Venezuela
Maduro dà il via alle zone economiche speciali: una manna per i capitalisti e gli investitori stranieri
La destra approva, il PC del Venezuela denuncia la “creazione di aree sotto il controllo del grande capitale transnazionale”

 
Il presidente del Venezuela Nicolas Maduro ha firmato lo scorso 21 luglio la legge che istituisce le Zone economiche speciali che secondo Caracas sarebbero uno strumento per dare un "impulso nuovo e speciale al processo di recupero e crescita economica" ma soprattutto allo sviluppo futuro della nuova economia venezuelana". Le prime cinque zone istituite si estendono nella zona costiera del paese, compresa quella sull’isola La Tortuga presentata come "il progetto turistico più grande e importante dei Caraibi e del mondo", nonché un modello di "turismo pulito e felice", e sono gestite da una apposita Sovrintendenza. Agli investitori stranieri sono previsti incentivi fiscali e facilitazioni doganali per attività in molti settori economici, da quello agricolo a quelli energetico finanziario e tecnologico.
Con la stessa fraseologia ripresa dal fallimentare progetto del socialismo del XXI secolo, Maduro ha definito il progetto come rispettoso "dei principi dello sviluppo umano e della giustizia sociale" ma se le basi della nuova economia venezuelana sono costituite dalle zone speciali potrà anche essere che aiuteranno il paese a superare la dipendenza dal petrolio, si può dire però che assomigliano più a un paradiso per gli investitori stranieri cui vengono spalancate le porte del paese; sono aree economiche nelle quali l'estrazione e lo sfruttamento delle risorse nazionali risponderà alle logiche del profitto capitalista, sul modello di quelle istituite dalla cricca socialimperialista di Pechino che accelerarono la trasformazione capitalista della Cina di Mao.
La legge varata a fine luglio era in discussione al parlamento da un anno ed era stata fortemente criticata dall'opposizione di sinistra che la riteneva lesiva dei diritti dei lavoratori e pericolosa per gli ecosistemi del paese ma era passata al voto del 30 giugno quasi all'unanimità, compresa la destra presente all'Assemblea nazionale che esultava per il varo di un provvedimento ritenuto fondamentale per il Venezuela perché potenziava "l’investimento nazionale e straniero".
Unica astensione in parlamento è stata quella del deputato del Pcv (Partito Comunista del Venezuela) a cui il presidente dell'assemblea ha impedito di pronunciare la dichiarazione di voto dopo che il suo intervento era stato censurato dal canale televisivo del parlamento perché, come ha denunciato Tribuna del popolo , il giornale del Pcv, questa legge "rappresenta una nuova minaccia alla sovranità nazionale perché crea le condizioni per stabilire aree sotto il controllo del grande capitale transnazionale attraverso regimi speciali, sia in termini di eccezioni e imposte sui capitali che di per quanto riguarda l'instaurazione di flessibilità e deregolamentazione dei rapporti di lavoro a danno dei lavorator i”.
Una legge che rientra appieno nella linea politica del governo di Caracas favorevole ai piani di privatizzazione dell'industria petrolifera e in altri settori non solo per chiudere la pesante situazione economica aggravata dall'ingiusto boicottaggio dell'imperialismo americano e ma anche per ripartire con la definizione di nuovi accordi con la Casa Bianca. Accordi resi possibili dall'amministrazione Biden che dopo l'invasione del nuovo zar Putin all’Ucraina ha cambiato atteggiamento verso l'alleato venezuelano del Cremlino per attirarlo dalla sua parte e ha dato il via nel marzo scorso a colloqui diretti fra le parti che fra le altre hanno portato lo scorso 5 giugno al via libera degli Usa all'italiana Eni e alla spagnola Repsol alla ripresa delle importazioni del petrolio venezuelano per compensare la rinuncia a quello russo.

7 settembre 2022