Un altro tassello della controriforma scolastica Draghi-Bianchi
Istituito il “docente esperto”
Esautorate le prerogative contrattuali e sindacali, la libertà di insegnamento e il diritto alla formazione in servizio uguale per tutti gli insegnanti

A poco più di tre mesi dall'approvazione del decreto legge numero 36 che riforma il reclutamento degli insegnanti (vedi “Il Bolscevico” del 1 giugno 2022), il governo del banchiere massone Draghi e il suo ministro all'Istruzione Bianchi hanno aggiunto un altro tassello alla controriforma scolastica capitalista, neofascista, classista, aziendalista, meritocratica, federalista, gerarchica e anticostituzionale.
Il 9 agosto, insieme all’approvazione del “Decreto Legge Aiuti bis”, il Consiglio dei ministri ha dato il via libera anche al decreto n.115 che istituisce il cosiddetto “docente esperto” in tutte le scuole di ogni ordine grado.
In prima battuta il decreto stabilisce che a partire dal corrente anno scolastico 2022/2023 i “docenti di ruolo che abbiano conseguito una valutazione positiva nel superamento di tre percorsi formativi consecutivi e non sovrapponibili possono accedere alla qualifica di docente esperto” e ottenere così un assegno accessorio di 5 mila e 650 euro lordi in più all'anno.
La partecipazione ai percorsi formativi non è obbligatoria ma avviene su base volontaria. Ogni percorso formativo prevede 15 ore di “aggiornamento” all'anno per tre anni consecutivi nella scuola dell’infanzia e primaria e 30 ore all'anno per tre anni consecutivi nella scuola secondaria di primo e secondo grado; più un certo numero di ore aggiuntive non ancora specificato da dedicare ad “attività di progettazione, mentoring, tutoring e coaching a supporto degli studenti nel raggiungimento di obiettivi scolastici specifici e di sperimentazione di nuove metodologie didattiche”.
Lo stesso decreto stabilisce inoltre che in tutta Italia i “docenti esperti” non potranno comunque superare il tetto massimo di 8 mila unità per ognuno degli anni 2023/2024, 2024/2025 e 2025/2026. Ciò significa che alla fine del primo triennio di formazione 2023-2026 solo 1 “docente esperto” per ognuna delle 8 mila scuole di ogni ordine e grado presenti su tutto il territorio nazionale che avrà ottenuto una valutazione positiva al termine dei tre anni di corso otterrà l'aumento stipendiale.
Nella relazione tecnica allegata al decreto viene inoltre specificato che “al fine di evitare effetti di onerosità di carattere pensionistico e previdenziale ai fini pensionistici e previdenziali le disposizioni operano con effetto sulle anzianità contributive maturate a partire dalla data di decorrenza del beneficio economico”.
Inoltre il docente qualificato come “esperto” è obbligato a rimanere nella istituzione scolastica per almeno il triennio successivo al conseguimento della qualifica di “esperto”. Tale disposizione non si applica ai docenti in servizio all’estero.
Mentre le modalità di valutazione per l’accesso alla qualifica di docente “esperto” saranno precisate nelle prossime settimane con un apposito decreto del ministero dell’Istruzione di concerto con il MEF.
Alla contrattazione collettiva è invece demandata la definizione dei criteri in base ai quali si selezionano i docenti cui riconoscere la qualifica di “docente esperto”.
In sede di prima applicazione, nelle more dell’aggiornamento contrattuale, si applicano i seguenti criteri di valutazione e selezione: media del punteggio ottenuto nei tre cicli formativi consecutivi per i quali si è ricevuta una valutazione positiva; in caso di parità di punteggio diventa prevalente la permanenza come docente di ruolo nella istituzione scolastica presso la quale si è svolta la valutazione e, in subordine, l’esperienza professionale maturata nel corso dell’intera carriera, i titoli di studio posseduti e, ove necessario, i voti con cui sono stati conseguiti detti titoli.
Non si tratta quindi di un “semplice decreto” ma di una vera e propria controriforma che di fatto esautora l’ordinamento contrattuale, le prerogative sindacali e cancella con un sol colpo la libertà di insegnamento e il diritto alla formazione in servizio di tutti gli insegnanti che invece dovrebbe essere obbligatorio, retribuito e uguale per tutti.
Una controriforma funzionale in tutto e per tutto al padronato con alla testa la Fondazione Agnelli e le scuole di formazione private che attraverso la costituenda Scuola di alta formazione, finanziata fra l’altro col taglio di oltre 9.600 cattedre e i fondi destinati al rinnovo contrattuale ormai scaduto da quattro anni, avranno mano libera sulla formazione dei docenti e detteranno le metodologie didattiche, programmi, sistemi di valutazione e regole di verifica e controllo col chiaro intento di normalizzare e irregimentare tutto il corpo docente e uniformare l’universalità dei saperi all'ideologia borghese e clericale e finalizzare la formazione professionale dei ragazzi alle esigenze del mercato capitalista.
Una controriforma imposta per decreto e quindi anticostituzionale soprattutto perché cancella la libertà di insegnamento sancito dalla Costituzione e impone un indottrinamento precoce degli insegnanti costretti ad adottare metodologie didattico-aziendalistiche calate dall'alto che mortificano la loro professionalità, istituisce di fatto la gerarchizzazione di tutto il corpo decente e finirà per scatenare una odiosa competizione fra i cosiddetti insegnanti “bravi e meritevoli” che accettano di frequentare i corsi triennali di formazione e la stragrande maggioranza dei docenti “somari” costretti a mettere al centro dei loro impegni l'aspetto economico e non più l'insegnamento e la formazione degli studenti proprio come avviene nella peggiore tradizione del New Public Management in cui si realizza la sostituzione della motivazione allo studio con l’incentivazione economica.
L'istituzione del “docente esperto” va letta anche alla luce del decreto 36 varato alla chetichella in Consiglio dei ministri il 30 aprile e subito pubblicato in Gazzetta ufficiale il 1° maggio che prevede una serie di modifiche peggiorative anche per quanto riguarda le modalità di reclutamento del personale docente attraverso lo svuotamento dei concorsi pubblici e l’esaltazione dell’ipernozionismo con un sistema di corsi, corsucci e “certificazioni” di crediti di dubbia provenienza e utilità la cui certificazione è demandata ancora una volta alle fondazioni e scuole di formazione private.
Non è la prima volta che un esecutivo tenta di differenziare le retribuzioni degli insegnanti. Nel corso dei decenni passati ci hanno provato quasi tutti i ministri che si sono succeduti alla guida del dicastero di Viale Trastevere a cominciare da Berlinguer, Moratti, Gelmini fino alla “Buona Scuola” di Renzi. Ma alla fine, grazie alla mobilitazione di tutto il corpo docente, sono tutti naufragati.
Insieme all'imminente apertura del nuovo anno scolastico occorre dare inizio a una grande mobilitazione in tutte le scuole di ogni ordine e grado e incalzare tutti i sindacati confederali e di base affinché indicano al più presto uno sciopero generale con manifestazione nazionale a Roma per chiedere l'immediata abrogazione dei decreti Draghi-Bianchi perché alla scuola pubblica italiana non serve il “docente esperto” ma più fondi per il rinnovo del contratto nazionale e un amento di almeno 500 eruo al mese per recuperare la gran parte del potere d’acquisto degli stipendi falcidiati dalla crisi economica aggravata dalla pandemia, dalla guerra in Ucraina, dal carovita e dal rincaro vertiginoso delle bollette di gas elettricità e dei carburanti; più risorse per l'edilizia scolastica; per la riduzione del numero di alunni per classe e per l'assunzione di tutto il personale precario docenti e Ata che da anni insegna e lavora su posti vacanti.

7 settembre 2022