Trionfa l'astensionismo alle comunali parziali in Calabria
Nei 74 comuni al voto complessivamente l'affluenza alle urne si ferma al 58,9%, con un incremento della diserzione di circa 5 punti percentuali rispetto al 63,7% del 2017, la diserzione passa dal 36,3% al 41,1% (+4,8%), dato al quale sono poi da aggiungere le schede nulle e bianche

 
Dal corrispondente de “Il Bolscevico” dalla Calabria
L'astensionismo è di gran lunga il primo "partito", la maggioranza relativa degli elettori ha dunque delegittimato liste e candidati borghesi, risultato straordinario se si considera che alle comunali l'affluenza alle urne è superiore alle europee e alle regionali ma inferiore alle politiche, considerando anche l'enorme numero di candidati ai consigli comunali e la loro presenza asfissiante nei vari comuni, le promesse di posti di lavoro, le clientele massomafiose, i voti pagati, l'influenza delle 'ndrine e così via.
Una crescita costante che proietta in prospettiva anche alle amministrative, già dal primo turno, l'astensionismo verso la maggioranza assoluta, che in Calabria è già assoluta, se non plebiscitaria, alle regionali, alle europeee e in diversi comuni anche alle amministrative, il declino del consenso delle irriformabili neofasciste e filomafiose istituzioni locali e delle rispettive liste e candidati appare dunque irreversibile.
Con i dati riferiti alla sola diserzione dalle urne la provincia nella quale si è votato di più è quella di Catanzaro, seguono Crotone, Cosenza, Reggio Calabria e Vibo Valentia, ma è proprio nel comune di Catanzaro quella in cui la diserzione dalle urne aumenta di più, con un balzo in avanti di oltre 6 punti rispetto alle precedenti comunali, dal 29,6% al 35,6%.

Palmi
Significativo anche il fatto che in tutti i comuni con oltre 15mila abitanti nessun candidato riesce a vincere al primo turno e sarà necessario il ballottaggio (non previsto nei comuni con meno di 15mila abitanti in cui si vota in un solo turno) con la sola eccezione di Palmi (Reggio Calabria) dove la diserzione dalle urne è al 36% (stabile rispetto al primo turno di 5 anni fa) e viene riconfermato il sindaco uscente di "centro-sinistra" Giuseppe Ranuccio con il 40% del corpo elettorale, il 64% dei votanti. Male il "centro-destra" doppiato da Ranucci e tonfo di Lega e Fdi in particolare ferme rispettivamente sotto il 3% e sotto il 2% dell'intero corpo elettorale, regge Fi intorno all'8%, non presenti sulla scheda i simboli del Pd e del M5S.
In generale i voti dati al solo candidato a sindaco sono di più di quelli dati alle liste collegate, i consigli comunali già eletti e quelli da eleggere dopo il ballottaggio sono e saranno quindi ancora meno legittimati dei sindaci, anche perché per effetto dell'antidemocratico "premio di maggioranza" in caso di ballottaggio verranno eletti, come sempre, consiglieri che hanno preso meno voti di chi è rimasto fuori, in quanto collegati al sindaco vincente.
Con l'eccezione di Palmi negli altri tre comuni con oltre 15mila abitanti (sui 74 complessivi nei quali si è votato) si terranno i ballottaggi il prossimo 26 giugno.

Catanzaro
Nel capoluogo regionale, sede della giunta regionale del massomafioso governatore di Fi Roberto Occhiuto (il consiglio regionale ha sede invece a Reggio Calabria) la diserzione dalle urne sale dal 28,6% del primo turno delle comunali del 2017 al 34,9% con un balzo di oltre 7 punti percentuali, ben oltre la media regionale che delegittima pesantemente liste e candidati.
Hanno votato per il sindaco 47.192 aventi diritto, dunque si sono astenuti il 35,6% degli aventi diritto, mentre per il consiglio hanno votato 45.902 elettori, che portano la percentuale di astenuti sulle liste al 37,3%.
Primo classificato il trasformista Valerio Donato ex Pd candidato con tutto il "centro-destra" (che ha governato Catanzaro 18 degli ultimi 25 anni con il sindaco Sergio Abramo), ben 10 liste ad eccezione di FdI.
Donato raccatta appena il 28,4% del corpo elettorale, il 44% dei votanti, ben 6 punti in meno delle liste in suo sostegno, che messe insieme sono al 33,7% del corpo elettorale, il 53,8% dei votanti, segno che non solo non è stato gradito da gran parte di chi pure ha votato le sue liste, ma che sullo sfondo delle elezioni vanno tenute presenti una serie infinite di trame e trasversalismi mafiosi di ogni ordine e grado che potrebbero persino portarlo alla sconfitta.
Se Donato piange, il candidato Pd-M5S Nicola Fiorita non ride, si ferma al 31,7% dei votanti, appena il 20,4% degli aventi diritto al voto, nonostante la divisione della destra in tre tronconi (Donato, la Ferro con FdI e i centristi con Talerico), un ventennio di malapolitica di destra e un candidato impresentabile come Donato, arrrivano sì al ballottaggio ma con uno svantaggio di ben 8 punti.
Ma c'è di più, Fiorita prende oltre tremila voti più delle sue liste che raccattano quindi il 16,1% del corpo elettorale, il 25,2% dei votanti e più di 3 punti in meno del loro candidato sindaco.
Il Pd è il 3,6% del corpo elettorale, il 5,8 dei votanti, il M5S appena l'1,6% degli elettori, il 2,7% dei votanti, una bocciatura senza appello determinata dall'astensionismo come ammette parlando anche di Catanzaro lo stesso Conte.
Terzo Antonello Talerico (Noi con l'Italia, Catanzaro al centro, Azione Popolare, Catanzaro popolare, espressione di pezzi del "centro-destra") con il 13,1% dei votanti, l'8,4% dell'intero corpo elettorale che prende meno voti delle liste che lo sostengono che arrivano al 9% del corpo elettorale, il 14% dei votanti.
Malissimo la deputata Wanda Ferro di FdI, ex presidente della provincia di Catanzaro ed ex assessore comunale con Abramo, che si ferma al 5,8% del corpo elettorale, il 9,1% degli elettori, ben al di sotto della metà dei voti attribuiti al suo immondo partito fascista e mafioso (in Calabria chiamato "Fratelli di 'ndrangheta") dai sondaggi a livello nazionale e peggio ancora va alla lista di FdI che raccatta circa la metà dei voti andati alla Ferro, il 3% del corpo elettorale, il 4,9% dei votanti.
Una batosta terribile per la Meloni che in Calabria, come nel resto del Paese, è in lotta con gli alleati per l'egemonia del "centro-destra" alle politiche nell'ambito della marcia (su Roma) verso Palazzo Chigi e che fa il paio con la batosta subìta alle regionali di pochi mesi fa, dove non è riuscita a prevalere né su Fi e neanche sulla Lega.
Ultimi i civici Francesco di Lieto con l'1,6% dei votanti, meno dell'1% del corpo elettorale e Antonio Campo fermo allo 0,34% dei votanti, praticamente con 159 voti lo zero assoluto del corpo elettorale.

Acri
Ad Acri (Cosenza) aumenta di tre punti la diserzione dalle urne che passa dal 40% del primo turno delle comunli del 2017 al 42,7%, si sono recati alle urne solo 11.713 votanti su 20.420 aventi diritto.
I candidati a sindaco hanno preso circa 300 voti in più dei voti dati alle liste, quindi gli astenuti rispetto al voto per il sindaco sono il 43,5%, per il consiglio il dato è il 44,9%.
Il sindaco uscente di "centro-sinistra" Pino Capalbo, sostenuto da Pd, Psi, Azione di Calenda, Articolo Uno e due liste civiche non riesce a essere riconfermato e si ferma al 49,6% dei votanti, appena il 28% del corpo elettorale, perdendo ben 344 voti rispetto al primo turno del 2017, prendendo 456 voti più del secondo turno delle comunali di cinque anni fa, viene dunque bocciato da oltre il 70% del corpo elettorale e prende quasi 100 voti in meno delle sue liste.
Male il Pd fermo al 7,6% del corpo elettorale, il 13,8% dei votanti, fra l'1% e il 3% effettivo del corpo elettorale dei voti Psi, Azione e Articolo uno.
Batosta per il "centro-destra" camuffato da raggruppamento “civico” che con il candidato Natale Zanfini è 10 punti sotto Capalbo e le sue liste viaggiano tra il 2% e il 6% del corpo elettorale, che fra l'altro messe insieme raccolgono 80 voti in meno di Zanfini.
Ultimo Angelo Giovanni Cofone candidato da Sinistra italiana e M5S che si ferma al 10,6% dei votanti, il 5,9% degli elettori, Si è al 5,5 % dei votanti, il 3% del corpo elettorale mentre il M5S è al 3,2% dei votanti, appena l'1,7% degli aventi diritto.

Paola
A Paola (Cosenza) aumenta la diserzione dalle urne dal 30,1% del primo turno delle comunali del 2017 al 36,4%, si sono recati alle urne 9.243 elettori su 14.553 aventi diritto (la popolazione complessiva di 15.300 abitanti, in costante diminuizione, se il trend continuasse, porterebbe le comunali anche a Paola a non avere più il ballottaggio fra 5 anni)
Hanno votato per il sindaco 9.035 votanti dunque il dato dell'astensione complessivo sui candidati a sindaco è del 37,2%, mentre per il consiglio comunale i votanti sono stati 8.627, che portano il dato complessivo dell'astensione sul consiglio e sulle liste al 40.7%.
Un risultato straordinario raggiunto a fronte di ben 5 candidati a sindaco (di cui due di "sinistra") sostenuti da 17 liste e ben 268 candidati al consiglio comunale (uno ogni 58 aventi diritto al voto), promesse di ogni ordine e grado, minacce, voti comprati, risse, contestazioni nei seggi, comizi sessisti e omofobi in particolare da parte del candidato Alampi di DeMa (creatura dell'opportunista riformista e parlamentarista Luigi De Magistris) e M5S e suoi sostenitori verso Signorelli di Rbc e RP (l'altro candidato di "sinistra") con toni del tipo da parte di Alampi: "io sono colto e ho le palle se non ci credete chiedete a mia moglie, a 70 anni ancora me la cavo", altri candidati di Alampi contro Signorelli (ci sono i video) "ma che cazzo devi fare il sindaco tu? sto frocetto", trasversalismo a non finire sull'altare dell'arrivo dei fondi del PNRR, vero tema al quale sono interessate le massomafie e così via.
Bocciato il sindaco uscente, il bandito del Psi Roberto Perrotta, che non arriva neanche al ballottaggio, dopo essere stato eletto tre volte sindaco (sempre da una minoranza dell'elettorato, si va dal 57% di contrari a quasi l'85% di oggi) nel 2003, 2007, 2017, anche se l'ultima sua sindacatura è probabilmente illegittima avendo provocato in precedenza il dissesto comunale e non disponendo dal primo giorno della maggioranza consiliare, ridotta poi addirittura a 5 consiglieri su 17.
Ma andiamo con ordine, dopo l'astensione arriva prima al ballottaggio Emira Ciodaro del "centro-destra", medico, ex presidente del consiglio comunale, trombata con l'Udc alle ultime regionali, sostenuta da ben 5 liste (tra cui Forza Paola che sarebbe Fi) contenenti il fior fiore della malapolitica e della malavita locale, dagli ex perrottiani tornati alla "casa madre" come l'ex sindaco Tonino Pizzini e Josè Grupillo, il massone Pino Falbo, alle scorse elezioni candidato a sindaco con un pezzo di "centro-sinistra" in alternativa a Perrotta, chiacchierate famiglie in odor di 'ndrangheta come i Serpa e i Buono, una parte dei fascisti di FdI il cui simbolo non è presente sulla scheda proprio per questa divisione, il massone Franco Fedele e tutta una serie di assistiti e di finti invalidi resi tali per fini clientelari dal defunto convivente della Ciodaro l'ex consigliere regionale e vecchio arnese ex Dc Sergio Stancato.
La Ciodaro raccatta appena 2.489 voti (ben 416 voti meno delle sue liste), pari al 27,5% dei votanti ovvero il 17,2% del corpo elettorale. Non solo, è lontana 466 voti dai 2.955 presi dal sindaco uscente (e non rieletto) di Fi Basilio Ferrari nel 2017 che pure aveva una coalizione molto più piccola visto il passaggio di fascisti, falsi comunisti e rottami vari con Perrotta.
Non è quindi solo la divisione interna a FdI a ridimensionarla, ma è l'astensione che erode il consenso di tutte le coalizioni, i partiti le liste e i candidati, che somigliano sempre più a tanti piccoli colonnelli senza esercito alleati o in competizione tra loro per servire al meglio la borghesia e la 'ndrangheta.
Dietro la Ciodaro la cupola cosentina delle famiglie mafiose dei fratelli Pino e Antonio Gentile, che oggi esprimono Katya, figlia di Pino, alla regione e Andrea, figlio di Tonino "il cinghiale", deputato eletto al posto di Occhiuto dopo la "vittoria" alle regionali, il "generale" Graziano di Corigliano-Rossano, oggi consigliere regionale e naturalmente il solito Nicola Adamo del Pd, tutti interessati a rimettere le mani sul comune e i fondi in arrivo, dopo la fallimentare esperienza dell'ormai impresentabile Perrotta, vista anche la rottura tra Adamo e il segretario regionale del Psi Gigino Incarnato (la cui figlia è assessore comunale a Cosenza nella giunta del massone del Psi Franz Caruso), rinviato a giudizio (si vedano gli appositi articoli de "Il Bolscevico").Tutte queste divisioni e finte divergenze hanno portato alla scomparsa di quasi tutti i simboli di partito a cominciare dal Pd dalle schede.
Le liste della Ciodaro vanno meglio di lei, con il 33,6% dei voti espressi ma appena il 19,9% del corpo elettorale, regge Fi, camuffata in Forza Paola con il 7%, il 12% dei votanti, ma non sono possibili raffronti attendibili con la Lega e Fdi, le sue liste civiche sono alla loro prima competizione. In ogni caso siamo lontani mille miglia dai "fasti" del PdL e di Fi e la vecchia An messi insieme.
A sorpresa secondo classificato Giovanni Politano, consulente comunale uscente del Psi, parente di Perrotta con il quale ha rotto, come quasi tutta la coalizione che lo sosteneva, appoggiato da quattro liste che nascondono il Pd di Graziano Di Natale (ex consigliere regionale trombato alle ultime regionali e per questo passato all'opposizione di Perrotta pochi mesi fa, lui che della coalizione era "l'azionista di maggioranza") genero di Mario Pirillo, ha respinto una candidatura unitaria del "centro-sinistra" per favorire la Ciodaro, ubbidendo agli ordini di Adamo e compari mafiosi, con la promessa di rielezione alla Regione, in quanto primo dei non eletti in Consiglio regionale infatti l'elezione al parlamento da parte di chi è arrivato prima di lui alla Regione, lo farebbe rientrare in Consiglio.
Per fare questo ha accettato un'alleanza con una parte dei fascisti di FdI, legata all'assessore regionale al Turismo Fausto Orsomarso di Cosenza, rivale di Wanda Ferro, molto vicino alla massoneria e a personaggi come il mafioso, trasversale e massone capitalista Giorgio Sganga, diventato ricco e potente facendosi chiamare "compagno” (che ha esultato pubblicamente per la conquista del ballottaggio da parte di Politano), il figlio Pierpaolo Sganga, rinviato a giudizio per il crack del Siena Calcio, ex tesoriere dell'Udeur di Mastella e legato anche alla famiglia borghese dei Mezzaroma e l'avvocato massone di Paola Damiano Calabretta, la cui moglie, biologa, Ida Petrone, senza concorso è stata assunta nella clinica privata Tricarico di Belvedere Marittimo, controllata tramite vari prestanomi dalla temibile 'ndrina di Franco Muto di Cetraro e all'interno della quale clinica svolge i suoi servizi anche lei come commercialista e revisore dei conti (come il padre e il fratello) la figlia di Giorgio, Alessandra Sganga, che nel frattempo cerca malamente di costruirsi una carriera politica a "sinistra" per cercare la candidatura al parlamento (sogno mai realizzato dal padre, trombato sia al Senato nel 1987 con il PCI che a sindaco nel 1997) per avere l'impunità.
In ballo per tutti costoro i soldi che Orsomarso avrebbe stanziato per il porto di Paola, circa 20 milioni di euro ai quali però andrebbero aggiunti altri 31 da parte di un privato.
Nella coalizione è presente in “'Grande Sud” anche la famiglia Sbano, Lucio Sbano, medico trasformista e corrotto, la moglie Maria Pia Serranò (la più votata in assoluto al consiglio) che eletta a destra in consiglio nel 2017 ha garantito a Perrotta la maggioranza fin dal primo giorno, arrivando a farsi eleggere presidente del consiglio comunale con soli 6 voti su 17, con l'opposizione legale dello stesso Di Natale, passato nel frattempo all'opposizione, che l'ha denunciata, salvo poi allearsi con lei contro Perrotta.
Insomma un'alleanza Psi-Pd-Fdi-ndrangheta, massoneria e colletti bianchi, talmente impresentabile che né Pd né Fdi hanno voluto e potuto (per tutta una serie di divisioni e di decenza) presentare i propri simboli.
Politano raccoglie il 25,7% dei votanti, in realtà il 16,6% degli elettori e raccoglie 90 voti più delle sue liste, cha vanno malissimo, ferme al 14,2% del corpo elettorale, il 25,8% dei votanti, a cominciare dal Pd mascherato in "La migliore Calabria" fermo al 3% del corpo elettorale che perde due terzi degli elettori rispetto al 2017 e arriva secondo in coalizione dopo Orizzonte Paola e subito prima di Grande Paola e Insieme che raccolgono complessivamente 2233 voti.
Politano arriva al ballottaggio con 2.323 voti appena 50 voti più del parente ed ex alleato, il sindaco uscente Roberto Perrotta.
Perrotta è fuori dal ballottaggio, è terzo con 2.273 voti pari al 25,1% dei votanti ma solo il 15,7% del corpo elettorale (dato che lo vede bocciato dall'84,3% del corpo elettorale!).
Per uno che fino a oggi ha considerato il comune casa sua arrivare progressivamente dall'avere contro il 57% circa dei voti alle comunali del 2003 fino all'85% di oggi è una bocciatura totale e senza appello, che fa giustizia delle porcherie combinate sulle spalle del martoriato popolo paolano ed è poi la naturale fine di chi come lui pretende di campare di politica borghese sulle spalle del popolo, tradendo tutto e tutti con tanto di vendette e dispetti (nella migliore tradizione socialista) dopo avere distrutto una Città da un punto di vista contabile, architettonico, infrastrutturale e amministrativo con il solo obiettivo di servire se stesso, la borghesia e la 'ndrangheta.
Speriamo vivamente che la sua infausta carriera politica sia finita qui, anche se certo cercherà di trovare una sistemazione e convergere o sul cugino Politano o sulla stessa Ciodaro in cambio di incarichi e incaricucci, altrimenti avrebbe persino difficoltà a mangiare.
Malissimo le sue raffazzonate 4 liste "civiche" e trasversali ferme al 22,9% dei votanti, appena il 12,6% del corpo elettorale.
Andrea Signorelli, candidato della Rete dei beni Comuni e di Rigeneriamo Paola non riesce a recuperare l'astensionismo di sinistra anche se certo una parte di potenziale elettorato astensionista (e lo si vedrà al ballottaggio) è riuscito a riportarlo alle urne, porta a casa il 14,5% dei voti espressi, appena il 9% del corpo elettorale, prendendo 354 voti in più delle sue liste, ferme al 6,1% del corpo elettorale, davvero poco, anche se la RbC con il 4,4% del corpo elettorale, l'8% dei votanti è la prima lista di "sinistra" e sorpassa il Pd o quello che ne rimane. Signorelli viene eletto consigliere comunale.
Ultimo il narcisista e megalomane Paolo Alampi, ex assessore comunale con Perrotta, fuori dal consiglio comunale che raccatta appena il 7% dei voti espressi, in realtà il 4,3% del corpo elettorale, risultato disastroso se si pensa che è stato sostenuto da DeMa del fallimentare sindaco "arancione" di Napoli (ed ex candidato, trombato, alla presidenza della regione Calabria) alleato con il M5S, secondo partito a Paola, in Calabria e in tutta Italia alle politiche del 2018.
Messe insieme le due formazioni si fermano al 3,5% del corpo elettorale, il M5S addirittura all'1,4% del corpo elettorale.
La debacle è dovuta anche alla presenza di due noti provocatori di "sinistra" e filomafiosi, Marta Perrotta e il fidanzato Edoardo Stefano, avvocati, manovrati dall'avvocato sodale di Perrotta Massimo Florita, dopo aver chiamato in piazza mafioso Perrotta nel 2017 quando sostenevano insieme alla RbC il candidato Enzo Limardi, hanno poi votato Perrotta al ballottaggio e si apprestavano a fare la stessa cosa dopo avere usato il narcisismo di Alampi, Perrotta però non è arrivato al ballottaggio e Stefano nel seggio sito nella scuola media Bruno ha cominciato ad aggredire persino alcuni poliziotti pretendendo il riconteggio di alcune schede secondo lui sottratte ingiustamente al suo padrone Perrotta.
Altro squallido personaggio che passa per "rivoluzionario" e ha sostenuto Alampi (per poi votare Perrotta se fosse arrivato al ballottaggio) è il giovane Giampaolo Provenzano, che mischia Guevara, il trotzkismo, l'elettoralismo borghese, l'appoggio ai mafiosi con la stessa disinvoltura con cui fa attaccare i suoi "competitor" elettorali come Signorelli con linguaggi machisti, omotransfobici e filomafiosi: è un fascista mascherato che per fortuna non gode di alcun consenso, invitiamo i giovani e le masse di sinistra di Paola a smascherarlo e fargli il vuoto intorno.
Insomma trionfa l'astensione, la mafia la fa da padrona, non si capisce più davvero dove inizi la "sinistra" borghese e finisca la destra (e viceversa) ed è ora di creare le istituzioni rappresentative della masse fautrici del socialismo basate sulla democrazia diretta, la parità di genere e a carattere permanente: le Assemblee popolari e i Comiatai Popolari.
Votanto ai prossimi ballottaggi del 26 giugno il PMLI e il socialismo astenendosi!

15 giugno 2022