Lo rileva il rapporto Svimez
5,6 milioni di persone in povertà assoluta, specie al Sud
Nel Mezzogiorno 920 mila donne senza lavoro

 
Il 30 novembre scorso è stato presentato a Roma Il rapporto della Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) riguardante il 2021. Il rapporto prevede per l'anno in corso una crescita del Pil del 5%nel Sud, mentre nel Centro-Nord la percentuale sale al 6,8%. Una differenza che dovrebbe quasi ridursi nel 2022, con le stime che indicano una crescita del 4% per il Sud e del 4,2% per il resto del Paese.
Entro il 2023 l'impatto delle manovre di finanza pubblica e del Pnrr al Sud rispetto al Centro-Nord, "dovrebbe impedire al divario di riaprirsi" si legge nel rapporto. Affermazione seguita però da una lunga serie di doverose precisazioni.
Per Svimez: "Il 2020 è stato l’anno terribile nell’Italia del "doppio divario" Italia/Europa, Sud/Nord. La recessione da Covid si è abbattuta su un’economia nazionale collocata fin dall’inizio del nuovo millennio su un sentiero di progressivo allontanamento dalle più dinamiche economie europee e che nel 2019 non aveva ancora completato, unico caso tra i grandi paesi europei, il suo percorso di recupero dalla lunga crisi 2008-2014.
All’arrivo della pandemia il Pil del Mezzogiorno era ancora sotto di oltre 10 punti rispetto al 2008 e il Centro-Nord era spaccato tra un Nord locomotiva ormai stanca e un Centro sempre più in linea con il Mezzogiorno (-6% rispetto al 2008). In Italia la caduta del Pil nel 2020 è stata di quasi 3 punti superiore alla media europea (8,9% contro il -6,1%), anche in virtù della maggiore rilevanza di alcuni comparti, come il terziario, legati al turismo, alla cultura e ai servizi alla persona. Il calo del Pil si è mostrato nel 2020 relativamente omogeneo a livello territoriale: -8,2% nella media delle regioni meridionali e -9,1% nel Centro-Nord, con una punta del -9,4% nel Nord-Est e una dinamica al Centro in linea con la media nazionale (-8,9%). In Italia la più grande recessione dalla Seconda guerra mondiale è stata determinata soprattutto dal crollo della domanda interna. I consumi delle famiglie sono diminuiti dell’11,7% a livello nazionale, la riduzione del reddito disponibile delle famiglie è stata compresa tra il -2,1% del Centro, il -2,8% del Mezzogiorno e il 4,2% nel Nord-Est. La riduzione degli investimenti ha riguardato tutto il territorio nazionale; anche in questo caso con differenziali territoriali coerenti con la diffusione della pandemia, evidenziando cali mediamente più intensi nelle regioni centro-settentrionali (-9,2%) rispetto al Mezzogiorno (-8,5%). Solo in parte il crollo della domanda interna privata è stato compensato dalla crescita della spesa delle amministrazioni pubbliche (+1,2% in Italia) che ha finanziato interventi massicci a sostegno di famiglie e imprese colpite dalla crisi." Questo ultimo dato non ci risulta affatto: come si spiegano infatti 6 milioni di poveri, il divario tra i sessi e tra il Nord e il Sud se fossero stati erogati codesti "massicci interventi"?
Drammatica la condizione femminile
Il rapporto certifica in particolare la drammaticità della condizione femminile: per le giovani donne nel Mezzogiorno l'accesso al mercato del lavoro resta difficile, il tasso di occupazione delle 20-34enni laureate da 1 a 3 anni è il 44% al Sud a fronte di valori superiori al 70% nel Centro-Nord:
"L’emergenza sanitaria ha cancellato in un anno oltre il 40% dell’occupazione femminile creata tra il 2008 e il 2019 riportando il tasso d’occupazione delle donne a poco meno di due punti sopra i livelli del 2008. A subire le perdite maggiori sono stati i segmenti più deboli. Nel Mezzogiorno, dove il segmento debole del mercato del lavoro ha un peso maggiore, l’emergenza sanitaria ha inciso maggiormente: le occupate totali flettono del 3%, le straniere dell’11,8%, le occupate a part time involontario del 5,6%. Una relativa tenuta si registra esclusivamente per le donne in possesso di titolo di studio terziario. I dati confermano l’importanza del titolo di studio per la partecipazione al lavoro delle donne meridionali, laddove il divario dei tassi di occupazione con il Centro-Nord per le donne laureate del Sud si riduce a circa 13-14 punti percentuali. "
Rispetto al secondo trimestre 2019, l'occupazione femminile nel Sud si è ridotta di circa 120mila unità nel 2021, (-5%, contro -3,3% del Centro-Nord) . Quindi buona parte dei divari di genere dell'Italia sono ascrivibili alla situazione delle regioni meridionali: sono infatti 920mila le donne NEET nel Mezzogiorno (40%, contro il 17% della media europea) che quindi non studiano né lavorano.
Aumenta la povertà assoluta
Sono ormai quasi 6 milioni gli italiani in condizione di povertà assoluta, anche qui il Sud prevale sul centro-nord, nel quale comunque la povertà aumenta: "Nel 2020, la povertà assoluta aumenta sia per le famiglie sia per gli individui. Sono oltre 2 milioni le famiglie povere, per un totale di più di 5,6 milioni di persone. Nelle regioni meridionali sono oltre 775mila le famiglie povere per circa 2,3 milioni di persone. Il Mezzogiorno si conferma la ripartizione territoriale in cui la povertà assoluta è più elevata con un’incidenza del 9,4% fra le famiglie (era l’8,6% nel 2019). L’incremento conosciuto dal Sud non deve però ingannare sulla gravità del problema a livello nazionale: nel Nord, infatti, la povertà familiare passa al 7,6%, con un aumento dell’1,8% in un anno. La presenza di minori incide in misura significativa sulla condizione di povertà: nel Mezzogiorno il 13,2% delle famiglie in cui è presente almeno un figlio minore sono povere, contro l’11,5% della media nazionale. Un aspetto peculiare della crisi attuale riguarda l’incidenza della povertà fra le famiglie in cui la persona di riferimento è occupata, cresciuta dal 5,5% al 7,3%. Sono lavoratori poveri, il cui aumento è maggiore al Nord, soprattutto fra le famiglie di operai e assimilati. Crescono forme di lavoro meno stabili e a tempo parziale, soprattutto per le donne, e in settori a bassa produttività e professioni a bassa qualifica."
Vengono indicati anche dati allarmanti in termini di migrazione, denatalità, malasanità, sostegno al reddito, economia sommersa, con una grande precisione, invitiamo i nostri lettori a leggere il rapporto, è facilmente reperibile online.
Rileviamo però intanto il fatto che nell'ambito della relativa "ripresa" dell'anno in corso non viene contemplata l'inflazione galoppante. Secondo alcuni studiosi sta per arrivare un periodo di iperinflazione che potrebbe portare alla disintegrazione di alcune monete (più correttamente valute Fiat) fra le quali il dollaro.
Già nel 2008, al 5° Congresso nazionale del PMLI il compagno Giovanni Scuderi, cofondatore e Segretario Generale del Partito ha affermato : "Il crollo di Wall Street è la pietra tombale dell'egemonia dell'imperialismo americano nel mondo. Gli rimane il predominio militare, ma fino a quando?" Le vittoriose guerre di liberazione contro gli Usa e i suoi alleati, si pensi all'Afghanistan e gli effetti nefasti della pandemia sull'economia Usa, confermano in effetti il crepuscolo dell'ex superpotenza "unipolare" di cui cianciava il criminale Bush jr. Tutto questo, cioè lo sviluppo ineguale delle economie dei paesi imperialisti, è la causa principale delle guerre tra i Paesi imperialisti, ecco perché occorre tenere sempre presente che è possibile in qualunque momento lo scoppio di una nuovo conflitto mondiale fra gli Usa e i suoi alleati, fra i quali la Ue, e la RPC socialimperialista e i suoi alleati dall'altra.
In effetti il nostro Paese si può dire che non si sia mai ripreso dalla crisi del 2008, cosa che ricade sulle spalle della Ue e dei governi che hanno preceduto l'avvento della pandemia, che hanno finito con il fare trovare il nostro popolo ancora più impreparato e povero di fronte all'emergenza rappresentata dal Coronavirus, innanzitutto disintegrando il SSN sull'altare del criminale e fallimentare federalismo sanitario, il quale fra l'altro è stato un vero toccasana per i profitti dei pescecani capitalisti e per le mafie in generale, a proposito di queste ultime il rapporto evidenzia la loro crescita, qualitativa e quantitativa, anche durante la pandemia in corso: "Analizzando il coinvolgimento delle organizzazioni criminali in episodi corruttivi, emerge che durante la pandemia uno dei settori più interessati dal fenomeno è stato quello della sanità pubblica: gli appalti e i servizi legati al settore medico-sanitario, il settore della ricerca e sviluppo di nuovi prodotti, nella species come conflitti di interesse o attività di lobbying, con il rischio, tra gli altri, di immissione nel mercato di prodotti medici contraffatti legati alla pandemia. Il Covid-19 ha portato alla luce il peso che ha avuto il dilagare del fenomeno corruttivo che per anni ha interessato la sanità pubblica e privata e l’impatto dannoso che la distrazione dei fondi pubblici dai servizi essenziali ha avuto sulla qualità della vita delle persone. La sanità è stato un esempio lampante di come la corruzione abbia influenzato la gestione dell’emergenza. La criminalità organizzata ha beneficiato, in particolare, del mercato legato ai prodotti sanitari, tra cui mascherine, dispositivi di protezione ed equipaggiamento medico, che possono servire come mezzo per facilitare altri reati legati alla corruzione, tra cui il riciclaggio di denaro."
Il Pnrr non aiuterà il Mezzogiorno
Quello che proprio non convince di questo Rapporto è la previsione quasi miracolistica che viene effettuata circa l'impiego delle risorse (oltre 200 miliardi di euro) del famigerato Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza, destinato solo per il 40% alle regioni meridionali, tanto più che lo stesso Rapporto inquadra giustamente il declino italiano e quindi la contrazione del PIL e l'impoverimento a partire dal 2008, se non dai primi anni 2000 e quindi dall'avvento dell'euro.
Soprattutto inaccettabile, antipopolare, filo Ue è la ricetta che la Svimez propone:
"La ripartenza nel post-pandemia del sistema-Italia è essenziale all’Ue come al Paese con l’obiettivo di mettere rapidamente a frutto l’enorme rendita fin qui dissipata della posizione strategica del Mezzogiorno nel Mediterraneo dove, invece di esserne il presidio, da anni siamo ospiti. Un modo per dar credito e sostegno alla politica imperialista e interventista del governo Draghi, senza peraltro spendere neppure una parola per stigmatizzare l'ecatombe dei migranti che ha come teatro proprio il Mediterraneo. La SVIMEZ auspica che attraverso il PNRR sia possibile cogliere l’occasione storica che la repentina presa di coscienza UE, pur tardivamente, offre. È bene essere consapevoli che aver vinto la battaglia sull’ammontare del soccorso non basta. La guerra, infatti, si perderà se ci si limita a puntare all’obiettivo della Resilienza (grande manutenzione digitale-smart di un “motore” usurato) come propone la retorica di “non soffocare il vento del Nord” per “far correre Milano – rallentare Napoli” che poi beneficerà del traboccamento dello sviluppo. Una prospettiva che ben si coglie nell’enfasi con la quale si commenta il “rimbalzo” dell'ultimo trimestre.
La Svimez propone quindi un “progetto di sistema per il sud” articolato in 3 punti che ricalca la politica interna ed estera della Ue imperialista, che rigettiamo in toto, a cominciare dall'auspicato rilancio delle mega opere speculative quali il ponte sullo stretto e l'alta velocità. Come si può pensare che il Pnnr possa portare l'Italia ai livelli pre-crisi 2008, tanto più in piena pandemia e considerando che anche allora non è che il popolo italiano sguazzasse nella ricchezza? Com'è possibile poi accettare che siano in gran parte soldi prestati, cioè a debito e credere di poterli un giorno restituire alla "benefattrice" Ue e agli strozzini capitalisti senza lacrime e sangue?
Per noi questo Pnnr è totalmente insufficiente tanto quantitativamente, i fondi non sono adeguati alla situazione e c'è una disproporzione da noi già denunciata nella destinazione delle risorse stesse verso il Nord del Paese. Ma soprattutto qualitativamente per noi non è possibile fare affidamento su questo Pnnr per risolvere o anche solo per calmierare i problemi economici e sociali della masse, perché su questi fondi non sono le masse, come dovrebbe essere, ad avere diritto di parola e di gestione, ma la borghesia e i suoi servi di destra e di "sinistra" al servizio, specie nel Sud, delle massomafie e dei colletti bianchi, quindi in ultima analisi non ci vuole molto a comprendere che questa massa enorme di liquidità andrà ad ingrossare i profitti della classe dominante borghese e dei suoi servi e non certo a fare del bene alle masse, nemmeno per quanto possibile vigente il capitalismo.
Dove sono infatti i soldi a fondo perduto per la piena e sana occupazione? Per la sanità pubblica gratuita e senza ticket? Per la scuola e le università? Per la messa in sicurezza del territorio, dei luoghi pubblici e di vita, lavoro, studio e salute delle masse? Per combattere il divario Nord-Sud e le disparità di genere?
Com'è possibile poi pensare di combattere i cambiamenti climatici finanziando la cosiddetta "green economy" se è lo stesso capitalismo a determinare l'inquinamento? Non esiste un capitalismo dal volto verde, è un vero e proprio ossimoro, per questo per noi la lotta ambientalista va saldata alla lotta contro il capitalismo.
Anche tra le microimprese o tra gli aspiranti imprenditori oggi disoccupati ormai sul Pnnr prevale il pessimismo perché è del tutto evidente che l'erogazione dei fondi di "sostegno" all'economia saranno distribuiti attraverso le consorterie mafiose e mille cavilli e non potranno in alcun modo favorire nuova ricchezza e sana occupazione, nè tanto meno si può pensare di risolvere la Questione Meridionale, vera questione nazionale.
Lo ammette implicitamente la stessa Svimez, quando dice che a fronte di una ripresa della crescita del PIL del 2021 (il cosiddetto effetto rimbalzo dopo l'anno nero 2020) al massimo e se verranno spese come si deve le risorse, il tutto dovrebbe al limite "impedire al divario Nord-Sud di riaprisi".
D'altra parte come si può dare fiducia ad un piano concepito dalla Ue imperialista e poi articolato e posto in essere dal governo del banchiere massone Draghi, dai vari livelli istituzionali e dalla famelica borghesia nostrana?
Innanzitutto la Ue non sta certo facendo un favore al popolo italiano, quei soldi sono anche frutto della tassazione diretta e indiretta degli italiani incassati dallo stato borghese parte integrante della stessa Ue, quindi spettano di diritto al popolo italiano e sono, lo ripetiamo troppo pochi e a debito. Ma soprattutto come si può pretendere che la Ue imperialista risolva i problemi se essa stessa è parte del problema delle masse popolari europee e quindi italiane essendo imperialista e antipopolare?
Insomma, se gli spietati dati contenuti nel rapporto riguardanti il divario Nord-Sud e gli altri indicatori economici sono certamente preziosi, non condividiamo per nulla la "ricetta" della Svimez per il rilancio dell'economia che poi non è altro che un appoggio mascherato alle politiche del governo Draghi e alle sue "priorità", che per noi invece va buttato giù da sinistra e dalla piazza prima che possa fare ulteriori danni al popolo italiano.

8 dicembre 2021