A Rimini
Lavoratori migranti “pagati” 1,09 euro all'ora
La vera faccia del capitalismo che “piange” per le bollette e che dice “siamo tutti sulla stessa barca”

Dal corrispondente dell'Emilia-Romagna
Da un'indagine della Flai-Cgil, certamente limitata dal punto di vista numerico, ma comunque rappresentativa di una realtà né limitata e nemmeno sconosciuta ma sulla quale ciclicamente viene steso un velo di omertà, è emerso che vi sono lavoratori migranti che a Rimini, sulla riviera romagnola, “la fabbrica delle vacanze”, vengono “pagati” (se si può dire) appena 1,09 euro all'ora per lavorare in certi negozi, ristoranti, alberghi e spiagge, lavoratori quindi addetti a soddisfare le esigenze vacanziere e di svago ma sottoposti ad un durissimo sfruttamento economico.
A rispondere al questionario del sindacato sono stati 123 lavoratori, perlopiù uomini, la maggior parte dei quali originari dell'Africa centrale, del Pakistan e del Bangladesh.
Di fronte alla denuncia di questa situazione vergognosa, la Confcommercio provinciale ha risposto in maniera altrettanto vergognosa: chiamato in causa, il presidente dell'associazione padronale Gianni Indino ha affermato: “Mai sentite cifre del genere, purtroppo sento parlare di 2 o 3 euro, ma 1,09 euro non è una somma credibile, se non nel caporalato”. Quindi per lui sarebbe lecita, o comunque accettabile una “paga” di 2 o 3 euro l'ora, e il problema starebbe solo nel non “esagerare” parlando di “paghe” da 1 euro l'ora!
E senza vergogna sono i padroni delle attività economiche della Riviera che “denunciano” come sia difficile trovare lavoratori per il settore, come se il problema fosse che i lavoratori non hanno voglia di lavorare piuttosto che, non solo non siano disposti ad essere supersfruttati per ingrassare i padroni, ma addirittura che non vi sia nemmeno convenienza economica a lavorare a tali cifre, ma neppure talvolta superiori, considerando il costo degli spostamenti, e a volte il vitto e l'alloggio a cui occorre fare fronte durante il lavoro stagionale. In parole povere i lavoratori non riescono a fare pari se dal salario sottraggono le spese, o poco ci manca.
Mentre la presidente della Federalberghi Patrizia Rinaldis ha criticato chi osa rompere l'omertà e scoperchiare di tanto in tanto questa situazione che oramai è più una regola che un’eccezione: “Denunce simili fomentano l’astio mettendoci l’uno contro l’altro”. Insomma il solito disco rotto del “siamo tutti sulla stessa barca”, mentre è sempre più evidente che la borghesia è disposta a tutto non solo per non affondare, ma soprattutto per ingrassare sempre di più, fino a far affondare per questo la barca del proletariato.
È evidente, addirittura lampante, come di fronte a situazioni come queste, nel momento del voto alle elezioni politiche del 25 settembre, al proletariato e alle masse lavoratrici e popolari, che non sono affatto estranee a questo tipo di sfruttamento, non si pone la scelta tra destra e “sinistra” della borghesia, bensì tra l'astensionismo anticapitalista per il socialismo e il voto ai partiti al servizio del regime capitalista neofascista.

7 settembre 2022