteniamo, è il solo mondo reale e la nostra coscienza ed il nostro pensiero, per quanto appaiano soprasensibili, sono il prodotto di un organo materiale corporeo, il cervello. La materia non è un prodotto dello spirito ma lo spirito stesso non è altro che il prodotto della materia. Questo, naturalmente è materialismo puro. ” (5)
È quindi la scienza che viene ulteriormente presa a riferimento unico ed assoluto, per creare sulle basi della natura stessa una nuova dottrina economica dalla forza tale da cambiare radicalmente i rapporti di produzione e di lavoro con le rivoluzioni del Novecento, influenzando per sempre l'umanità come ha fatto il socialismo. Certamente sia Marx sia Engels riconoscono il grande contributo della filosofia, anche di quella della natura, poiché i “venticinque secoli ” di risultati dello sviluppo della filosofia e tutti i suoi attori, hanno ricoperto per loro un ruolo importante che in quel momento però era indispensabile superare assieme al suo empirismo, non solo “pensando” altro, ma mettendo in pratica certi cambiamenti culturali, individuali e sociali per certi versi auspicati, per rivoluzionare il mondo da un punto di vista di classe.
Marx ed Engels resero grande merito a Darwin, creatore della “teoria dell'evoluzione ”, e con lui agli studiosi progressisti che lo precedettero come Lamarke ; ma il fatto che essi stessi sostenessero che quella teoria fosse ancora “molto giovane ” e che fosse “indubitabile che l’indagine ulteriore modificherà notevolmente le idee attuali, anche quelle strettamente Darwiniane sul processo evolutivo della specie ” (6) ci fa capire come entrambi applicassero sempre i loro principi, non stancandosi di ribadire mai come tutto si muova dialetticamente, nulla escluso, e che quindi soltanto osservando, migliorando gli strumenti con i quali si osserva, e oggi tenendo a mente il marxismo-leninismo, potremo interpretare al meglio gli avvenimenti politici e sociali, continuando a dare solide risposte di classe che la dialettica stessa e la lente materialista rendono inattaccabili nel merito.
Ricordo a completezza di quanto sopra di come Stalin definisce il materialismo dialettico: “Il materialismo dialettico è la concezione del mondo del partito marxista-leninista. Si chiama materialismo dialettico, perché il suo modo di considerare i fenomeni della natura, il suo metodo per investigare e per conoscere i fenomeni della natura, è dialettico, mentre la sua interpretazione, la sua concezione di questi fenomeni, la sua teoria, è materialistica. Il materialismo storico estende i principi del materialismo dialettico allo studio della vita sociale, li applica ai fenomeni della vita sociale, allo studio della società, allo studio della storia della società. Definendo il loro metodo dialettico, Marx ed Engels si riferiscono di solito a Hegel, come al filosofo che ha fissato i tratti fondamentali della dialettica. Questo però non vuol dire che la dialettica di Marx e di Engels sia identica a quella di Hegel. Infatti, Marx ed Engels hanno preso dalla dialettica di Hegel solo il suo «nucleo razionale», gettando via la corteccia idealistica hegeliana e sviluppando la dialettica per imprimerle un carattere scientifico moderno. ”. (7)
 
Il lavoro, l'uomo e gli animali
Sempre nella natura affonda lo sviluppo nella coscienza dell'uomo e, per spiegare a noi semplici allievi dei grandi maestri il ruolo del lavoro, Marx ed Engels ci dimostrano in mille scritti che proprio il lavoro è da sempre l'elemento centrale che ha consentito all'uomo, da un lato, di evolversi più rapidamente di tutti gli altri animali e, dall'altro, di produrre ricchezza per se stesso, fornendoci un assist magnifico per attualizzare certi insegnamenti ai nostri giorni: “I valori d’uso abito, tela, ecc., in breve i corpi delle merci, sono combinazioni di due elementi, materia naturale e lavoro. Se si detrae la somma complessiva di tutti i vari lavori utili contenuti nell’abito, nella tela, ecc., rimane sempre un substrato materiale, che è dato per natura, senza contributo dell’uomo. Il procedimento dell’uomo nella sua produzione può essere soltanto quello stesso della natura: cioè semplice cambiamento delle forme dei materiali. E ancora: in questo stesso lavoro di formazione l’uomo è costantemente assistito da forze naturali. Quindi il lavoro non è l’unica fonte dei valori d’uso che produce, della ricchezza materiale. Come dice William Petty, il lavoro è il padre della ricchezza materiale e la terra ne è la madre. ” (8)
Anche nei confronti degli animali, il ruolo del lavoro sull'uomo, e la sua capacità di poterli dominare, dà all'umanità grande potere e grandi opportunità, ma anche una grande responsabilità nel saper gestire questa superiorità ideale nel miglior modo e nel rispetto di tutta la natura che in ultima analisi significa anche di tutti gli animali, se stesso compreso. Abbiamo letto nelle citazioni pubblicate sullo scorso numero del giornale che Franklin definisce l'uomo “un animale che fabbrica strumenti ” e Marx lo supporta in questa affermazione riconoscendo che “l’ape fa vergognare molti architetti con la costruzione delle sue cellette di cera. Ma ciò che fin dal principio distingue il peggior architetto dall’ape migliore è il fatto che egli ha costruito la celletta nella sua testa prima di costruirla in cera. Alla fine del processo lavorativo emerge un risultato che era già presente al suo inizio nell’idea del lavoratore, che quindi era già presente idealmente. ” (9). Una differenza abissale che fa dell'uomo l'essere terrestre che ha nella sua testa e nelle sua affinate abilità fisiche, potenzialità infinite; come utilizzarle, a vantaggio di chi e nel rispetto o a discapito di chi sono questioni che rappresentano più in particolare il sistema economico che si sceglie, la società che si crea e la cultura che la classe dominante impone.
Un elemento molto importante in questa direzione ce lo offre Engels, attraverso un concetto che dobbiamo tenere sempre a mente, e che disegna un profilo di libertà nuovo per l'epoca e sostanziale, affermando che nei processi di produzione l'uomo è davvero libero solo quando produce al di fuori del bisogno fisico, al contrario degli altri animali che invece producono ad esempio un nido che serve loro ciò che gli occorre immediatamente per sé o per i suoi piccoli in maniera unilaterale (10); comprendere bene questa analisi, farla propria in profondo, significa aver più chiaro del perchè allora il lavoro salariato al quale il proletariato sotto il capitalismo è costretto per il suo mantenimento fisico – per vivere insomma – è realmente una schiavitù salariata della quale deve liberarsi.
 
Marx ed Engels maestri d'avanguardia
Per i loro tempi Marx ed Engels erano senz'altro punte di diamante, portatori di un pensiero d'avanguardia anche sul tema dell'ambiente e della natura, avendolo studiato ed analizzato così a fondo e, per la prima volta nella storia, messo alla base di tutto lo sviluppo del loro pensiero.
È per quello che sono stai capaci di scovare le grandi contraddizioni sia nel rapporto fra uomo e natura, sia nei rapporti di produzione capitalistici; ecco perchè le loro analisi e le loro conclusioni hanno tutt'oggi piena validità. D'altra parte nello studiare oggi le opere di Marx e di Engels, ci imbattiamo continuamente in frasi, considerazioni e analisi che possono essere utilizzate così come sono, parafrasate, anche oggi in un nostro intervento o articolo, e ciò accade in molti campi, a partire dall'analisi sociale del proletariato, oppure dalle condizioni di miseria che attanagliano due terzi del mondo odierno e che Engels ad esempio descriveva nella superba inchiesta La situazione della classe operaia in Inghilterra , per finire appunto al ruolo della natura e l'opera distruttiva del capitalismo su di essa.
Nelle citazioni riportate nell'ultimo numero del Il Bolscevico abbiamo appreso che Marx stesso guardava il materiale di scarto, nessuno escluso, come materia e non come rifiuto, e l'espressione riportata da Marco Alezio nel suo libro “Dai rifiuti all'economia circolare ” ne è una fulgida testimonianza: “A Londra, per esempio, del letame prodotto da quattro milioni e mezzo di persone non si è trovato di meglio da fare che usarlo per avvelenare, con un costo enorme, il Tamigi (…) I residui derivanti dai processi fisiologici naturali degli esseri umani avrebbero potuto, come quelli della produzione industriale e del consumo, essere reintrodotti nel ciclo produttivo, chiudendo il ciclo metabolico ”.
Nostro resta dunque il compito di trovare altre analogie, individuare nello specifico di quale contraddizione si tratta, trattarla nella dovuta maniera, e aprire gli occhi attraverso esempi pratici agli ambientalisti ed agli anticapitalisti su quale sia il nemico principale dell'ambiente e della natura – e quindi anche dell'uomo -, così come della povertà, affinchè essi non disperdano le forze, andando uniti al cuore della questione se davvero vogliono risolverla una volta per tutte.
 
Il cancro del capitalismo sulla natura e sul genere umano
Non ci stupisce che alle varie Cop dell'ONU sul clima, non le delegazioni (ovviamente), ma le altre parti in causa come le associazioni ambientaliste che sono capaci di dare un grande contributo critico, non facciano mai riferimento a Marx e ad Engels nell'analizzare il tema. È l'assenza della coscienza di classe su larga scala e l'opera nefasta dei revisionisti che lo rende oggi così difficile. Eppure è questo nei fatti quello che proponiamo a coloro che in certi movimenti hanno compreso seppur in maniera confusa che perdurando il capitalismo, nulla risolverà la questione e porterà mai a quell'equilibrio indispensabile ad una positiva relazione fra l'uomo che è capace di “dominare” la natura, rispettando l'ambiente.
In molti testi, manifesti che i movimenti ambientalisti producono si parla di “altro sistema”, ma alla fine le ricette che escono da tutti questi organismi progressisti non vanno nei fatti oltre al capitalismo (pur non citato) “eco-sostenibile”, definizione che rappresenta il principe di tutti gli ossimori. Non se ne mettono infatti in discussione i capisaldi, che rimangono la proprietà privata dei mezzi di produzione inclusa la terra e la ricerca del massimo profitto. Eppure basta guardarsi indietro, e leggere avvenimenti passati con la lente marxista-leninista, fatti che parlano da soli e che fanno comprendere a tutti che la natura del capitalismo è sempre la stessa.
Nessuno meglio di Engels ci descrive gli effetti del capitalismo sull'ambiente e sulla natura; il capitolo Parte avuta dal lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia del saggio Dialettica della natura è un capolavoro assoluto di analisi materialista che descrive in maniera esaustiva che cosa fa il capitalismo rapportato alla natura e perchè.
Engels spiega il concetto del “domino ” già citato dell'uomo sulla natura, e ammonisce che l'essere umano non può “adularsi ” troppo per questa “vittoria ” poiché “La natura si vendica di ogni nostra vittoria. Ogni vittoria ha infatti, in prima istanza, le conseguenze sulle quali avevamo fatto assegnamento; ma in seconda e terza istanza ha effetti del tutto diversi, imprevisti, che troppo spesso annullano a loro volta le prime conseguenze ” (11) e gli esempi che seguono fanno comprendere bene l'essenza della questione; eppure le compagnie multinazionali che deforestano oggi l'Amazzonia - per fare un pratico esempio – continuano a tagliare chilometri e chilometri quadrati di foresta alla settimana, e non per coltivare come era necessario alle popolazioni greche, mesopotamiche e dell'Asia minore alle quali Engels fa riferimento, ma solo per profitto.
In questo capitolo in pratica si salda l'ultimo anello del percorso di studio e di analisi di Engels e di Marx, forgiato per darci gli strumenti capaci di comprendere bene ed in maniera pratica che proprio il capitalismo è l'origine di tutti i mali sociali dell'umanità, inclusi quelli ambientali.
Ad ogni passo – continua Engels - ci vien ricordato che noi non dominiamo la natura come un conquistatore domina un popolo straniero soggiogato, che non la dominiamo come chi è estraneo ad essa, ma che noi le apparteniamo con carne e sangue e cervello e viviamo nel suo grembo: tutto il nostro dominio sulla natura consiste nella capacità, che ci eleva al di sopra delle altre creature, di conoscere le sue leggi e di impiegarle in modo appropriato. E, in effetti, comprendiamo ogni giorno più esattamente le sue leggi e conosciamo ogni giorno di più quali sono gli effetti immediati e quelli remoti del nostro intervento nel corso abituale della natura. In particolare, dopo i poderosi progressi compiuti dalla scienza in questo secolo, siamo sempre più in condizione di conoscere, e quindi di imparare a dominare anche gli effetti naturali più remoti, perlomeno per quello che riguarda le nostre abituali attività produttive. ” (12). Il passaggio è chiaro, ma il capitalista se ne infischia, proprio perchè il suo obiettivo non è quello di “formare un'unità con la natura ”, ma quello di sfruttarla al massimo, nell'immediato, traendone il massimo profitto. D'altra parte possono i capitalisti, che non esitano a sfruttare, opprimere, ridurre in schiavitù ed uccidere milioni di suoi simili per l'arricchimento di pochi, aver remore e uno sguardo lungimirante e di rispetto nei confronti della natura?
Certo che no, ed Engels lo ribadisce sul finale di quel capitolo, affermando a più riprese che “I singoli capitalisti, che dominano la produzione e lo scambio, possono preoccuparsi solo degli effetti pratici più immediati della loro attività. (…) l'unica molla della produzione diventa il profitto che si può realizzare nella vendita. La scienza borghese della società, l'economia politica classica, si occupa soprattutto degli effetti sociali immediatamente visibili dell'attività umana rivolta alla produzione e allo scambio. (…) In una società in cui i singoli capitalisti producono e scambiano solo per il profitto immediato, possono esser presi in considerazione solo i risultati più vicini, più immediati. Il singolo industriale o commerciante è soddisfatto se vende la merce fabbricata o comprata con l'usuale profittarello e non lo preoccupa quello che in seguito accadrà alla merce o al compratore. Lo stesso si dica per gli effetti di tale attività sulla natura. ” (13).
Capitalismo, sfruttamento, ambiente e produzione, l'analisi giunge fino al massimo chiarimento: “Nell'attuale modo di produzione (nel capitalismo – ndr) v iene preso prevalentemente in considerazione, sia di fronte alla natura che di fronte alla società, solo il primo, più palpabile risultato. E poi ci si meraviglia ancora che gli effetti più remoti delle attività rivolte a un dato scopo siano completamente diversi e per lo più portino allo scopo opposto ”(14). Passaggi che dovrebbero essere letti e studiati dagli ambientalisti poiché illuminanti e capaci di andare diretti al cuore della questione, a quel bersaglio che va centrato e distrutto se davvero si vuol liberare la natura e con essa anche l'essere umano.
Questa analisi viene poi riassunta e legata in maniera specifica al Capitale dallo stesso Marx che nel libro primo della sua opera chiarisce:“Come nell’industria urbana, così nell’agricoltura moderna, l’aumento della forza produttiva e la maggiore quantità di lavoro resa liquida vengono pagate con la deva stazione e l’ammorbamento della stessa forza-lavoro. E ogni progresso dell’agricoltura capitalistica costituisce un progresso non solo nell’arte di rapinare l’operaio , ma anche nell’arte di rapinare il suolo; ogni progresso nell’accrescimento della sua fertilità per un dato periodo di tempo, costituisce insieme un progresso della rovina delle fonti durevoli di questa fertilità. Quanto più un paese, per esempio gli Stati Uniti dell’America del Nord, parte dalla grande industria come sfondo del proprio sviluppo, tanto più rapido è questo processo di distruzione. La produzione capitalistica sviluppa quindi la tecnica e la combinazione del processo di produzione sociale solo minando al contempo le fonti da cui sgorga ogni ricchezza: la terra e l’operaio. ” (15). Qualcuno potrà forse affermare che i contenuti sopra riportati sono obsoleti? Basta guardarsi intorno per capire che non è così.
 
L'urgenza di legare la lotta in difesa dell'ambiente a quella contro il capitalismo per il socialismo
Quello che il nostro Partito cerca di fare da sempre, e soprattutto da quando l'eco opportunista e falsificatore delle COP sul clima ha consentito ai governi di tutto il mondo di vendere fumo circa gli impegni per mitigare gli effetti sul riscaldamento climatico globale, è quello di cercare in ogni modo di far comprendere a chi si oppone a questo inganno come i giovani di Fridays for Future ed a tutte le organizzazioni ambientaliste indipendenti, che l'unica via percorribile e di successo per fermare il riscaldamento globale, eliminare la povertà e rispettare davvero l'ambiente sta nel legare questa lotta a quella contro il capitalismo, causa di tutti i mali ambientali e sociali, facendone un tutt'uno e successivamente compiere quel salto di qualità verso la conquista del socialismo.
È il socialismo (e poi il comunismo) infatti la soluzione che gli stessi Marx ed Engels, supportati e resi forti dai loro studi materialistici e dialettici anche sulla natura, hanno regalato alle masse popolari di tutto il mondo come unica via possibile per conquistare col resto anche quell'armonia fra uomo e natura che gli ambientalisti cercano invano quotidianamente; il socialismo rappresenta nei fatti anche la loro stella polare, seppur solo una piccola parte ne abbia oggi coscienza.
Il giovane Marx afferma:“Questo comunismo è, in quanto compiuto naturalismo, umanismo, e in quanto compiuto umanismo, naturalismo. Esso è la verace soluzione del contrasto dell’uomo con la natura e con l'uomo, la verace soluzione del conflitto fra esistenza ed essenza, fra oggettivazione e affermazione soggettiva, fra libertà e necessità, fra individuo e genere. È il risolto enigma della storia e si sa come tale soluzione. ” (16); e il perchè è piuttosto chiaro.
Anche Stalin parla di questo modo di approcciare la natura, di gestirla, e di interpretarne le sue leggi nel socialismo, riferendosi ad esempio alla costruzione di dighe e centrali elettriche idriche, circa la necessità di “imbrigliare le forze distruttive della natura, a metter loro, per così dire, il morso, a rivolgere la forza dell’acqua a vantaggio della società e a utilizzarla per l’irrigazione dei campi, per ottenere energia. ” (17). Naturalmente anche in questo caso la questione centrale rimane il sistema economico di fondo; nel capitalismo non ci sarà rispetto per la natura, ma solo l'individuazione dei siti che consentiranno di costruire a minor costo dette centrali o dighe, più in fretta, producendo e rivendendo energia al prezzo di mercato più alto possibile; nel socialismo invece essendo assente il profitto, lo Stato potrà ponderare bene il luogo, costruire con lungimiranza e solo se strettamente necessario, e distribuire come servizio pubblico quell'energia pulita prodotta dall'acqua e dal lavoro dell'uomo.
In ultimo chiudiamo con un inciso di Marx questo contributo che ha il solo scopo di offrire un pensiero globale, tanto generalizzato, per sommi capi e poco approfondito dell'opera di questi due giganti fondatori del socialismo scientifico e nostri primi maestri, con la più grande di tutte le contraddizioni, la questione che dovrebbe essere strategicamente posta per prima nell'agenda degli ambientalisti e delle ambientaliste, dei giovani e delle giovani che davvero vogliono cambiare il mondo in senso progressista e socialmente giusto prendendo definitivamente le distanze non solo dal colonialismo, ma anche dal capitalismo e dalle sue leggi: “Dal punto di vista di una più elevata formazione economica della società, la proprietà privata del globo da parte di singoli individui apparirà così assurda come la proprietà privata di un uomo da parte di un altro uomo. Anche un'intera società, una nazione, e anche tutte le società di una stessa epoca prese complessivamente, non sono proprietarie della terra. Sono soltanto i suoi possessori, i suoi usufruttuari e hanno il dovere di tramandarla migliorata, come boni patres familias, alle generazioni successive. ” (18).
 

Riferimenti bibliografici
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K.Marx, Manoscritti economici-filosofici del 1844, Opere complete, vol III, p323-4
J.Stalin, Problemi economici del socialismo in URSS, 1952, Edizioni Il Bolscevico, 2003, pagg.6, 7
K.Marx, Il Capitale, Libro III, Cap. 46, Editori Riuniti, vol. 3, pag.886-7
 

24 novembre 2021